Il bonus sul tetto che scotta

    “Gli immigrati ci rubano il lavoro e le case popolari”. Viviamo assediati dai luoghi comuni. Affermazioni che diventano subito dogmi. Spesso anche in assenza di dati che ne dimostrano la verità. Eppure basterebbe controllare gli stessi dati per rendersi conto di quanto accuse del genere siano lontane dal quotidiano.
    Nelle ultime settimane il problema delle case popolari è tornato alla ribalta. L’assessore alle Politiche Abitative del Comune di Rimini Anna Maria Fiori ha presentato alcune proposte per modificare i criteri di assegnazione, che hanno scatenato più polemiche e portato più persone a riesumare vecchi luoghi comuni.
    Ma andiamo con ordine. Secondo i dati provinciali dell’Acer, l’Azienda Case Emilia Romagna, la presenza dei migranti nell’edilizia residenziale pubblica (Erp) è andata negli anni aumentando, ma sempre rimanendo marginale rispetto al totale. Per fare un esempio, nel 2005, su 66 nuove assegnazioni, 60 erano per italiani e solo 6 per stranieri. Nel 2006 sono diventate 9 contro 106, poi 23 contro 141 nel 2007 e 14 su 79 nel 2008. In quell’anno, la presenza di stranieri nell’edilizia pubblica era poco più del 5%.
    “Oggi – dichiara Cesare Mangianti, presidente di Acer Rimini – la presenza di immigrati che usufruiscono del servizio delle case popolari è del 7,1%, ed è una media di gran lunga inferiore a quella nazionale e regionale”. Se poi si considera la quota di migranti sulla popolazione totale provinciale, che si è attestata, nel 2009 all’8,6%, si scopre che numero di stranieri che incide sull’occupazione delle case popolari, è minore di quanto ci si aspetterebbe.

    Il bonus delle polemiche
    Il problema delle case popolari, quindi, non riguarda tanto la presenza o meno degli immigrati, ma piuttosto i criteri di assegnazione e di turn-over.
    Si inserisce in questo contesto la polemica nata in seguito alle dichiarazioni dell’assessore Fiori che ha proposto l’attribuzione di punti per la graduatoria in base alla residenza nel comune di Rimini, a partire da un minimo di 5 anni.
    Cesare Mangianti ha replicato in modo piuttosto duro.
    È stata una proposta che mi ha sorpreso – dichiara il presidente di Acer Rimini – perché non c’è stato dialogo tra il Comune e l’Acer e perché in questo periodo occorre andare verso l’integrazione e non verso una discriminazione. Sarebbe molto più utile valutare un criterio che tenga conto dell’anzianità di presenza in lista. Dato che ci sono persone che aspettano la casa da anni”.

    Scarsissimo turn over
    L’assegnazione della casa popolare, però, non è l’unico problema. “Da un lato – continua Mangianti – vanno migliorati i criteri di assegnazione, che attualmente si basano su reddito, composizione del nucleo familiare e difficoltà a carico della famiglia. Secondo me andrebbe inserito anche un sistema a fasce che consideri la posizione lavorativa. Ma c’è anche un altro problema, ed è quello della permanenza della persona o della famiglia all’interno della casa. Le case dell’Erp non dovrebbero essere per sempre. Serve un turn-over, in modo che la casa popolare sia una misura d’emergenza e non diventi l’abitazione definitiva”.
    Su circa 2.200 alloggi nella nostra provincia il turn-over come riporta Mangianti, è solo del 2%, “e sono stati più che altro decessi. Questo significa che nessuno lascia una casa Erp. Chi l’ha avuta se la tiene. Ma se la situazione di una famiglia migliora ci si aspetta che questa vada prima verso il canone calmierato e poi il libero mercato”.
    Un’aggiustatina andrebbe fatta anche sulle liste d’attesa per un alloggio Erp come spiega Edmond Kumaraku, portavoce dell’associazione albanese Agimi.
    Qualcosa nelle regole di assegnazione in effetti va cambiato – afferma – ci sono persone che rimangono in graduatoria anche per 15 anni, salgono in continuazione, magari arrivano al terzo posto e poi d’un tratto scivolano giù e non ottengono nulla. Il criterio di residenza può essere giusto. Noi ci rendiamo disponibili a collaborare per trovare un punto di confronto con l’amministrazione per portare anche la nostra esperienza per eventualmente migliorare le regole d’assegnazione”.
    In effetti la permanenza in lista può essere lunga.
    Le liste per accedere all’edilizia pubblica sono dinamiche – spiega Franco Carboni, direttore dell’Acer Rimini – e vengono aggiornate ogni sei mesi: se una persona si trova al terzo posto, ma, prima dell’assegnazione, entra in lista una famiglia in grande difficoltà col punteggio molto alto, chi si trova al terzo posto può anche essere scavalcato e rimanere in graduatoria a lungo”.

    “Nessuna discriminazione”
    Problemi cronici, quindi. Ma l’assessore Fiori non ha fatto tardare la propria replica. “Il criterio della residenza non vuole assolutamente essere discriminatorio – dichiara – vuole semplicemente prendere in considerazione la comunità locale. Basta confrontare il numero di punti ottenuti da questa norma – ancora in fase di discussione – e cioè 1000 dopo 5 anni di residenza e 6000 dopo 18 anni di residenza, rispetto ai punti ottenuti da situazioni di emergenza, come gli 11.000 per uno sfratto, o i 10.000 che si ottengono sulla base dell’onerosità del canone di locazione e se questo ha un’incidenza del 55% sul reddito”.
    C’è poi un altro aspetto che la Fiori tiene a precisare: “Queste norme le abbiamo proposte sulla base degli incontri fatti con le associazioni degli immigrati, i sindacati e i capigruppo di maggioranza che oggi invece contestano”.
    E sui criteri legati all’anzianità di permanenza in lista? “Questo, purtroppo, è un dato non facilmente documentabile – prosegue l’assessore alla Casa del Comune di Rimini – tanto più che proprio le fasce che presentano maggior disagio sono anche quelle meno ottemperanti con regolarità alla presentazione della documentazione, per cui non sempre la loro permanenza nella graduatoria è stabile, mentre la residenza è invece un dato stabile. Le liste hanno i loro problemi, ma funzionano. Se qualcuno rimane in lista e viene superato è perché ci sono situazioni di maggior difficoltà”.

    Rimini, stop a nuovi cantieri
    Le disfunzioni croniche della lista, poi, non fanno che aumentare in un periodo in cui la crisi e la perdita di lavoro mettono molte famiglie (di immigrati e non) in difficoltà. È un cane che si morde la coda: le persone in lista aumentano, mentre il numero delle case rimane sempre lo stesso (non sono ancora state consegnate le nuove abitazioni di Viserba e non saranno pronte almeno fino all’estate). A Verucchio, ad esempio, occorrerà attendere che il PSC (Piano Strutturale Comunale) diventi realtà (vale per 20 anni) per rivedere case popolari in costruione: ne sono previste il 20% del totale.
    Ci troviamo di fronte a situazioni di emergenza – conclude l’assessore Fiori – Anche il Comune, dopo un periodo in cui sono stati realizzati centinaia di nuovi alloggi (consegnati pochi giorni fa quelli alla Gaiofana, ndr.) per diverso tempo non costruirà più case popolari, non essendoci più la copertura finanziaria, anche se parziale, del Governo. Il Comune non sarà certo in grado di provvedere autonomamente e le assegnazioni avverranno di conseguenza tutte sulla base degli alloggi che verranno lasciati liberi. Se tutto va bene parliamo di 30, massimo 35 alloggi all’anno”.

    Stefano Rossini