Home Editoriale GAZA Le stragi e il pantano

GAZA Le stragi e il pantano

La strage di Tel Al Sultan a Rafah allontana un auspicato accordo per il cessate il fuoco. Un massacro che giova – ‘tra virgolette’ – all’attuale governo e in particolare al Primo Ministro israeliano che da tempo ha dichiarato che l’obiettivo finale di questa guerra è una vittoria totale, che significherebbe estirpare Hamas dalla Striscia di Gaza. Ora, dopo mesi di guerra, dopo stragi su stragi, Hamas è sicuramente indebolita, ma tutt’altro che estirpata non solo perché è ancora presente nel sud della Striscia, ma sta rinascendo anche in altre zone come segnalato da molti, anche da funzionari americani. Netanyahu ha bisogno di sopravvivere politicamente e questa sopravvivenza è legata da un lato al proseguimento della guerra e dall’altro anche a una ‘chimerica’ vittoria totale.

Questo massacro giova in parte, purtroppo, anche ad Hamas che ultimamente riesce a reclutare nuovi combattenti, proprio sulla base delle stragi che vengono commesse dall’Idf.

Questa guerra la stanno perdendo entrambi i contendenti: Israele perché non riesce a portare a termine la sua operazione che non ha, al di là di questa idea della vittoria finale, obiettivi ben definiti e oggi si ritrova in un pantano. Non può arretrare perché sarebbe una forma di ammissione di sconfitta. Non vince nemmeno Hamas perché le sue forze militari sono state pesantemente colpite. Tuttavia, la sua sopravvivenza può essere intesa come una non sconfitta o una quasi vittoria.

Sul piano della propaganda Israele sta perdendo questo conflitto anche a causa di errori di comunicazione con notizie date e poi smentite, di versioni dei fatti molto dubbie e, soprattutto a causa delle dimensioni dell’operazione militare, con la sproporzione tra l’offesa e la reazione messa in campo.

Hamas, dal canto suo, vince perché riesce a farsi passare come un movimento di resistenza. Come aveva cercato di legittimarsi tra i palestinesi negli ultimi 10-15 anni. La guerra in corso ha rilanciato la questione palestinese che era stata trascurata ed emarginata. Hamas si può intestare, in questo momento, il merito di averla riportata all’attenzione del mondo.

A proposito di causa palestinese non è giusto accusare di antisemitismo tutti coloro che, in questo contesto di guerra, sostengono la causa palestinese senza per questo appoggiare Hamas. Questa accusa è diventata una sorta di clava che si usa per delegittimare ogni forma di critica. Non dimentichiamo che ci sono anche tantissimi ebrei che solidarizzano coi palestinesi, ma non con Hamas, e che vengono accusati di antisemitismo. Venerdì scorso sul quotidiano israeliano Haaretz è uscito un articolo dell’ex Primo Ministro Ehud Olmert, che è stato l’ultimo premier ad aver avuto colloqui con i palestinesi, nel quadro del processo avviato con gli accordi di Oslo.

Nel suo articolo Olmert, che non può essere accusato né di antisemitismo né di antisionismo, dice molto chiaramente che il governo attuale ha le mani sporche di sangue e sta creando un danno enorme allo Stato di Israele.

Michele Brignone
ASERI, Università Cattolica Milano