“Fateci vedere la vostra gioia. È il titolo di una lettera che il vescovo Francesco ha rivolto ai religiosi e le religiose della Diocesi di Rimini dopo la Giornata dedicata alla Vita Consacrata che si è svolta lunedì 2 febbraio.
Il tema è la dimensione fraterna della vita consacrata. E il punto di partenza è l’attacco della Evangelii Gaudium: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”.
La prassi di Gesù
“Partiamo dalla prassi di Gesù – scrive il Vescovo – il quale si è scelto un piccolo gruppo – i Dodici – e li ha formati con grande cura, spendendovi tempo e passione, ma al riguardo occorre fare alcuni rapidi rilievi. Primo: la piccola comunità di Gesù non è monocolore; dentro c’è tutto l’arco ’parlamentare’ ed extra-parlamentare del tempo. Ci sono zeloti, sicari, pubblicani, pescatori, giusti e peccatori. Secondo: Gesù non forma i suoi solo alla comunione, ma li proietta nella missione. Se la sua prima parola è ’seguitemi’, l’ultima è ’andate’. E il seguire è già in vista dell’andare. Ma c’è un terzo rilievo da non oscurare mai: attorno a Gesù non ci sono solo degli uomini, ma anche delle donne, (…) Infine: la comunità di Gesù è itinerante. Gesù non viaggia su due binari, un po’ con i suoi, un po’ con la gente: è sempre con la sua comunità che egli va in missione. (…) La comunità di Gesù appare ininterrottamente in cammino, in permanente stato di missione. È una vera fraternità in missione“.
La prima comunità cristiana
Il Vescovo poi scrive della prima comunità cristiana: “Al centro di essa non c’è una dottrina, una sofisticata teoria, o un’idea-madre, ma un racconto, una storia, anzi una persona: Gesù di Nazaret, il Crocifisso-Risorto. Questo è il dna del messaggio cristiano, il kerygma. E questa è la conseguenza: se Dio è il Padre di Gesù, allora noi abbiamo ricevuto lo Spirito di Gesù che ci ha resi figli dello stesso Padre, e quindi siamo tutti fratelli. Allora il sistema della società pagana si rovescia e si scompagina: al primo posto non c’è più il privilegio, ma la condivisione; non il merito, ma la solidarietà; non l’individualismo, ma la fraternità. (…)
La forma del Vangelo è la vita fraterna. Il soggetto della comunità cristiana non è il singolo individuo: è il noi, una comunità che vive in comunione. Una fraternità fatta non di perfetti, ma di peccatori, che però puntano sulla misura alta della vita cristiana: la santità. (…) Una comunità che mostra con fatti di Vangelo che è possibile – è cosa buona e giusta e veramente bella! – vivere a misura di Gesù Cristo e della prima comunità cristiana. Ecco il vostro albero genealogico: le vostre comunità discendono dalla prima comunità cristiana di Gerusalemme e ne riproducono radicalmente l’ideale e l’immagine. Di qui consegue che il primato nella vita della comunità non va alle attività e alle buone azioni, ma alle relazioni. Le persone vengono prima dei ruoli. Una comunità di vita consacrata è innanzitutto una rete di relazioni fraterne. (…)”.
La forza missionaria
della fraternità
“Da una comunità di vita consacrata, in cui si pratica il comandamento dell’amore , si sprigiona una energia nucleare non distruttiva, ma di straordinaria forza positiva e propulsiva (…). Di tutti i miracoli, prodigi e segni, questo è senza dubbio il più ’scioccante’: persone che non si conoscono, eppure si comprendono e parlano la stessa lingua della carità, mettendo in comune i loro beni. La fraternità è il vero prodigio della Pentecoste, e poiché la Pentecoste è ancora in corso, la fraternità mostra ancora oggi il vero volto della Chiesa. (…) L’aveva già detto Gesù:Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
Ma continua mons. Lambiasi “La fraternità è un dono e un compito. (…) Tendere alla fraternità è un assoluto del cristiano, che trova in essa il ponte di collegamento tra la libertà e l’uguaglianza. L’uguaglianza senza fraternità parte dal dispotismo. La fraternità senza libertà porta all’individualismo. La libertà senza fraternità sfocia nell’affermazione del proprio Io sugli altri. L’uguaglianza senza fraternità conduce alla cancellazione dei doni degli altri.
La fraternità è la via lunga per una convivenza <+cors>così bella, così dolce<+testo_band>, perché non si guarda ai limiti degli altri, ma ai propri; non si punta all’accusa degli altri, ma si comincia sempre dall’accusa di sé. La costruzione della fraternità consiste nell’inserire la melodia della propria vita nell’armonia della comunità: ”Tante voci, un solo coro”! (…)”
Il segreto della
perfetta letizia
“Persone gioiose –secondo il Vescovo – che dimenticano i torti, che promuovo le doti dei fratelli e delle sorelle, che sono consapevoli che è ’dando che si riceve’, che non badano solo a quello che fanno ma a perché – per chi e come – lo fanno, che si preoccupano di essere dolci e amabili sul modello di Gesù mite e umile di cuore, che sono consapevoli dell’efficacia costruttiva della carità fraterna, che sono convinte che il dono più bello che possono fare alla comunità è l’acquisizione di un buon carattere, che accettano di diminuire perché gli altri crescono, che non si lasciano rattristare dall’invidia né rodere dalla gelosia, che sono sincere, leali e non desiderano essere sempre i primi della classe… queste persone custodiscono il segreto della perfetta letizia e con la loro gioia costruiscono la gioia della fraternità. (…). E se nella tua comunità manca la gioia (…) mi dispiace, ma i giovani non verranno a bussare alla vostra porta e le vocazioni non fioriranno”.

