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IL NATALE DEI NONNI

Già un mese prima delle feste di Natale Riccione si riveste di luci.

Da tanti anni si prepara questa festa con scintillanti luminarie che attraversano i viali: a volte sono delicate cascate di lucciole, altre volte chiassosi festoni da luna-park, sempre col desiderio di cambiare e di cercare novità. Anche le vetrine dei negozi sono addobbate di colori e di oggetti luccicanti. È tutto bello, allegro e festoso.

 

Chiudiamo gli occhi un momento e ricordiamo o immaginiamo il Natale di ieri, di quando noi nonni (ormai diventati anche bis), eravamo bambini. Le tradizioni natalizie dell’albero addobbato di palline colorate e quella di Babbo Natale che portava giocattoli e doni favolosi non avevano ancora varcato l’oceano Atlantico e la sola tradizione era quella di allestire il presepe, quello semplice, quello che ricordava il primo presepe voluto da frate Francesco nel lontano 1223. Proprio quest’anno ricorre l’ottavo centenario di quel primo presepe che fu allestito nella campagna del paese di Greccio e ancora oggi si continua la tradizione che ricorda quell’evento straordinario che ha diviso in due parti la Storia.

 

 

Il Presepe dei nonni

Il Natale che rivedo io con gli occhi del ricordo mi viene evocato da una canzone, tratta dal musical Forza venite gente, uno spettacolo itinerante, apparso nel 1981 che fece il giro dell’Italia. Rappresentava la vita di San Francesco d’Assisi ed era interpretato dall’attore Silvio Spaccesi nel ruolo di Pietro Bernardone e da Michele Paulicelli, (che era anche l’autore delle musiche), nei panni di frate Francesco. Ancora oggi, dopo più di quarant’anni, questo spettacolo gira a diffondere un messaggio di pace.

La canzone, intitolata Il presepe di Greccio, dice così: “Ecco la stalla di Greccio/con l’asino e il bove/e i pastori di coccio/che accorrono già/ Monti di sughero/prati di muschio/col gesso per neve/lo specchio per fosso/la stella che va…

Ecco la greppia/Carta da zucchero/Giuseppe e Maria/fiocchi di lana/lassù c’è già l’angelo/la luna e le stelle/di cartapesta, stagnole d’argento/che insegna la via/la vecchia che fila/che annuncia la festa/l’agnello che bruca/che il mondo lo sappia/la gente che dica/e che canti così: È Natale! È Natale! È Natale! Anche qui… È Natale! Anche qui…                                                                            

Ecco il presepe giocondo/che va per il mondo/per sempre portando/la buona novella/seguendo la stella/che splende nel cielo/e che canta così: È Natale! È Natale! È Natale! Anche qui…”.

Ecco: era proprio questo il nostro presepe, quello con la neve, come in quella notte nella campagna di Greccio. Pochi di noi conoscevano il paesaggio della Palestina del tempo e noi immaginavamo così la Notte Santa, in un inverno simile al nostro. I preparativi si facevano per tempo: i ragazzi andavano in campagna a raccogliere il muschio che bisognava mantenere bagnato; le ragazze toglievano le statuine dalle scatole e incollavano qualche parte staccata; il babbo costruiva la capanna prendendo stecche dal pezzo di legna da ardere e la ricopriva con la corteccia; la mamma offriva il suo specchio per rappresentare il laghetto. I monti erano fatti con la carta da pacchi, il cielo con la carta da zucchero, alla quale venivano attaccate le stelle e la cometa, ritagliate nei fogli di carta lucida gialla. Sul paesaggio si spargeva tanta farina a rappresentare la neve, oppure del borotalco perché tutto fosse anche profumato. Il presepe non era illuminato e non c’era una splendida cornice di festa, ma aleggiava un’atmosfera di poesia e di misticismo che la rendeva magica.

Buon Presepe a tutti.

Mirella Vandi Mazzotti