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IL PENDOLARE – Germania

la-germania-e-il-violinistaQualche tempo fa.  Il signore con i baffi, appoggiato alla porta della toilette, non se ne accorge nemmeno. Lithium dei Nirvana deborda dalle sue cuffiette mentre due studenti, stretti vicino alla porta dello scompartimento, provano a studiare per non so quale esame.   Lui – capelli biondi lunghi raccolti in una coda di cavallo, la barba rossiccia – tira fuori uno spartito. Chiude gli occhi e, mentre le mani disegnano arbareschi nell’aria, segue l’armonia con un canto flebile. Nella confusione, il rumore del treno sulle rotaie, nessuno sembra notarlo.
Invece, quando riapre gli occhi, una ragazza gli sorride e chiede: “studi musica?”. “Violino – risponde cortese – suono in Germania. Sono qui per un paio di concorsi e, soprattutto, per salutare alcuni amici e passare qualche giorno in famiglia”. I due concorsi sono per una sostituzione temporanea al Teatro Comunale di Bologna e al Regio di Parma. “Non che ci faccia particolare affidamento – sorride – è più una buona occasione per vedere i miei”. E poi, aggiunge, non è che abbia troppa voglia di tornare in Italia. “Fino a poco tempo fa ho suonato con una orchestra pubblica: ora è stata privatizzata e faccio il freelance. Ho parecchi ingaggi e vivo di musica. In Italia non potrei farlo: in dieci mesi ho guadagnato quanto in dieci anni da queste parti”. Ma non sono solo soldi a tenerlo lontano: “vedo i miei colleghi di conservatorio arrabattarsi per entrare nelle grazie di chi conta, mendicare attenzione, senza che il merito venga mai considerato. Non fa per me: in Germania riesco a fare quello che mi piace, a studiare e a mantenermi. Soprattutto posso andare a testa alta, essere valutato per quello che so fare, senza scorciatoie, amicizie da sbandierare, furbizie”. La ragazza sospira. “Ti capisco…”. Il treno arriva a Forlì dove lo aspettano degli amici. “Sono arrivato – sorride il musicista -: la saluto, è stato stato un piacere”. Dalle cuffiette Smell like thin spirit invade il corridoietto davanti alla toilette. Un bel po’ più vuoto.

di Gianluca Angelini, dal blog Pendolarità