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“Il genitore ideale non è chi evita lo scontro ma chi sa gestirlo”

Come comportarsi con bambini e adolescenti ribelli? Come gestire i capricci? Urlare e punire serve? E se la risposta è no, come imporre la “regola” senza perdere le staffe? Le domande e i dubbi alla ricerca di una soluzione veloce e pratica per mamme e papà in crisi, potrebbero proseguire all’infinito… Alzi la mano – chi scrive ne sa qualcosa, da mamma di un bambino di 7 anni – chi non si è mai interrogato sulle mosse giuste o sbagliate. Alzi la mano chi non si è mai sentito in colpa o inadeguato di fronte a tutte le istruzioni per l’uso di cui ci troviamo sommersi ogni giorno: siamo portati sempre più a informarci su cosa si deve e non si deve fare nella gestione dei conflitti coi figli, per poi scoprire amaramente che il modo in cui reagiamo è spesso sbagliato
Urlare non serve a nulla di Daniele Novara è uno di quei manuali pronti all’uso che ultimamente hanno attirato la mia attenzione. Sottotitolo: “Gestire i conflitti con i figli riuscendo a farsi ascoltare e a guidarli nella crescita”. “Ecco la bacchetta magica!” ho pensato, non senza sentir crollare la mia autostima ricordando quei momenti in cui, davanti ad un capriccio e ad uno scontro, ho urlato con Nicola. Devo però ancora rispondere ad una domanda: come gestire i conflitti in maniera costruttiva? Ne ho parlato con le tre psicologhe cliniche del Centro “L’Arco” di Rimini, Simona Battarra, Cristina Giungi ed Enrica Lucrezia Notario, ed il risultato è stato letteralmente “spiazzante”.

Esiste una ricetta utile per risolvere i momenti di incomprensione e scontro con i figli?“No, non esiste una ricetta valida per tutti. Partiamo da una premessa: per ogni genitore è difficilissimo fare questo mestiere e può capitare spesso di esternare la propria rabbia urlando. La cosa più importante è attraversare questo conflitto, cercare di capire perché in quel momento si è avuto una reazione emotiva così forte, quali sono le emozioni più profonde che lo hanno scatenato e parlarne con il figlio. La vita quotidiana è fatta anche di momenti di conflitto, specie con gli adolescenti. Mi spaventerei non dell’urlo in sé, ma se dopo l’urlo non c’è altro, se si pensa che è bene non tornare sull’argomento”.

D’accordo, ma non è sempre facile riflettere sul vero motivo che ha portato allo scontro…
“Quando si arriva ad urlare, quando il conflitto arriva ad una carica emotiva molto forte, c’è qualcosa di grosso che sta bollendo. Il contenzioso può avvenire anche su cose all’apparenza superflue, pratiche: la bambina vuole assolutamente mettersi un vestito e la mamma non è d’accordo? Il ragazzo tarda a prepararsi la mattina per andare a scuola? Lì per lì si può sbottare anche per motivi che c’entrano solo relativamente con quanto sta accadendo. C’è sempre una comunicazione sottostante fatta di emozioni e aspettative, che va compresa, anche a posteriori, in un momento di maggiore calma”.

Anche l’età del figlio incide sul modo giusto o sbagliato di comportarsi?
“Certo. Il bambino di 2-3 anni ha molto bisogno di confrontarsi con il limite, di oltrepassarlo per sperimentare il primo distacco. Al tempo stesso, però, ha bisogno anche del limite che per lui è qualcosa di rassicurante e protettivo. Diversissimo il discorso per un figlio adolescente: anche lui vuole superare il limite, ma deve anche essere messo nella condizione di provare”.

Ma se è vero che le regole sono basilari nel processo educativo, come imporle senza arrivare allo scontro?
“Essendo se stessi e rispettando il proprio modo di essere perché solo così si sarà un modello per i propri figli. Ognuno ha il suo modo di comunicare e in presenza di più figli si può anche avere una modalità diversa di confronto con ciascuno di loro perché ogni figlio è diverso e va rispettato nel suo modo di essere. Oggi a livello educativo esistono tantissimi riferimenti, tantissimi manuali e tantissime indicazioni sulle regole da imporre e su come farlo. C’è però un rischio controproducente: di sforzarsi di mettere addosso un vestito che non è il proprio”.

Cioè?
“Se sei per natura una persona impulsiva ma cerchi continuamente di seguire le regole e modalità del genitore ideale, il rischio è di insegnare al proprio bambino o ragazzo che nella vita bisogna sempre trattenersi, essere a tutti i costi ligi alla regola. Forse per un figlio può essere più utile sentire la rabbia di un genitore che però è capace anche di scusarsi e di parlargli con sincerità di quanto è successo. Un genitore che perde anche il controllo, ma poi sa creare un momento di vera comunicazione. Essere autentici con noi stessi e rispettare la nostra individualità vuol dire anche aiutare il proprio figlio a comprendere meglio il nostro carattere e a capire come relazionarsi con noi”.

A volte si può pensare che amare i figli sia sufficiente per dar loro una buona educazione: è una concezione sbagliata?
“Oggi fare il genitore è più difficile che in passato quando anche le relazioni e i ruoli tra i coniugi in famiglia erano più chiare e definite. Il ruolo genitoriale si inserisce oggi in una società più complessa e frenetica. Amare non è sufficiente perché ogni giorno si ha a che fare con tantissimi problemi. Ecco perché è importante ogni tanto fermarsi a riflettere con se stessi e con i figli, porsi delle domande. Inoltre, se amare un figlio vuol dire non vederlo mai piangere, ecco che questa concezione è molto pericolosa”.

Cosa dire invece a chi pensa che il conflitto in famiglia vada a tutti i costi evitato?
“È normale entrare in crisi ed è anche normale chiedere aiuto. Se insegniamo ai nostri figli che i conflitti non vanno evitati a tutti i costi ma gestiti e compresi, come dicevamo, questo è un buon modo anche per insegnare loro a litigare in maniera costruttiva nella loro vita, a non vedere sempre nell’altro la causa del conflitto”.

Alessandra Leardini