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I cervelli giovani sono ancora in fuga

Il futuro è l’incognita che più di altro inquieta ognuno di noi. I giovani, soprattutto. Quei ragazzi che, giunti ad un’età compresa tra i 18 e i 20 anni iniziano per davvero a domandarsi cosa vogliono dalla vita. Che lavoro scegliere? Quale strada intraprendere? Dove mi troverò nei prossimi anni? Tutte domande che suscitano una certa preoccupazione e che nella maggior parte delle occasioni ricevono risposte vaghe, non definite, nebulose. C’è poi chi si accontenta di ciò che trova, altri che invece procrastinano o cambiano spesso idea alla ricerca di quella veramente giusta e adatta. Insomma, il grande punto interrogativo resta ad aleggiare, sospeso su una coltre di dubbi e incertezze. Pensiamo al mondo del lavoro di oggi, tra mancanza di offerte adeguate, basse retribuzioni, scarse tutele. Un’alta percentuale di giovani imputa questa situazione alla cultura sociale ed economica dell’Italia di oggi, ed ecco che l’asso nella manica si materializza in una valigia e un biglietto aereo. Per l’estero, soprattutto. Secondo le statistiche, infatti, l’emigrazione dal nostro Paese è stata, e continua a essere, una costante più che un’eccezione. Tanti italiani si lasciavano la propria casa alle spalle alla volta di orizzonti diversi, alla ricerca di una fortuna più cospicua. Oggi è ancora così.

I dati…

Il Sole 24 Ore sottolinea che i numeri reali dell’ondata migratoria verso l’estero sono addirittura il triplo di quelli rilevati ufficialmente.

Il flusso è caratterizzato dall’età giovane (20-34 anni) e dal più elevato grado di istruzione (30% laureati, contro il 28% per il totale dei coetanei), anche se un quarto di quanti partono non ha completato le scuole superiori. Nel periodo 2011-2021 sono stati, secondo l’Istat, 451.585 gli italiani tra i 18 e i 34 anni che hanno trasferito la propria residenza all’estero, contro i 134.543 che hanno fatto la manovra contraria, e cioè dall’estero hanno deciso di venire a vivere in Italia. Dunque, tirando le somme, sono stati 317.042 i giovani che hanno lasciato il Paese nell’ultimo decennio. Tutto questo cosa comporta? Gli effetti più preoccupanti riguardano il potenziale di crescita dell’economia italiana, e quindi anche la sostenibilità del debito pubblico. Oltre a raccontare tanto della situazione sociale attuale del nostro Paese, in relazione ai giovani.

… sottostimati

Ad aggiungersi a questo fenomeno già preoccupante c’è il fatto che i numeri sopra citati non restano comunque scevri da imprecisioni: ad esempio, molti giovani restano residenti in Italia e non si registrano all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero). Ciò rende i dati ufficiali sottostimati, portando a una sottovalutazione non indifferente del problema. Il numero reale di questa fuga dall’Italia salirebbe, quindi, a quasi 1,3 milioni di persone, generando un ‘costo’ in termini di perdita di capitale umano stimato in 38 miliardi. Non certo noccioline…

Il parere dei giovani

La cosiddetta ‘fuga dei cervelli’ è metaforicamente rappresentata da una ‘copiosa emorragia’ di giovani talenti che portano il proprio potenziale e bagaglio culturale lontano dai nostri confini. Sentiamo cosa ne pensano i diretti interessati. “Mi dispiace rappresentare la categoria! – ironizza in un sorriso Alessandro, 24 anni di Riccione, giovane ingegnere informatico che ormai da un anno e mezzo (a partire da due settimane post laurea) vive e lavora a Berlino – Ho iniziato a guardarmi intorno già prima di finire gli studi. Mi ero informato, avevo svolto qualche colloquio con aziende del territorio e mi ero fatto un’idea alquanto precisa della situazione. La mia specializzazione fortunatamente è abbastanza richiesta un po’ dappertutto, ma forse per questo le occasioni qui, vicino a casa, non offrono chissà quali opportunità invitanti. Il salario è, rispetto ad altri Paesi d’Europa, ridotto, come anche la flessibilità aziendale e la dinamicità verticale che dovrebbe permetterti di guadagnare avanzi di carriera in tempi ragionevoli. Ciò che ho riscontrato maggiormente è che sì, la maggior parte delle aziende vuole personale nuovo, giovane, capace, ma è reticente a farlo emergere nel modo giusto, continuando a preferire chi per tanti anni ha svolto quella mansione nel modo che loro ritengono più consono. Ho dunque allargato il mio sguardo oltre i confini italiani e ciò che ho trovato mi è sembrato più stimolante. A parer mio, a giocare un ruolo importante nella differenziazione con l’Italia è la voglia e l’impegno che all’estero hanno e adottano nel digitalizzare la società. Pane per i miei denti! A Berlino lavoro per una società dove il personale ha tutto più o meno la mia età, ci troviamo a crescere insieme e a valorizzarci a vicenda”. Alla domanda se si penta della sua scelta, Alessandro alza le spalle incurvando le sopracciglia un po’ divertito, come a dire che è un pensiero che non gli aveva nemmeno sfiorato la mente. “Sono felice, appagato. Certamente dispiaciuto di aver lasciato famiglia e amici, ma sento di star percorrendo la strada giusta. I ragazzi della mia età che dicono di sentirsi realizzati o in procinto comunque di farlo, e lo pensano davvero come me, non sono molti. L’Italia è un Paese meraviglioso che ha tante idee, proposte per voler valorizzare noi giovani. Il problema principale è che tra il dire e il fare…”.

Sofia, anche lei 24enne, ma di Rimini, sta finendo gli studi di Lingue e Culture Straniere e concludendo un programma Erasmus in Spagna. “Viaggiare mi è sempre piaciuto, fin da piccola. I miei mi hanno sempre portato ovunque, ho visto tanti posti e conosciuto tante realtà diverse. Non mi stupiscono affatto i numeri e le percentuali preoccupanti che riguardano la ‘fuga dei cervelli’. Più che altro credo che invece di indignarsi o addossare la ‘colpa’ a noi giovani come se volessimo abbandonare le nostre origini e le nostre radici solo per fare un torto alla nostra società, sarebbe necessario capire la vera natura di queste scelte e muoversi di conseguenza, affinché i presupposti per poter restare inizino a farsi più adeguati alle nostre esigenze. Paragonare anche i flussi migratori attuali con quelli del secolo scorso e metterli in parallelo come ho sentito spesso fare, è sbagliato. I giovani di questo millennio hanno capacità e bisogni completamente diversi rispetto ai coetanei degli anni ’50. Perché è proprio l’assetto della società ad essere cambiata e a chiedere sempre di più. Però, forse, un fondo di verità in questo paragone c’è ed è piuttosto triste: in questo poco più di mezzo secolo, quindi, non è cambiato niente? La fortuna che tutti cercano oggi come ieri, non si trova ancora qui?”. Ti unirai anche tu, dunque, all’orda di ragazzi con a valigia pronta post laurea? “Ancora non ho deciso bene. Dopo tutto quello che ho detto, forse sarei un’ipocrita a dire il contrario. Però sono pronta a ricredermi, se necessario, ‘solo gli stolti e i morti non cambiano mai idea’”.