Home Ricchezza & povertà Il 23,1 per cento della popolazione italiana è a rischio povertà

Il 23,1 per cento della popolazione italiana è a rischio povertà

Stando ad un’indagine Demopolis-Oxfam (organizzazione di cooperazione internazionale) di settembre 2024, per 7 italiani su 10 le disuguaglianze, negli ultimi cinque anni, sono aumentate. A cominciare dal reddito, per proseguire con l’accesso ai servizi sanitari e alle opportunità di lavoro. Percezione confermata dai fatti se è vero, sempre fonte Oxfam, che dall’inizio di questo decennio la ricchezza dei 5 miliardari più ricchi al mondo è raddoppiata, in termini reali, al netto cioè dell’inflazione, mentre quella del 60 per cento più povero non ha registrato alcuna crescita. Immaginate che se questi cinque miliardari spendessero 1 milione di dollari al giorno ci vorrebbero 476 anni per esaurire la loro ricchezza complessiva. Ma c’è anche una disuguaglianza italiana con conseguenze non meno discutibili. Secondo le ultime stime di Credit Suisse-UBS disponibili, risalenti al 2022, il 20 per cento più ricco degli italiani detiene oltre 2/3 della ricchezza nazionale, mentre il 60 per cento più povero deve accontentarsi di appena il 13,5 per cento della stessa torta. Per il Global Wealth Report di Boston Consulting Group, in Italia, nel 2023, ci sono 457.000 milionari, cioè persone che detengono un patrimonio di almeno un milione di dollari in ricchezza finanziaria, meno dell’uno per cento della popolazione. Questo per dare una idea di come va il mondo. Ma questa realtà produce conseguenze sulla carne viva di milioni di persone. Tanto che nell’ultimo report Istat sul reddito delle famiglie c’è scritto che 13 milioni e mezzo di persone, il 23,1 per cento della popolazione italiana, in aumento sull’anno precedente, sono a rischio povertà o esclusione sociale. Che ci sia stato un aumento è significativo, perché coincide con l’abolizione, da parte dell’attuale Governo, del Reddito e Pensione di cittadinanza (Rdc), interrotto a fine 2023, per essere sostituito con l’assegno di inclusione (Adi). Si stima che il passaggio dal Reddito di cittadinanza, già depotenziato nel corso del 2023, all’Assegno di inclusione abbia comportato un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850.000 famiglie (3,2 per cento delle famiglie residenti). La perdita media annua è di circa 2.600 euro e interessa quasi esclusivamente le famiglie che appartengono al gruppo do quelle più povere, con persone in stragrande maggioranza non occupabili. Bisognerà ammettere che avere reso i poveri ancora più poveri non è una bella politica. E soprattutto non è proprio inclusiva.

Che succede in provincia di Rimini?
A gennaio 2020 percepivano il reddito o la pensione di cittadinanza, di un importo medio mensile di 403 euro, 3.127 nuclei famigliari, per un totale di 6.304 persone. Sono 18 persone ogni mille residenti: in Emilia-Romagna stavano leggermente peggio Ferrara, Parma, Reggio Emilia e Modena. Con la sostituzione del Rdc con l’Adi c’è stato un netto taglio dei percettori. Tanto che a dicembre 2024 i nuclei familiari riminesi che lo hanno ricevuto sono scesi a 1.372 e le persone coinvolte a 2.328: 7 ogni mille residenti (6 in regione). Come si vede, con il passaggio dal vecchio al nuovo sistema, il numero dei percettori di un sostegno pubblico alla povertà, tanto dei nuclei come delle persone, si è più che dimezzato. Potrebbe essere un buon segnale (vuol dire che c’è meno povertà), ma abbiamo visto che non è così. Infatti l’ultimo Rapporto sulle povertà 2024 della Caritas di Rimini ci informa di un aumento, in un anno, di 10.000 richieste di aiuto (da 74.000 a 84.000) e di aver assistito 4.601 nuclei famigliari, per circa 9.000 persone, di cui oltre 2.000 minori. Richiesta di auto non causata da una difficoltà momentanea se è vero che in media ogni famiglia si è rivolta alla Caritas 18 volte l’anno, cioè più di una volta al mese. Richieste di auto che sono presenti anche nei comuni dell’entroterra e che provengono per due quinti da italiani, in stragrande maggioranza residenti in provincia. Prima col Rdc i percettori magari ci pagavano l’affitto e utilizzavano la pensione o i pochi guadagni, per mangiare. Oggi non è più possibile. O pagano il canone o mangiano. La povertà si può fare finta di abolirla per decreto, ma se nulla cambia nelle politiche di inclusione resta nella realtà. E la ritroviamo alla Caritas e in coda presso gli Enti che li accolgono. “Silenzioso scarto”, come diceva Papa Francesco.

Alberto Volponi