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Dittico rossiniano

Una scena dello spettacolo - Ph Amati Bacciardi

Al ROF La cambiale di matrimonio, farsa comica di Rossini, in abbinamento alle Soirées Musicales 

PESARO, 11 agosto 2025 – Collocandosi in controtendenza rispetto a quello che oggi fanno tanti teatri, ormai avvezzi a scorporare anche i dittici più collaudati, il ROF ha abbinato – in un’unica serata – La cambiale di matrimonio, che di solito viene messa in scena singolarmente, a varie pagine vocali di Rossini: un binomio che potrebbe fungere da modello.

Pietro Spagnoli (Tobia Mill) – Ph Amati Bacciardi

La farsa su libretto di Gaetano Rossi è stata riproposta nell’allestimento di Laurence Dale, già andato in scena nel 2020 in piena pandemia, quando gli interpreti – per mantenere la distanza di sicurezza – occupavano l’intera platea del Teatro Rossini. Rivisto secondo le giuste proporzioni, e ricollocato sul palco, lo spettacolo certamente ci guadagna, facendo risaltare la sua accurata confezione: non particolarmente originale, ma sempre rispettosa della musica. Peraltro è più che sufficiente assecondare il meccanismo – già ben rodato sul piano teatrale – di quest’opera, nonostante sia stato il primo titolo del diciottenne compositore ad arrivare in palcoscenico (1810). È verosimile, del resto, che il giovane Rossini avesse in mente  il modello del Matrimonio segreto, qui rintracciabile nell’ingresso del canadese Slook e nel duetto dei due buffi.
Grazie anche al contributo di Gary McCann, che firma scene e costumi, la regia si adopera dunque ad assecondare l’esilarante ingranaggio e, come unica trovata, inserisce un gigantesco orso arrivato al seguito di Slook: vinto l’iniziale spavento suscitato negli ospiti, l’animale però s’integrerà perfettamente nella cucina del padrone di casa, come aiuto cuoco.

Fondamentale alla riuscita dello spettacolo il cast ben affiatato, sotto la guida di Christopher Franklin: una bacchetta che ha impresso andamento vivace e ritmo sostenuto (sempre corretta la risposta della Filarmonica Gioachino Rossini), senza che i volumi orchestrali andassero mai a scapito del palcoscenico. Del tutto a suo agio nelle vesti di ‘buffo parlante’, l’ottimo Pietro Spagnoli ha disegnato uno spassoso Tobia Mill grazie a un’emissione sempre sonora e mai forzata: nella spiritosissima “aria del mappamondo” (uno di quei colpi di genio di Rossini mai abbastanza elogiati) come nella sfida lanciata al suo ospite americano. Interprete di Slook – in questo caso si tratta di ‘buffo cantante’ – Mattia Olivieri ha dimostrato disinvoltura vocale e scenica, anche se mezzi più sostanziosi avrebbe forse giovato a rendere irresistibile lo scontro tra i due personaggi comici.
Entrambi soprani qui le due donne. Paola Leoci è stata una Fanni piena di verve scenica e sempre a suo agio nelle agilità della virtuosistica aria finale. Inés Lorans ha invece interpretato Clarina, la seconda donna: il ruolo, più spesso affidato a un mezzosoprano, perde così  un po’ della sua sensualità – che dovrebbe trapelare dall’aria Anch’io son giovane – e fa virare il personaggio nell’ennesima declinazione di soubrette. Disinvolto in scena e aggraziato nel canto il tenore Jack Swanson, impegnato nel classico ruolo dell’amoroso. Infine Norton, il contabile di casa, era un inappuntabile Ramiro Maturana: basso-baritono dall’emissione facile e attore sempre convincente.

Nella prima parte della serata era stata invece eseguita una silloge di brani – in totale dodici – tratti dalle Soirées musicales: nate per pianoforte e qui proposte in una versione per voce e orchestra da camera, curata da Fabio Maestri, non nuovo a operazioni di questo genere. Grazie anche all’introduzione di strumenti che Rossini non aveva mai utilizzato, e che neppure esistevano alla sua epoca, la musica svela una sbalorditiva varietà. L’operazione appare illuminante, anche perché permette di scorgere in questi brani – minimizzati dal suo autore come sciocchezzuole salottiere – quei germi di novità che verranno sviluppati da altri compositori in futuro, fino ad arrivare al novecento di Britten (le cui rielaborazioni rossiniane hanno fatto scuola).

L’onere maggiore dell’esecuzione vocale era affidato al soprano Vittoriana De Amicis e al tenore Paolo Nevi, cui si sono occasionalmente affiancati il mezzosoprano Andrea Niño e il baritono Gurgen Baveyan. Tutti interpreti scrupolosi e corretti, anche se queste pagine disincantate e senza apparente impegno richiederebbero, forse,  di essere cantate con una certa nonchalance e leggerezza. Un distacco che riescono ad avere più spesso i vecchi leoni in fine carriera che le giovani promesse.

Giulia  Vannoni