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Il giorno di Gaudenzo

Siamo alla ricorrenza dell’anno. Il giorno di Gaudenzo, il santo patrono di Rimini, ma in quanti ne conoscono la storia? La storia di Gaudenzo si colloca nei primi decenni del 300 d.C. Il contesto storico è quello del passaggio dal paganesimo al cristianesimo: nel 313 l’imperatore romano Costantino emana il famoso editto di Milano che pone ufficialmente termine a tutte le persecuzioni religiose e riconosce alle comunità cristiane piena libertà di culto e parità di diritti nei confronti di tutte le altre comunità dell’impero. Il proselitismo fra i pagani esce alla luce del sole, i cristiani abbandonano le catacombe e aprono luoghi di culto e cimiteri propri. Anche le attività caritative, sociali e assistenziali ricevono vigore. Il cristianesimo si diffonde così tra le classi alte e l’esercito, prendendo il posto dei precedenti culti misterici, e diviene una potenza in costante crescita nell’impero.
Ma questo non segna certo l’inizio di un’epoca di pace. Quelli che seguono sono anni difficili e di complicate lotte politiche. Nel III e IV secolo si sviluppano soprattutto l’eresia ariana. È in questo contesto che si svolge la vicenda di Gaudenzo.
Nasce attorno all’anno 280 ad Efeso, nell’Asia Minore. Da subito si distingue per il fervore della sua predicazione, che lo rende famoso e degno persino della consacrazione episcopale. Nel 313, l’anno dell’editto di Costantino, Gaudenzo riceve finalmente l’ordinazione sacerdotale da papa Silvestro che lo tiene al suo servizio. Alla morte del Papa Silvestro, il prete Gaudenzo si ritira nella solitudine e nella preghiera, fino a quando Papa Giulio I lo manda a chiamare: ha bisogno di un uomo con una fede ferrea come la sua.
La chiesa di Rimini sta vivendo infatti una situazione molto delicata. Benché le informazioni storiche riguardanti i primordi cristiani della città siano alquanto frammentarie, gli storici sono ormai concordi nel fissare la diffusione del cristianesimo a partire dal II-III secolo, periodo cui si fa risalire l’istituzione della Diocesi.

Gaudenzo
a Rimini

Essendo morto il Vescovo, fedele al Papa, la fazione degli ariani appoggiate dal console Marziano si va rinvigorendo. I rappresentanti della Chiesa riminese chiedono allora al Papa un nuovo Vescovo, capace di fronteggiare l’eresia che sta prendendo campo. Giulio I si rivolge a Gaudenzo: ordinato vescovo, lo nomina suo speciale Legato (Fiduciario) per la lotta agli eretici e lo invia a Rimini. Gaudenzo, obbediente, si incammina verso la sua nuova vita, insieme agli ambasciatori riminesi. Le tradizioni raccontano che lungo la strada il futuro vescovo di Rimini non si stanca di predicare, guarire e convertire alla fede cristiana. In un’occasione, per dissetare e rafforzare i suoi compagni di viaggio, cambia persino l’acqua del fiume Misa in vino.
Quando arriva a Rimini, Gaudenzo intraprende la sua opera di evangelizzazione con grande vigore. All’attività di predicazione affianca la costruzione di ben cinque chiese, sia urbane che esterne alla cinta muraria. Abbatte la statua di Marte collocata proprio nel centro cittadino, e altri tempi pagani. Ad accrescere il numero delle conversioni e il prestigio del vescovo contribuiscono poi una successione di mirabilia, cui assistono impotenti il console Marziano e il prefetto Tauro. La fama di santità del vescovo Gaudenzo cresce continuamente e giunge fino a Roma, tanto che la famiglia che lo aveva ospitato al suo primo arrivo nella città, gli manda la giovane nipote perché la liberi da una possessione diabolica.

Gaudenzo
e gli ariani

Gaudenzo dedica un impegno particolare alla lotta contro le eresie, in particolare l’arianesimo. In quegli anni sul trono dell’impero romano è salito Costanzo II, terzo figlio di Costantino il Grande. Anche Costanzo II promuove il cristianesimo e l’unità della Chiesa, tuttavia si avvicina alla corrente ariana, forse considerandola più adatta alla sua politica di controllo sulle gerarchie ecclesiastiche. Nello sforzo di riunificare la Chiesa indirizzandola verso l’interpretazione ariana, Costanzo indice alcuni sinodi e concili, senza mai ottenere i frutti sperati. Nel 359, durante il pontificato di Papa Liberio, compie un ulteriore tentativo e, nel maggio di quell’anno, convoca il sinodo di Rimini: 400 vescovi si riuniscono nell’antica Ariminum, dove il partito ariano elabora un nuovo credo che sconfessa la fede nicena al quale tutti, per volere di Costanzo, devono conformarsi.
Tauro, il prefetto dell’imperatore, ha il compito di presiedere il sinodo e detenere i vescovi finché non abbiano sottoscritto il credo. Piuttosto che sconfessare la propria fede Gaudenzo, con altri diciassette vescovi, abbandona il concilio e si ritira in un piccolo borgo di pescatori a pochi chilometri da Rimini, che da questo evento – secondo una tradizione che trova concordi molti studiosi – prende il nome di Cattolica.
Indotti i vescovi restanti ad abiurare la fede nicena, il concilio viene sciolto. Gaudenzo non si arrende, rientra a Rimini e con coraggio attacca apertamente le posizioni ariane. Ormai l’attrito tra l’autorità ecclesiastica rappresentata dal vescovo, che difende la fede cattolica e scomunica le frange ariane, e l’autorità laica e istituzionale, decisamente favorevole all’eresia di Ario, è diventato insanabile. Gli eretici, sostenuti dal console e dal prefetto, mettono in atto tutti gli strumenti leciti e illeciti, dalle lusinghe alla corruzione, fino alla diffamazione, per allontanare i fedeli dalla vera fede e screditare la figura del vescovo. Gli ariani tirano dalla loro parte persino un prete, Marciano: Gaudenzo, dopo averlo richiamato, ammonito e minacciato, lo dichiara scomunicato.
Lo scontro culmina con l’episodio della profanazione dell’eucaristia. Gaudenzo sta celebrando messa quando un gruppo di oppositori guidati dal prefetto Tauro e dal console Marziano irrompe nella chiesa con intenzioni dissacratorie. Marziano rifiuta l’ostia consacrata, che viene avidamente consumata da Tauro. Il sacrilegio commesso da quest’ultimo è immediatamente “vendicato” dalla morte ignominiosa che lo colpisce: in una latrina sul mare le sue viscere, non più umane ma feline, si disperdono nelle acque.
La reazione di Marziano non si fa attendere molto. Gaudenzo viene arrestato poi, strappato dalle mani dei giudici, viene condotto fuori dalla cinta muraria, bastonato e lapidato, per essere poi gettato in un pozzo. Il santo Vescovo muore, perdonando i suoi carnefici, proprio come Cristo sulla croce al Golgota. è il 14 ottobre dell’anno 360. Per Gaudenzo è il Dies natalis.

Paolo Guiducci