Educazione sessuale nelle scuole.
Se non si trattasse di una cosa estremamente seria, infatti, verrebbe da sorridere pensando ai pasticci e ai dietrofront politici su divieti e consenso in particolare nelle secondarie di primo grado.
E nello stesso tempo ci sarebbe da riflettere sul livello della discussione in Parlamento, con il ministro dell’Istruzione che sbotta indignato e opposizioni che si offendono, sullo sfondo di uno scontro che sembra ideologico e lontano dalla realtà.
Nell’aula della Camera il ministro Valditara si è trovato ad alzare la voce: “È stato detto che con questo disegno di legge impediremmo l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, di informare i nostri giovani sui rischi delle malattie sessualmente trasmesse. È stato sfruttato un tema così delicato, sono indignato che abbiate detto che questa legge impedisca la lotta contro i femminicidi”.
E infine: “Vergognatevi, tutto questo non c’è in questa legge”. Toni forti e facce offese. Per Valditara il ddl “non indebolisce in alcun modo la lotta contro i femminicidi. Anzi, nei nostri programmi ribadiamo la centralità dell’educazione alla lotta contro la violenza di genere e ai femminicidi”.
Ma davvero è questo in ballo quando si parla di educazione sessuale a scuola?
Certo una buona informazione e un accompagnamento educativo sui temi della sessualità e dell’affettività combatte anche le discriminazioni, le violenze e, se vogliamo, anche i femminicidi. Ma la questione più importante è un’altra: se la scuola non si occupa adeguatamente dei temi dell’affettività e della relazione, che riguardano anche l’ambito sessuale – naturalmente con le delicatezze dovute alle diverse età e con il personale adeguatamente formato – chi e dove se ne può occupare? Le famiglie? Certo, ma è sotto gli occhi di tutti quanto siano in difficoltà.
Così come tutti sanno bene che spesso l’informazione sessuale – si può parlare di educazione? – finisce per essere relegata quasi esclusivamente ai siti internet, ai social, alle chat tra gruppi di pari, con le conseguenze che non di rado finiscono in cronaca.
Ebbene, questa è la posta in gioco. Cosa può offrire la scuola? Come può aiutare a crescere la persona integrale? A partire dai più piccoli e senza sovrapporre a questo compito indispensabile le paure ideologiche del gender o lo spauracchio delle violenze.
Formiamo gli insegnanti, offriamo l’opportunità di fruire di esperti e competenze specifiche. La scuola ha le risorse culturali e scientifiche per affrontare bene anche i temi più delicati.
E le famiglie, certo, vanno informate. E forse educate anch’esse.
Alberto Campoleoni

