Home Storia e Storie Giornalista di passione e non di professione

Giornalista di passione e non di professione

Molti, forse troppi sono i personaggi che si perdono tra le pieghe della storia. Dimenticati, a volte nemmeno conosciuti, simboli di quella società civile che oggi tanto fa gola alla politica e che hanno contribuito alla costruzione culturale e sociale del Paese. Recentemente ne è stato ricordato uno particolarmente interessante.
Siamo a Carpi, alla Festa Regionale di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Arriva con forza, tra tante testimonianze, il racconto toccante di Francesco Manicardi, giornalista e nipote di Odoardo Focherini, che in tema con le celebrazioni della giornata, ha presentato un aspetto particolare dell’attività dell’illustre nonno che sarà beatificato il prossimo 15 giugno: quello di giornalista e amministratore de L’Avvenire d’Italia.

Un uomo,
una storia

Manicardi ha raccontato la storia di questo “giusto tra i giusti”, scegliendo di descrivere la sua fede generosa, che va di pari passo con la dedizione incondizionata alla sua grande passione giornalistica. Ne è uscito il ritratto di un giovane uomo vitale, attivo, sempre sorridente e anche divertente.
“Odoardo Focherini – ha commentato il nipote – non era un giornalista di professione e la sua collaborazione fu spontanea e gratuita; ma lo slancio e la passione furono sempre molto grandi”.
Agli inizi del ‘900 si iscrisse al gruppo degli Esperantisti Cattolici, “una sorta di antesignano di quello che oggi sono Twitter e Facebook. L’esperanto era considerato un mezzo per poter comunicare con tutti e Odoardo era un apostolo della comunicazione”.
In un suo articolo, L’ombra del Carmine, scrisse: “Fui tra i pochi che ebbero l’onore di ammalarsi di giornalismo”. Nacque così la passione per l’informazione in tutte le sue declinazioni, tenendo fisso un grande progetto: comunicare la fede, essere apostolo della fede.
Insieme a Zeno Saltini, nel 1924 fondò L’Aspirante, un foglio di comunicazione tra i giovani che da regionale divenne poi nazionale. Il lavoro si estese presso altri periodici, fino ad arrivare a L’Avvenire d’Italia con sede a Bologna e poco dopo all’Osservatore Romano.
“Il suo contributo, a livello locale, fu molto importante – ha proseguito Francesco Manicardi – dal 1927 collaborava scrivendo articoli sulla cronaca di Carpi, sugli avvenimenti ecclesiali, sulle visite di ospiti illustri, ma anche su argomenti di cultura, l’opera e il teatro, o quotidiani, come le spese domestiche. L’importante era scrivere”.
L’Avvenire lo tesserò e attirò su di lui l’interesse dell’Osservatore Romano. Ostacolato dal regime fascista, lasciò la presidenza dell’Azione Cattolica e nel 1939 fu nominato Consigliere mandatario del giornale, impegnandosi sempre più nell’attività di organizzatore, con lo scopo di rilanciare ulteriormente il quotidiano, aumentarne le vendite e promuovere gli abbonamenti, ammodernare le tecnologie. Il suo lavoro era sempre gratuito, da vero apostolo della stampa, come ricorda nelle lettere dal carcere.
Attività, questa, che proseguì anche nella prima parte della guerra. All’indomani dell’8 settembre 1943, Focherini si inventò quella che si ricorda come “la beffa della carta”, al fine di non avvallare con l’uscita del giornale l’occupazione tedesca: la mancanza dei grossi rotoli necessari per la stampa – e successivamente anche del piombo – divennero l’alibi per sfuggire all’obiettivo tedesco che voleva utilizzare il quotidiano per dare una parvenza di normalità. Così il giornale non uscì fino al 5 ottobre e anche dopo lo fece a singhiozzo fino alla chiusura definitiva il 24 settembre 1944.

L’arresto
di Odoardo

“Nel gennaio del 1944 fu bombardata la redazione di via Mentana; – ha ricordato Francesco Manicardi – l’11 marzo Odoardo venne arrestato all’ospedale di Carpi mentre si adoperava per la salvezza di un ebreo”. In poco meno di un anno ne aveva salvati più di cento. “Non perse mai il sorriso. Affrontò con coraggio e fede tutti gli eventi e il suo legame con il giornale non venne mai meno. Varie figure illuminarono la sua vita – ha commentato Francesco Manicardi – don Zeno Saltini e la sorella Marianna Saltini, nota come Mamma Nina, ma anche don Francesco Venturelli e ovviamente don Dante Sala con il quale Odoardo organizzò la rete per la fuga degli ebrei verso la Svizzera. È notevole considerare come nella sua esistenza ci fossero vicinanze importanti, persone che lo hanno aiutato a perseguire un itinerario di santità”.
Nell’ultima lettera, prima di partire per il lager di Flossenburg, scrisse al suo collaboratore Umberto Sacchetti: “Offro tutto questo per la famiglia del giornale e per la sua ricostruzione. E non dimenticatemi nelle preghiere”.
Il testamento spirituale di Odoardo Focherini giornalista è in queste parole: un uomo nuovo nella fede, un cattolico senza paura, una incrollabile devozione alla sua missione di comunicatore e il grande desiderio di ricostruire la pace nel mondo.

Maria Silvia Cabri