C’erano una volta i cartelli ‘Vietato fumare’ e gli adolescenti che li violavano per spirito di ribellione. Oggi non serve nemmeno quello: il fumo è tornato ‘di moda’ senza che nessuno lo proclamasse. E così sono sempre più giovani, e sempre più piccoli, a mettere una sigaretta o una vape (sigaretta elettronica o dispositivo elettronico per inalare vapori contenenti nicotina – o talvolta senza nicotina – e aromi) in mano, ignorando quanto questo possa essere il primo tassello di una dipendenza.
I dati nazionali e regionali dipingono un quadro allarmante.
Secondo l’ISS (Istituto Superiore di Sanità), in Italia un giovane su tre tra i 14 e i 17 anni utilizza almeno uno dei prodotti contenenti nicotina: sigarette tradizionali, sigarette elettroniche o dispositivi a tabacco riscaldato. L’ISTAT segnala che nel 2023 circa il 19% della popolazione sopra gli 11 anni fuma; ma la percentuale che preoccupa è quella dell’età di inizio, che continua a scendere. A Rimini la situazione non è molto diversa. Teo Vignoli, direttore dell’Unità operativa Dipendenze patologiche di Rimini, afferma che si comincia già dagli undici anni. Dati recenti raccolti nella provincia mostrano che l’1% degli 11enni, il 6% dei 13enni, il 24% dei 15enni e il 35% dei 17enni ha già sperimentato il fumo con una certa regolarità. Un altro elemento che rende inquietante il fenomeno è il ‘camuffamento’ moderno del fumo. Le sigarette elettroniche e i dispositivi a tabacco riscaldato si presentano come alternative leggere, quasi innocue, meno visibili, più ‘alla moda’. Circa il 18% dei giovani italiani ne fa uso, secondo le indagini ISS e OMS. Aromi fruttati o profumi dolci, packaging colorato o elegante, e la percezione diffusa che non sia grave se non ‘fumi davvero’. Ma la nicotina resta nicotina e crea dipendenza, anche sotto queste forme. In Emilia-Romagna il quadro coerente: dopo anni di calo, il trend degli ultimi tempi mostra che la discesa delle sigarette tradizionali rallenta, il consumo dei nuovi dispositivi aumenta l’educazione sanitaria è sotto pressione. Alcuni giovani interpellati nei programmi scolastici a Rimini dicono che durante il lockdown da Covid-19 la noia, l’ansia e la mancanza di attività hanno spinto verso il fumo come via di fuga. La normalizzazione del gesto è ormai quotidiana.
Le cause del ‘rinascimento’ del fumo
Attorno a questi numeri, non c’è magia né casualità: molte variabili confluiscono per abbassare l’età di accesso al fenomeno. Vediamone alcune. Il già citato marketing della nicotina: i nuovi dispositivi sono progettati per essere più accattivanti, meno stigmatizzati, più facili da nascondere. Il loro odore è minimo, l’apparenza tecnologica, l’idea ‘meno dannoso’ diffusa. Molti giovani fumatori dichiarano di aver iniziato ‘per curiosità’ (oltre il 73%) o perché stimolati da amici. La normalizzazione sociale: se a casa qualcuno fuma, se gli amici ‘svapano’, se nei social si vedono dispositivi ‘cool’, è più semplice nella trappola del ‘non è così L’abitudine si mimetizza, diventa ‘comune’. Il gap normativo e i controlli evasivi: la legge vieta la vendita di prodotti del tabacco ai minori, ma i controlli non sono sempre stretti. Distributori automatici, vendite non scrupolose, canali online: spesso i ragazzi aggirano gli ostacoli. Il legame precoce che incatena: la nicotina nel cervello in sviluppo ha effetti potenti. Crea dipendenza, modifica connessioni, amplifica la fissazione. Più si comincia giovani, più è difficile liberarsene in seguito.
Il pensiero dei diretti interessati
Sentiamo, dalle loro stesse parole, cosa ne pensano alcuni adolescenti riminesi. “Alla mia scuola, molti che svapano (utilizzo della sigaretta elettronica o dispositivi simili, ndr) dicono che non è fumo vero, che fa meno male, ma ho visto compagni tossire dopo la pausa, sentirsi affannati a correre per riempire l’autobus. – spiega Giulia, 17 anni – Non è qualcosa che succede altrove: succede accanto a me. Quando la prof parla dei danni del fumo, spesso sembra che siano cose lontane, ‘da adulti’, e tu pensi ‘Okay, forse non mi tocca’. Ma poi guardi i genitori, qualche parente, qualcuno che ha già problemi respiratori, qualcuno che ha smesso e poi è ricaduto, e capisci che non è qualcosa di troppo astratto. Mi fa paura”.
“Io ho cominciato a quattordici anni, prima con lo svapo, poi con la sigaretta ‘normale’, quasi per gioco. – racconta 16 anni –All’inizio credevo di immune: ne fumavo poche. Ma diventi poco a poco dipendente: non lo fai con gli amici, senti che manca qualcosa. Ho provato a smettere per qualche tempo, ma è difficile. Lo stress, la rabbia, l’ansia giocano brutti scherzi. Nella mia testa so che è sbagliato, ma questo almeno per ora non mi frena dal continuare”.
Sara, invece, di anni ne ha 21, ha cominciato a fumare al liceo e crescendo si è fermata a riflettere sulle cause di questa dipendenza: “ Il problema non è tanto la singola sigaretta, ma quello che rappresenta. All’inizio sembra una cosa banale: fai un tiro, ridi con gli amici, senti che ti calma per un momento, come se ti rendesse invisibile al resto del mondo. Ti dici ‘solo questa’, ‘solo quando esco’, ‘solo se sono nervosa’. Ma piano piano diventa un piccolo rifugio, un modo per gestire l’ansia, la solitudine, la noia. Non te ne accorgi subito, ma inizi a cercarla nei momenti in cui ti senti svuotata o agitata. E allora capisci che non è solo una questione fisica, è qualcosa che ti entra nella testa, che si lega alle tue emozioni. A volte mi chiedo quante ore passo a pensare che dovrei smettere, ma poi ho paura di non sapere come farlo. Vorrei qualcuno che mi aiutasse senza giudicare, che capisse che dietro a quel fumo c’è qualcosa di più profondo di un vizio”.
Le statistiche dicono che il fumo tra i giovanissimi è un’urgenza. Serve un sistema – scuole, famiglie, istituzioni – che parli lo stesso linguaggio, che metta risorse concrete, che non lascino spazio a surrogati socialmente accettato del vizio tradizionale. Sono necessarie culture che non lo tollerino come normalità. Perché una sigaretta accesa a undici anni non è mai un rituale innocente: è l’inizio di una storia che qualcuno dovrà scrivere, o riscrivere.

