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‘Domani faccio la brava. Donne, madri nelle carceri italiane’: la mostra di volti e sguardi di fragilità e riscatto

Oggi che è il giorno dell’amore, doniamo un piccolo segnale di conforto nei confronti delle persone che stanno soffrendo dietro le sbarre”, ci tiene a sottolineare il fotoreporter ravennate Gianpiero Corelli che nel corso di un lavoro lungo, complesso e itinerante ha voluto dare visibilità e luce ad un mondo che poco si conosce: la condizione delle donne recluse in istituti penitenziari. 

Primi piani, figure intere, campi lunghi, diritti o di sbieco. Bianco e nero e colori. Lo sguardo viaggia, immagina. Dentro la cornice fotografica si srotola un mondo che è interno ed esterno. I soggetti ritratti sono sempre reclusi, dietro le sbarre, negli spazi di un carcere. Sono le protagoniste di Domani faccio la brava. Donne, madri nelle carceri italiane. 

Il progetto fotografico dopo essere stato ospitato nei mesi scorsi in diverse città italiane tra cui Bologna, nella sede dell’assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna, Ravenna e Cesena arriva a Rimini, negli spazi dell’ala moderna del Museo della città (ingresso da via Luigi Tonini, 1).

E sarà visitabile, con ingresso libero, tutti i giorni nel pomeriggio dalle 16 alle 19 (escluso il lunedì), fino al 10 marzo. 

A presentarlo oggi, 14 febbraio, assieme a Corelli erano presenti anche la presidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna Emma Petitti; il vescovo di Rimini monsignor Nicolò Anselmi; la vice sindaca e assessora alle Pari opportunità Chiara Bellini; l’assessora alle Politiche di genere e giovanili Francesca Mattei; Palma Mercurio, direttrice della Casa circondariale di Rimini; Cinzia Ligabue, presidente di Donne Impresa Confartigianato Emilia-Romagna, e Cristina Vizzini, presidente di Donne Impresa Confartigianato Rimini. 

Questa mostra è un vero e proprio regalo alla città di Rimini – si congratula la vicesindaca Chiara Bellini – perché ci consente di entrare virtualmente all’interno delle carceri femminili d’Italia, di metterci a confronto con queste realtà, con le storie di queste donne e dunque di rifletterci. Queste immagini ci comunicano informazioni e delle emozioni importanti che toccano in noi corde molto profonde. Questi volti raccontano storie di fragilità, di fallimenti, ma anche di rinascita e ripresa. Ringrazio Giampiero Corelli per il suo occhio artistico, perché non è sufficiente documentare una situazione, questa è una mostra di denuncia anche, una mostra politica”.

Grazie a queste immagini emergono tutte le criticità che sono purtroppo il patrimonio culturale che noi dobbiamo sempre di più socializzare con la nostra comunità. – fanno eco anche le parole di Emma Petitti, presidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna – Oggi abbiamo 3600 detenuti in regione, di cui 149 donne, è importante mettere al centro quelle che sono le cause che spesso vengono rimosse, cause sociali, culturali ed economiche in cui queste persone si trovano nel momento in cui devono affrontare la pena e l’esperienza del carcere: questa mostra è un buon punto di partenza”. 

Le immagini di Corelli dimostrano che poco o niente è cambiato nelle carceri femminili nel corso degli ultimi venti anni. Il percorso ha inizio con il racconto in bianco e nero della vita negli istituti penitenziari femminili visitati dal fotoreporter tra il 2007 e il 2018; nella seconda parte del percorso espositivo si trovano invece le fotografie realizzate tra il 2021 e il 2022. La mostra si contraddistinge per la scelta stilitica che dal bianco e nero dei primi reportage passa al colore, ma rimane l’obiettivo centrale dell’obiettivo di Corelli: raccontare la vita oltre le sbarre, storie di vita e di emozioni delle carcerate e del personale penitenziario, volti di donne e madri che parlano di emarginazione e dolore, ma anche di solidarietà e sorellanza.

Questi sguardi che ci entrano dentro aprono veramente una finestra che noi tendiamo a tenere chiusa su delle persone che poi sono persone come noi.  – incentiva il Vescovo di Rimini, mons. Nicolò Anselmi – E’ bello guardare questi fratelli e sorelle e far il possibile affinché possano riprendere il cammino insieme a noi. Anche il tema di riaccoglienza del dopo carcere dovrebbe essere più forte nel nostro cuore”. 

Le donne in carcere sono più difficili da gestire. – sorride Palma Mercurio, direttrice del carcere di Rimini – La donna crea, organizza, cura, incoraggia gli altri. Dietro gli sguardi che vedete nelle immagini scattate da Gianpiero, ci sono persone che lottano, che pretendono, reclamano i propri diritti, sanno ciò che le compete. L’uomo detenuto invece si deve fare aiutare, è una persona da accudire, accogliere, sistemare”. 

Riuscire a lavorare per abbattere i pregiudizi anche delle nuove generazioni è fondamentale, – incalza Francesca Mattei, assessore alle Politiche di genere e giovanili – è una forma di educazione essenziale. Le generazioni di oggi sono molto sensibili, ma c’è ancora tanto da fare. Mi auguro che molti giovani si facciano avanti, chi autonomamente o chi con il supporto scolastico, a visitare questa mostra che tanto ha da dire anche e soprattutto a loro”. 

A concludere il percorso anche un cortometraggio con interviste realizzate da Giampiero Corelli a diverse detenute delle carceri da lui visitate e realizzato con il montaggio a cura del fotografo e filmaker Massimo Salvucci.

Nella giornata di giovedì 22 febbraio (ore 17) è inoltre in programma un convegno dal titolo Donne e carcere. Il lavoro come riscatto.