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È tempo di laici evangelizzatori

Sembrava destinata a rimanere una piccola parrocchia di campagna, dopo lo sviluppo turistico e urbanistico del Litorale, invece oggi Bordonchio rischia di esplodere di “popolazione”: negli ultimi 20 anni sono arrivati 3.300 nuovi parrocchiani che, aggiunti ai 3.200 già residenti, sommano a 6500.
Con una parrocchia di tali proporzioni bisogna fare tutto nuovo: nuova la chiesa, perché la settecentesca pieve è diventata insufficiente, nuove le strutture parrocchiali per accogliere gruppi e attività varie, nuovo l’impegno pastorale di sacerdoti e laici …
“E nuovo ci vorrebbe anche il parroco – sostiene don Enzo Gobbi, tra il serio ed il faceto – Ormai per me gli anni si fanno sentire e le esigenze di lavoro pastorale si intensificano ogni giorno”.

Ma don Enzo ha con sé un valido collaboratore, don Emanuele, un sacerdote della Repubblica Democratica del Congo, “prestato” per tre anni alla nostra Chiesa e a questa parrocchia.
“Sono contento di essere qui – dice col suo sorriso tipicamente africano – sono contento di restituire alla Chiesa italiana quella fede che già da secoli si è impegnata a portare in Africa coi missionari. E spero anche che dopo i primi tre anni il mio Vescovo voglia rinnovare l’accordo col Vescovo di Rimini per altri tre anni”.

Torniamo a don Enzo e affrontiamo con lui le sfide pastorali più urgenti e più impegnative nate da questa nuova inarrestabile situazione.
“Il sentirci amati da Dio, anzi «immersi nel suo amore», ci fa accettare serenamente i nostri limiti e le nostre inadeguatezze, ci riempie di fiducia e ci mobilita sul piano pastorale. Così l’intenso sviluppo demografico della nostra comunità, dovuto a famiglie prevalentemente giovani, vogliamo leggerlo come un dono del suo amore, in quanto può aumentare le potenzialità della parrocchia. Nello stesso tempo è per noi anche una sfida, una grande occasione per l’evangelizzazione”.

Per una nuova evangelizzazione, o semplicemente per un lavoro più ampio di evangelizzazione, ci vogliono forze nuove, laici impegnati e preparati …
“È fuori di ogni dubbio. Ma in questi anni, grazie a Dio, laici di buona volontà e anche qualificati ne sono venuti allo scoperto tanti: basti pensare che solo i catechisti sono una quarantina. Per facilitare poi i contatti con la popolazione, e soprattutto con le nuove famiglie, abbiamo frazionato la parrocchia in nove zone e stiamo suscitando degli animatori in loco per portare la Chiesa vicino alla gente. Anche nell’area giovanile possiamo contare sulla collaborazione di una dozzina di educatori, mentre gli scout (che sono una realtà interparrocchiale) hanno i loro Capi”.

Ma i preti riescono a rispondere a tutte le esigenze pastorali?
“Cerchiamo di mettercela tutta. Certamente negli ultimi anni la costruzione delle nuove strutture parrocchiali mi ha tenuto molto occupato, anche a discapito del rapporto con le famiglie; ma la gente capisce quando ci sono dei problemi e sa recuperare i rapporti per altre vie. Ho la sensazione che le persone abbiano un atteggiamento positivo, di fiducia e di attesa nei confronti della parrocchia: questo crea un clima che incoraggia il lavoro pastorale. C’è un aspetto del rapporto con le famiglie che ultimamente abbiamo un po’ allentato: le benedizioni pasquali. Ma da quest’anno abbiamo già in programma di recuperare: don Emanuele incomincerà la visita alla fine di novembre, mentre io comincerò a gennaio. Ma anche con tutta la nostra buona volontà non riusciamo ogni anno a visitarle tutte … speriamo nei due terzi”.

Per chi era stato a Bordonchio solo tanti anni fa, quando c’era solo l’antica e piccola chiesa, è una sorpresa trovarsi di fronte questa splendida e modernissima struttura…
“Venticinque anni fa la nostra parrocchia non aveva quasi nulla. Oggi, grazie al Signore, abbiamo chiesa nuova, teatro di un certo livello, sala per le feste, campi sportivi e molti spazi necessari per la vita pastorale di una parrocchia di notevoli dimensioni. Queste strutture qualificano anche il servizio che la parrocchia offre al territorio, si integrano e completano i servizi pubblici e privati esistenti. Credo che il Signore abbia voluto e voglia le opere che abbiamo fatto. Ci ha dato il coraggio della fede per questo grande progetto. Quello che abbiamo fatto significa speranza e investimento per il futuro della parrocchia e della fede cristiana nella nostra zona. Fiducia nel Signore, ma anche nei parrocchiani, perché apprezzino, amino la propria casa e si coinvolgano anche nella gestione amministrativa delle strutture necessarie alla vita della comunità”.

La chiesa con la “c” minuscola c’è. Quella con la “C” maiuscola come funziona?
“Guardando l’insieme della parrocchia si vanno delineando con sempre maggiore evidenza due livelli di vita cristiana: il primo è costituito da quella che possiamo chiamare «comunità eucaristica», formata da coloro che si riuniscono con assiduità per la celebrazione domenicale e partecipano alla vita della parrocchia nelle sue varie articolazioni. L’altro livello comprende tutti gli altri battezzati che hanno un rapporto poco significativo con la comunità ecclesiale, che incontrano in modo occasionale, sporadico o nella grandi solennità. Mentre i primi portano avanti un cammino spirituale incentrato sulla Parola di Dio e la Liturgia, si incontrano, comunicano … gli altri vivono un po’ ai margini dimenticando la loro identità battesimale, dando la fede per scontata, finendo spesso nella indifferenza religiosa. Ma non è forse un problema di tutte le parrocchie?”.

Cosa si può fare?
“Incominciamo col rendere maggiormente cosciente la comunità eucaristica ad essere missionaria, a sentirsi soggetto di testimonianza, di annuncio e di proposta, soprattutto verso quelle persone che dimostrano qualche segno di interesse, qualche desiderio. Occorre che i cristiani siano messi in grado di diventare evangelizzatori, trovando motivazioni, sostegno, incoraggiamento e anche il metodo giusto.

“Evangelizzatori”, una parola grossa. Come possono i laici diventare evangelizzatori?
“Bisogna che proprio i laici cambino un poco strategia. Noi sacerdoti siamo abituati al metodo che possiamo chiamare «omiletico»: partire dalla parola di Dio per arrivare alla vita delle persone. Mi pare che questa forma non sia adeguata alla sensibilità dell’uomo di oggi, poco attenta al vissuto delle persone. Senza perdere di vista il messaggio che vogliamo proporre, dobbiamo privilegiare il dialogo, con grande attenzione all’aspetto esistenziale dei nostri interlocutori, senza troppa fretta di fare loro l’annuncio cristiano. Proprio come ha fatto Gesù sulla strada di Emmaus: è andato lui a cercare i due discepoli, ha camminato con loro, ha guardato loro in faccia, si è preoccupato della loro tristezza, ha fatto domande per capire ciò che avevano nel cuore, li ha lasciati parlare … Solo alla fine ha presentato loro le Scritture. Questa di Gesù mi sembra una strategia necessaria anche per gli uomini di oggi”.
E porterà sicuramente i suoi frutti anche a Bordonchio.

Egidio Brigliadori