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Elisabetta, maestra Pia a Coriano

Era il 14 agosto del 1859, quando alle otto e trenta dopo aver pronunciato “io vedo, io vedo, io vedo”moriva Elisabetta Renzi, fondatrice dell’ordine delle Maestre Pie a Coriano.
Quello che si appresta a cominciare quindi, è il centocinquantesimo anno dalla sua morte. Un avvenimento che ci spinge a ripercorrere e tratteggiare i tratti della personalità e della vita di una delle figure più rilevanti della storia religiosa di questo territorio. Un lavoro di ricostruzione e di divulgazione che pochi anni fa, già venne efficacemente realizzato ne “I grandi spiriti della Valconca – I Maestri”. È del 2004 infatti, il volume di Associazione Scuola e Società, scaturito dalle giornate di formazione e di studio promosse dalla stessa Scuola e Società e svoltesi in Valconca nel marzo del 2003. Una serie di contributi, per la gran parte inediti, di autori vari tra i quali Silvia Bernardi (Formatrice di Scuola e Società), Angelo Chiaretti (insegnante di Lettere e ricercatore di storia locale), Giampaolo Venturi (insegnante di Storia e Filosofia).
Un intero capitolo del testo è dedicato ad Elisabetta Renzi, grande spirito della Valconca e alla sua figura di: maestra del popolo, donna di fede, contemplativa, rifugio dei poveri ed educatrice.
Nei diversi interventi che il testo dedica alla donna, e che riscostruiscono efficacemente non solo la sua figura di donna e di religiosa, ma anche il contesto politico nel quale ella si mosse, vogliamo riportare in parte, il contributo di Angelo Chiaretti, che pone l’accento su alcuni tratti, di Elisabetta e di come essi si intersecano con l’oggi. Dell’attualità della Renzi:

“La presenza delle Maestre Pie oggi, come vuole Madre Elisabetta, con il loro sorriso, con la loro ingenuità, talvolta con la loro organizzazione che fa leva sui movimenti che sono composti anche da laici, riescono a fare da volano in un momento di stanchezza come quello in cui viviamo. È sotto gli occhi di tutti che le istituzioni vanno perdendo, ogni giorno, quella forza, quel ruolo che dovrebbero mantenere per vivificare il quotidiano. Acquistano, invece, sempre più spazio quelle associazioni finalizzate al dialogo, alla cultura, senza secondi fini o ambizioni politiche.
Ho pubblicato le Povere del Crocifisso in occasione della proclamazione di Madre Elisabetta Renzi patrona dei tre Comuni di Mondaino, Saludecio, Montegridolfo. Quel 30 marzo 2001 è rimasto impresso non solo nel cuore e nella mente di quanti erano presenti quella sera, ma anche dei molti che ne hanno sentito parlare. Non è stato facile far firmare a tre Consigli Comunali, due all’unanimità, uno a maggioranza, che Madre Elisabetta diventasse patrona dei tre Comuni quando questi avevano già i loro patroni. Qualcuno aveva interpretato questa iniziativa come un voler sminuire il valore dei Santi già venerati e solo adesso si va comprendendo qual è il vero significato dell’iniziativa. (…).
Tornando alle Povere del Crocifisso ritirate in Coriano nel 1829 e alla loro Regola, in essa si ripete per ben tre volte la parola “allegramente”. Quando le maestre Pie organizzano la festa in piazza a Mondaino, si sente cantare: “sii allegra perché Dio ti ama”. Questa frase colpisce sempre tanto, soprattutto in tempi come i nostri in cui non si è più capaci di buonumore (…). Il testo della Regola continua indicando alle Povere tre massime. La prima: bisogna essere morta al mondo. La seconda: bisogna essere morta a se stessa. La terza: bisogna vivere soltanto per Gesù Crocifisso. Nella lettera inviata alla badessa del convento di Mondaino, Madre Elisabetta descrive la bellezza di stare in cella col suo crocifisso, con il suo sposo. Come nel cantico dei cantici, si descrive la gioia di parlare con Lui e di sentirsi rispondere. È probabile che Madre Elisabetta abbia scritto alla Abbadessa ricordando, ai tempi in cui era educanda, le celle del monastero di clausura. Trattato anche il distacco dalle vanità del mondo: esso produce un portamento ispirato alla modestia. Mi ha colpito molto questa parola perché la modestia di chi è grande di spirito è una virtù straordinaria, è un po’ come la donna angelica dantesca; l’umiltà delle maestre, è mettersi in colloquium; è un dialogare, senza distinguere chi sta da una parte o sta dall’altra; è un riuscire ad andare avanti insieme. Continua la riflessione sul distacco degli interessi del mondo. Purtroppo la mentalità di programmare e di pianificare, il pragmatismo, ci impongono la ferrea legge di monetizzare tutto: quando ci alziamo monetizziamo: monetizziamo quando andiamo a lavorare; quando consumiamo, monetizziamo fino a quando andiamo a riposare. Il quattrino è diventato un dio; è la caratteristica del nostro tempo. Madre Elisabetta invece ammonisce: “L’amore grande è una povertà; la Povera del Crocifisso, non deve avere il dominio di cosa alcuna, ma soltanto appena, l’uso di ciò che è necessario, diversamente diventerebbe povera e schiava dell’interesse, darebbe a conoscere che confidasse più nelle sue mani che nella Divina Provvidenza”. Segue la riflessione sull’ubbidienza: essa ancora una volta, deve essere allegra. Sembra un contrasto e una contraddizione il fatto che si possa ubbidire allegramente; l’ubbidienza, infatti, comprende una certa rinuncia alla propria iniziativa; richiede il riconoscimento gerarchico; “Ubbidite allegramente, non dimostrate il minimo rincrescimento ma subito occupatevi ad ubbidire con tutta l’allegrezza dello spirito. Iddio ama assai quelle anime che lo servono allegramente, e la Povera scacci da sé ogni spirito di malinconia, come tentazione diabolica che rende lo spirito inoperoso, pesante inquieto, molesto, non meno a se stesso che gli altri. La malinconia produce presto i più gravi disordini e precipizi, l’allegrezza di spirito è la via più sicura e più breve alla perfezione. Un’anima che sia morta al proprio giudizio e alla propria volontà non può avere motivo di rattristarsi, perché spogliata di se medesima, vive abbandonata a Dio, allegrezza e giovialità siano compagne indivisibili della Povera del Crocifisso”. (…).
Per concludere, sulla personalità di Elisabetta Renzi, risulta utile quanto sintetizzato riguardo alle sue virtù nella “Positio”: purità di integrazione nel mirare unicamente alla gloria di Dio; grande spirito di umiltà; distacco da se stessa, che si rivela nella sua piena disponibilità al Vescovo e nella dipendenza alla Canossa; distacco dai suoi beni che mette a disposizione dell’opera; spirito di intraprendenza nel procurare gli aiuti spirituali alle suore, nell’incoraggiare alla fiducia, nel curare la formazione delle giovani, nel consolidamento della Casa di Sogliano, nella fondazione dell’Istituto…Coraggio e forza d’animo nelle difficoltà e anche fermezza con chi ostacola l’opera educativa. Senza dubbio, questo spirito della Valconca costituisce, nel tempo, un modello che non teme confronti”.