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Il mio apostolato ora è questo la scelta dell’impegno civile di Alberto Marvelli

Coerenza, servizio, gli ultimi tra le priorità. Sono tre degli otto punti della “Carta Marvelli” (per politici e amministratori), firmata martedì 7 ottobre dal sindaco di Rimini Andrea Gnassi e dal Vescovo mons. Francesco Lambiasi al termine dell’incontro dedicato in consiglio comunale all’esperienza politica del beato riminese. Un impegno per tutti gli amministratori, sottoscritto dopo aver ascoltato testimonianze sullo stile politico, ancora attualissimo, dell’ingegner Alberto Marvelli, che fu assessore nella Rimini distrutta dalle bombe della Seconda guerra mondiale. Per l’economista Stefano Zamagni il punto centrale del suo operato è stato vivere il dono come gratuità. “Non solo nella sfera privata – ha detto Zamagni – ma in quella pubblica. Un dono, oggi, che invece è stato relegato solo al privato. Bisogna che pubblico e privato procedano di pari passo. Togliere il dono della gratuità significa produrre infelicità. Il secondo elemento vivo nel Marvelli era la laicità. Lui aveva inteso perfettamente la differenza tra laicità e laicismo. La prima porta ad uno stato imparziale, la seconda ad uno stato indifferente, questa è la ragione di tanti mali di oggi. Il terzo aspetto è come ha vissuto la politica Marvelli. Per Alberto la politica era il regno dei fini, che tendono al bene comune, nell’ultimo quarto di secolo, invece, la politica è diventata il regno dei mezzi. Ma così salta la democrazia”.

Per Fabio Zavatta, che al pari di Marvelli ha ricoperto l’incarico di assessore ai Lavori Pubblici ed è stato preside del liceo classico frequentato dal giovane Alberto, il beato riminese è stato sempre riferimento fondamentale. “In ogni ufficio in cui mi spostavo mi portavo sempre sottobraccio il quadro di Marvelli, per me è stato sempre un riferimento essenziale. Il Marvelli politico è l’uomo che anche in quel ruolo ha continuato ad essere e a fare quello che era prima: stava in mezzo alla gente, ai poveri, per cercare di lenire le loro sofferenze. Ciò non era facile, tant’è che credo anche che ad un certo punto sia andato in crisi (Marvelli si dimise all’inizio del ‘46 dal suo incarico di assessore ndr.) perché c’erano questioni insormontabili e che erano contrarie alla sua morale”.

Simona Mulazzani