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Dire sì alla vita

campo profughi lipa

Assenti, siamo assenti, troppo assenti.

Eppure accade a poche centinaia di km da noi, al di là del mare. Come, sempre in Bosnia, ai tempi dell’assedio di Sarajevo.

C’erano voluti quattro anni (dal 1992 al 1996) di violenze e sofferenze, perché finalmente l’Europa e l’Onu decidessero di intervenire. Oggi meno di un migliaio di persone, molti minori (addirittura 50 non accompagnati, secondo Save the Children) sono bloccati in un campo profughi, a Lipa, sui monti fra Bosnia e Croazia, esposti a freddo e fame, respinti, ricacciati indietro, anche con violenza, dalle polizie croate e slovene, quasi fossero i peggiori delinquenti.

Donne, uomini e bambini che scappano da Afghanistan e Siria, che hanno la sola colpa di essere nati lì, dove i potenti del mondo hanno trasferito le loro guerre. E l’Europa, culla dei diritti umani, che fa? Come accade spesso per Italia e Spagna, lascia che il lavoro sporco lo facciano altri, oggi i croati e sloveni, quasi
non fosse problema di tutti.

In questo caso, una drammatica emergenza umanitaria, che oltretutto riguarda non più di un migliaio di persone. Mi fa sorridere (ma invero è più una smorfia) il ricordo dei boat people, il migliaio di vietnamiti, che per pressione umanitaria dell’opinione pubblica, furono salvati dalle navi militari italiane nel mar della Cina (!) nel 1979.

campo profughi lipaIn questi mesi abbiamo fatto finta di nulla, ignorando il dramma di queste persone bloccate in una situazione senza via di uscita. Il problema è sempre lo stesso: migliaia di profughi e migranti che vorrebbero entrare nell’Unione Europea (UE) e dall’altra parte l’UE, che, a parole, è accogliente, ma poi scarica sui singoli paesi di frontiera la situazione. La verità è che i migranti non li vuole nessuno. Non li vuole l’UE che semmai spende soldi per tenerli fuori (vedi Turchia e Libia); non li vuole la Bosnia, in gravissime difficoltà economiche e sociali che fatica già a gestire; non li vuole la Croazia, che come primo paese di ingresso europeo si troverebbe, nelle regole attuali, a dover gestire e a farsi carico dell’emergenza, con la paura che aprire la porta a pochi significhi l’invasione…

Ghiaccio, freddo, fame e violenze della polizia, inopinatamente possono ora aprire alla soluzione del dramma di quei poveretti, perché i nostri sonni non sono più tranquilli e la coscienza ci rimprovera, ogni giorno di più, di non riconoscere in loro delle persone, prima che dei problemi; persone, in carne e ossa, che scappano dalla fame e dalla guerra, oggi costrette ad una situazione inumana.

Non ci si può più sottrarre alla propria umanità.

Non potremmo più volgere lo sguardo neppure alle persone a cui vogliamo bene, senza vergognarci della nostra indifferenza. Ma, mentre è auspicabile che la situazione di questi 900 profughi si risolva positivamente, se l’Europa non si darà regole certe e comuni di accoglienza, presto nuove emergenze umanitarie saranno alle porte.