Home Ponte Giovani GIUBILEO DEI GIOVANI. LA RIVOLUZIONE DELLA PACE

GIUBILEO DEI GIOVANI. LA RIVOLUZIONE DELLA PACE

Il Giubileo dei Giovani è stata un’occasione di incontro e riflessione talmente preziosa, soprattutto nel contesto internazionale di oggi, che i suoi effetti si riverberano ancora oggi. Sono ancora diversi, infatti, i giovani che a distanza di tempo continuano a godere dei frutti di questa esperienza. Come Emilia Protti, giovane riminese, che riporta la propria testimonianza

Sono partita con la Comunità di Comunione e Liberazione Universitari compiendo nei giorni precedenti un pellegrinaggio da Camerino a Loreto. Arrivati dal Papa la folla era tale e noi così tanti, circa 700 ragazzi maturati e laureandi da tutta Italia, alcuni dall’America, Svizzera, Spagna e Germania, che siamo dovuti entrare scaglionati per gruppi. Tor Vergata è stata costantemente in festa, contraddistinta dalla gioia e dalla spavalderia che noi giovani abbiamo. È stato sorprendente vedere alla veglia eucaristica più di un milione di persone inchinarsi di fronte alla particola dell’Eucarestia. In quel momento ho visto con i miei occhi la potenza di Cristo che, facendosi fragile come una particola, è capace guidare i cuori di milioni di persone. Accanto a me avevo dei giovani peruviani che hanno dormito per gran parte del tempo, e si sono alzati solo per inchinarsi durante la veglia. Ovunque si andava si sentivano lingue diverse e modi diversi di esprimere la propria gioia, ad esempio si sono sentiti suonare chitarre e bonghi fino alle tre di notte. Inoltre, è stato veramente commovente durante la Messa di domenica vedere così tante persone di diversi paesi e culture scambiarsi il segno della pace; questo è stato un segno di speranza evidente in un momento così doloroso per le vicende geopolitiche che caratterizzano il nostro tempo.

In quei giorni ho avuto anche la grazia di ricredermi su una vecchia convinzione, cioè che l’amore vero è esclusività. Invece è stato sorprendente vedere riunite così tante persone e rendermi conto che per ognuna di loro il cuore di Cristo arde. Ho potuto riconoscerlo solo perché lo vedo innanzitutto ardere per il mio. Per questo motivo i numeri delle persone che c’erano non sono importanti per superare dei record ma, tanto più, per rendersi conto che ognuna di quelle persone ha risposto a una chiamata, cioè quella del Papa ma, ultimamente, a quella di Cristo.

Le parole di Papa Leone XIV sono state le parole di un Padre che ha indicato una sola meta dell’Amicizia, delle Scelte sul futuro, della Felicità: Cristo. In conclusione, il ritorno da questa esperienza è pieno di gratitudine e di nostalgia, entrambi per lo stesso motivo: la mia vita è un cammino anelante a questo Mistero che si è rivelato.

“Speranza vissuta”

Ma, come detto, in questo viaggio non ero da sola. A raccontare questa esperienza, tra i tanti compagni di viaggio, c’è anche Beatrice Galeotto, universitaria che ha partecipato al Giubileo dei Giovani con la comunità di Comunione e Liberazione Universitari.

“Il pellegrinaggio è stato sicuramente un gesto decisivo per la mia vita. Ho scoperto la gioia, innanzitutto, di vivere per ciò che è essenziale. Durante il pellegrinaggio abbiamo camminato, pregato, cantato, ascoltato e siamo stati insieme. Non molto di più. Ed io ero felice, come se avessi tutto. Molto spesso non sapevamo neanche che ore erano, ma sapevamo che c’era qualcosa di preparato per noi e che qualcuno sapeva la strada, che c’era una meta. Nella vita si ha già ciò che conta. ‘Non t’affannare, il Signore veste anche i gigli del campo’, abbiamo cantato”.

Il Giubileo aveva come tema centrale quello della Speranza. Quando e con chi l’hai vista in quei giorni?

“Ci son tanti momenti che hanno avuto questo respiro. Penso che il più esplicito sia stato durante la Veglia, in particolare il momento dell’Adorazione Eucaristica. Durante quel momento di silenzio ho avuto la percezione che non c’era gesto più rivoluzionario, più vero, più speranzoso di quello che stavamo facendo. Nel male incomprensibile che vediamo vivere, e che magari viviamo noi stessi, niente sembra pertinente, tutte le risposte sembrano ‘di troppo’. Quel silenzio davanti al corpo di Cristo no. Non saprei descriverla in altro modo, quella speranza vissuta”.

Tra le domande poste al Papa c’è stata quella legata al valore del silenzio. Durante il Pellegrinaggio è stato proposto di fare lunghe ore di silenzio e discernimento. Ti ha aiutato? È una dimensione che hai coltivato?

“Nella frenesia della vita di tutti i giorni, non ho tante occasioni per sperimentarlo. La cosa che più mi stupisce è vedere che il silenzio è innanzitutto occasione di amicizia. Durante il pellegrinaggio mi è capitato di camminare vicino a qualcuno che non conoscevo, eppure nel camminare in silenzio nasceva una familiarità che solo la Fede fa vivere. Sapevo che non era un silenzio vuoto, ma che eravamo, o tentavamo di essere, in dialogo con ciò che di più vero c’è in noi stessi. Per cui tu guardi chi hai attorno e non vuoi ‘disturbare’ quel silenzio. Capisci che è importante. E allora sei ancora più fratello, amico, ti vuoi ancora più bene e ti senti meno solo di quando ci riempiamo di parole”.

Emilia Protti