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Fiscalità: professionisti, autonomi e indipendenti

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Sono la categoria più frastagliata, nel senso di varietà di figure. Fino a poco tempo fa erano la più coccolata dalla politica. Ma da un po’ di tempo, i “vantaggi” sembrano essere diminuiti

Il mondo degli autonomi: classici e “derivati”

Gli autonomi sono la categoria più frastagliata, nel senso di varietà di figure, e coccolata da certe forze politiche che cercano di portarle dalla propria parte offrendo soprattutto vantaggi fiscali, come la tassa piatta e non progressiva, contravvenendo la Costituzione, ovviamente senza tener conto delle minori entrate che produrrà nelle casse dello Stato. Di conseguenza i tagli, per mancanza di fondi, alla sanità e alla scuola, per citare due esempi, sono un esito “normale”. Tassa piatta di cui il Fondo Monetario Internazionale chiede, nel suo ultimo Fiscal Policy di aprile, l’eliminazione, proprio per allargare la base impositiva. Però bisogna anche prendere atto, come scrive l’ultimo rapporto Istat sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie 2024, che nonostante tutte le misure a loro vantaggio i redditi degli autonomi si stanno comunque riducendo. Nel 2023, il reddito familiare è stimato, comprensivo degli affitti figurativi, in media pari a 42.715 euro, con una riduzione in termini reali (al netto dell’inflazione), rispetto al 2007, del 23,8 per cento. Taglio che fa rientrare il 28,9 per cento degli autonomi tra i lavoratori a basso reddito.

 

Gli indipendenti

A fine 2024 gli occupati in provincia di Rimini erano 154.000, di cui 39.000 lavoratori indipendenti. Nel 2019, prima del Covid, erano 42.000. È il famoso popolo delle partite Iva. Un occupato su quattro. Un decennio prima erano uno su tre. Quindi c’è stato un calo, assoluto e relativo, in particolare nel settore industria e commercio, iniziato ben prima della pandemia. Un calo che ha interessato non solo Rimini, ma l’intera Emilia-Romagna e l’Italia. Anche se rispetto al 2021, l’anno peggiore dell’era Covid, si sta assistendo ad una lenta ripresa, senza comunque tornare ai livelli precedenti. Gli autonomi (liberi professionisti, commercianti, artigiani e agricoltori), però, sono una parte componente degli indipendenti, ma non esauriscono l’insieme, essendo il resto costituito da piccoli imprenditori, coadiuvanti, soci di cooperative, collaboratori e prestatori d’opera occasionali.

Gli autonomi classici

Per autonomi “classici” si intendono quelli tradizionali, costituiti da artigiani, commercianti e agricoltori diretti. Nell’ultimo decennio sono tutti in calo, soprattutto gli artigiani, che hanno perso più di un quinto della loro consistenza numerica. Un po’ meno gli altri. Nel complesso, tra il 2014 e il 2023, in provincia di Rimini, ne mancano all’appello quasi 7.000. La chiusura di tanti negozi e attività artigianali tradizionali ne sono una conferma visiva.

Per tanto tempo, prosegue tutt’ora ma con più incertezza, lavoro autonomo e indipendente è (stato) sinonimo di classe media, cioè una classe che, per reddito, condizione sociale e lavorativa (autonomia e proprietà dei mezzi di produzione), sta tra borghesia e proletariato. Che qualcuno definisce anche piccola borghesia autonoma. Autonomia lavorativa che però non è più quella di un tempo, perché oggi un artigiano o piccola impresa, che non si rivolga direttamente al mercato, deve rispondere a tempi e condizioni sempre più stringenti dell’impresa committente. E di autonomo gli resta ben poco. Sono definizioni che risalgono al secolo scorso e che vanno aggiornate, perché negli ultimi decenni troppe cose sono cambiate. Non solo numericamente, ma anche come considerazione economico-sociale. A cominciare dal reddito medio annuo dei nostri autonomi classici, che nell’ultimo decennio è cresciuto, a dispetto della minore consistenza numerica, ma resta, anche quello di artigiani e commercianti, sotto i 25.000 euro (anno 2023), meno della retribuzione media di un operaio della manifattura con contratto a tempo indeterminato.

Gli altri autonomi

Potremmo definirla l’altra gamba della galassia degli autonomi. Sono i lavoratori e le lavoratrici indipendenti, magari con partita iva, iscritti alla gestione separata dell’Inps. Un numero rimasto, in provincia di Rimini, complessivamente stabile (6,3 mila) nell’arco dell’ultimo decennio, con un forte calo dei collaboratori e una altrettanto consistente crescita dei liberi professionisti. Numero, quest’ultimo, 2.755 professionisti nel 2023, da cui sono esclusi quelli che versano contributi alle casse, almeno una ventina, del proprio ordine professionale e che nel 2021 registravano1.766 contribuenti (avvocati, geometri, giornalisti, ecc.), di cui 754 donne. (Confprofessioni, 4° Rapporto sulle libere professioni in Emilia Romagna, gennaio 2023). Facendo la somma stiamo parlando, per l’intera provincia di Rimini, di poco meno di cinque mila liberi professionisti.

I guadagni, anche in questo caso, non sono alti: un collaboratore supera appena 11.000 euro l’anno, cifra in calo negli ultimi anni, e un professionista non arriva a 21.000 euro, con un aumento (6,5 per cento) che certamente non recupera l’inflazione dello stesso periodo. Va un po’ meglio per gli iscritti agli Ordini professionali: il loro reddito medio annuo si ferma poco sotto 25.000 euro, 2.000 meno della media dell’Emilia-Romagna (anno 2021). Per genere: 27.000 euro gli uomini e 21.000 euro le donne. Redditi rimasti, però, pressoché gli stessi dal 2015. La categoria che invece non soffre di questi problemi, con buoni stipendi e ben tutelati dall’inflazione, sono i fortunati delle cariche elettive: 2.472 persone (parlamentari, consiglieri regionali, provinciali, comunali, ecc.), che in media guadagnano quasi 59.000 euro l’anno. Cifra che supera il reddito medio di tutti gli autonomi, classici e non.

Il valore aggiunto dei liberi professionisti

Se tutti i liberi professionisti coprono poco più del tre per cento degli occupati provinciali, il loro valore aggiunto all’economia locale, cioè la ricchezza che apportano, è stata stimata, per il 2020 (ultimo dato disponibile), in 784 milioni di euro, che è pari 4,7 per cento dell’intero valore aggiunto della provincia di Rimini, a fronte del 4,3 per cento regionale (Tagliacarne). Insomma, una piccola frazione.