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I “Giorni della merla”

LA TRADIZIONE. È il modo con cui a livello popolare si indicano gli ultimi tre giorni di Gennaio, considerati i più freddi dell’anno. Per quale motivo?

“Ha trovato il merlo!”. Si diceva negli anni tra il 1940 e il 1950 di una ragazza, non proprio giovanissima né proprio illibata, che dopo tante vane speranze e irrisolti tentativi finalmente aveva trovato l’innamorato pronto al matrimonio. Ma il merlo, del tutto maschile, non può avere niente a che fare con la merla, tutta femminile, sfacciatella e intraprendente, tanto da farsi sempre nuovi spazi, persino alla radio e alla televisione, almeno per un’intera metà di gennaio. Magari ha già il suo sito internet per far vanto di sé in tutto il mondo. Ma chi sia questa merla, cosa voglia, cosa faccia, bene non lo si sa, come neppure dei suoi famosi giorni, “I giorni della merla’’. Che giorni possono essere precisamente? Quelli che vanno verso la prima o la seconda decade di Gennaio? O invece quelli tra il 20 e il 25? Non si sa bene, neppure il tipo di freddo in quei giorni, forse un freddo siberiano o polare? Glaciale artico?

Inoltre tale freddo con la merla che ci ha a che fare?

Forse la merla sfacciata, ma anche distratta pensa, scollacciata o in bikini ad un possibile viaggio ai Caraibi, anziché essere solo e sempre sul litorale romagnolo a gennaio inoltrato. Insomma, non c’è niente di chiaro sotto il gelo della merla, a meno che non lo si ricerchi, come si faceva una volta, risalendo giorno dopo giorno, per tutto l’anno, ai dettami della tradizione che, senza computer né internet, forniva sempre le trame di ogni giusto ordito.

Dunque, secondo la tradizione, nei tempi dei tempi la merla, sempre ambiziosetta e sbarazzina, si stimava non solo del suo canto sonoro e melodioso, ma soprattutto del suo piumaggio bianco candido, proprio come la neve. Per questo le piaceva mettersi sempre in mostra e il più possibile farsi vedere in giro mentre svolazzava cinguettando a modo suo.

Cercava di farlo anche nei giorni delle lunghe invernate, non appena si vedesse un po’ di sole, il che faceva meglio apparire il candore del piumaggio. Bella come era non badava neppure al volgere delle stagioni, secondo i consigli della tradizione. Così pensando solo a svolazzare e a mettersi in mostra, si dimenticò di quanto potevano essere pericolosi gli ultimi, ma proprio gli ultimi tre giorni di Gennaio, caratterizzati spesso da un freddo intenso, magari con un garbino da far gelare. Lei, invece, pensava che la fine di Gennaio rendeva solo vicinissima la primavera, e niente altro. Alla merla, dunque, presa del tutto alla sprovvista solo per insipienza, nella immediata bufera di fine Gennaio non restò se non trovare un riparo qualsiasi, e subito, per non morire. In quel momento il rifugio più vicino le parve un grande camino pieno di fumo e vi si buttò subito dentro, sicura di salvarsi! E lei, che per andare sempre in giro non aveva studiato né leggende né tradizione, si era anche dimenticata che gelo, vento, tempesta sarebbero durati non poche ore o un giorno al massimo, ma tre giorni tutti interi. Il camino, gentile, tutelandola le salvò la vita, ma il quarto giorno, quando la merla potè tornare a uscire, il suo bianco e splendido piumaggio si era mutato in uno più opaco e fosco; cioè nero come il carbone del camino.

Quella merla non raccontò mai del suo mutamento di cui, può darsi, non si sia mai resa conto, ma certo, da quel momento, si è sempre molto vantata che, per merito suo, quegli ultimi tre giorni di Gennaio, 29, 30 e 31, continuano a venir chiamati “I giorni della merla” da tutti, radio e televisione compresi.

Grazia Bravetti Magnoni