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Diabete e bimbi: in campeggio per imparare a conviverci

DIABETE

Tutto inizia quando Marco ha appena cinque anni. Una notte la mamma lo sente alzarsi per andar a far pipì. Una, due, tre volte. Pensa sia un caso. Poi, però, la situazione si ripete anche nei giorni successivi. Non solo, Marco inizia a lamentarsi. Dice che gli fa male la pancia, mangia svogliatamente, beve tantissima acqua e spesso si addormenta. Preoccupata lo porta dal pediatra che, sentiti i sintomi e dopo una visita, la invita a fargli fare degli esami specifici. Il responso non lascia dubbi: Marco è affetto da diabete di tipo 1, una malattia cronica caratterizzata da iperglicemia, ossia da un aumento dello zucchero (glucosio) nel sangue, a sua volta causato da una carenza (assoluta o relativa) di insulina nell’organismo umano. Una malattia che costringe il bambino a farsi almeno quattro iniezioni al giorno, con tutto il disagio psicologico e fisico che questo può comportare. Un disagio con il quale, però, il bambino deve subito prendere confidenza. Proprio per questo circa 30 anni fa, a Rimini, è nata un’iniziativa molto particolare: un campeggio aperto esclusivamente a questi bambini. L’ultimo, in ordine di tempo, è andato in scena dal 10 al 16 giugno. Un’ottantina di bambini e adolescenti, tra cui 18 riminesi tra i 9 e i 12 anni, sono stati in Salento, più precisamente a Torre Guaceto. L’iniziativa, sostenuta dalla Regione, è coordinata dai diabetologi pediatrici dell’Ausl Romagna.
“Lo spirito è quello di aiutare i bambini ad essere più consapevoli della loro condizione – sottolinea il dottor Alberto Marsciani, pediatra e tra i primi a lanciare l’iniziativa – e a diventare autonomi nella gestione del diabete”.
Cardine di questa cura è l’autocontrollo del paziente stesso.
“Perciò, non appena l’età lo permette cerchiamo di introdurre i bambini a questo percorso di apprendimento dei capisaldi della terapia del diabete, per insegnare loro come autogestire la propria malattia. Questo vuol dire saper decidere le dosi di insulina da fare in base alla propria dieta e attività fisica quotidiana”.
Spesso si tratta della prima esperienza in autonomia rispetto alle cure dei genitori: come la affrontano i bambini?
“Il campeggio è concepito con una finalità sicuramente educativa, ma per i bambini è innanzitutto una vacanza. Si punta a creare un ambiente bello in cui imparano ad essere più responsabili della propria condizione, ma divertendosi in compagnia di tanti coetanei. Soprattutto questa è anche un’occasione che permette al bambino di sentirsi meno solo nella propria condizione. Spesso, infatti, capita che nella sua classe il bambino sia l’unico con questo disturbo. Nei nostri campi invece, ha la possibilità di confrontarsi rispetto al proprio vissuto con coetanei che convivono con la stessa malattia e di aumentare così la propria sicurezza e autostima”.
Una vacanza che insegna ai giovani diabetici ad essere consapevoli della propria condizione e ad agire di conseguenza. Il tutto in autonomia rispetto alle cure che fino a solo una settimana prima erano affidate ai genitori. Grazie alla presenza di un’equipe curante multidisciplinare, imparano a seguire la terapia più idonea alle proprie esigenze di vita e al proprio personale tipo di diabete.
Il campeggio estivo è però solo una delle iniziative realizzate da questo progetto.
Durante l’anno, infatti, vengono organizzati incontri periodici in cui si affrontano diversi temi didattici e i ragazzi possono rimanere in contatto tra loro. Per i bambini più piccoli, da 1 a 6 anni, è previsto almeno un fine settimana all’anno di convivenza con i loro genitori, che quest’anno si svolgerà nell’Appennino Tosco-Romagnolo. Invece per gli adolescenti si organizzano momenti aggregativi in cui si affrontano tematiche più interessanti per la loro età che vanno dalla gestione di un aperitivo, ai rapporti affettivi, passando per l’ingresso nel mondo del lavoro.
Il tutto sempre per giungere a un comune obiettivo: “rendere tutto il più naturale e normale possibile e permettere di vivere a pieno titolo una quotidianità uguale a quella di tutti gli altri coetanei”.

Nicole Ranaldi