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Europa differenziata

Il padrone di casa dell’appartamento affittato per una settimana sul versante oltreconfine del Tirolo si rivelerà persona cordiale e alla mano. Ma al mio arrivo mi pare un generale dell’impero austro-ungarico: ancor prima di farmi entrare in casa mi mostra lo schieramento di casse e bidoni della differenziata per spiegarmi la strategia di battaglia. Guai a mischiare cartone e carta normale. Un posto per la plastica, uno per le lattine, uno per l’organico che deve essere solo organico. Non mi azzardo neanche a chiedere dei famosi tovaglioli sporchi di sugo, questione che non ho mai avuto tanto chiara: temo di essere deferito alla corte marziale. Mi ci metto d’impegno giorno per giorno, ma evidentemente mi è sfuggito dove andavano messi i cartoni del latte perché me li ritrovo in una cassa diversa da dove li avevo deposti il giorno prima. Alla seconda volta, non ho più dubbi sui blitz notturni dell’armata differenziata: anche quelli vanno messi a parte. Un’utile esperienza ambientale, certo, senza cadere nel solito europeismo che neanche lassù sono perfetti. Ma pochi giorni dopo il confronto con i cassonetti sotto casa resta comunque impietoso. Davanti a certe scene, quaggiù dove la creatività di qualcuno rende materiale organico persino un flacone di detersivo, anche il Bismark del riciclo getterebbe la spugna. Lui, almeno, nel bidone giusto.