Di lavoro si continua a morire

    Caduti dalle impalcature, o schiacciati sotto una pressa, soffocati da un rullo trasportatore o uccisi da un’esplosione, o deceduti nel tragitto casa lavoro. In Italia sono 928mila gli infortuni sul lavoro, di cui 33.232 in Emilia Romagna e 10.163 circa nella provincia di Rimini (ultimi dati ufficiali Inail per il 2006). Sul totale “Cinfortuni a Rimini, il 40% si sono registrati nel settore del terziario, il 12% nel settore costruzioni e il 16% nel manifatturiero. Gli incidenti mortali sono stati: 5 nel 2004, 8 nel 2005, 14 nel 2006 e 4 nel 2007, mentre per il 2008 si sono già registrati due decessi in due mesi. Giovane, extracomunitario, precario con mansioni rischiose, meno tutele, poca o zero formazione, mancata conoscenza dei pericoli, questo il profilo dell’infortunato. Nel 2006 i controlli dell’Ausl in provincia erano stati 320 con il riscontro di un 85% di irregolarità. Insomma, la piaga degli incidenti sul lavoro è ancora terribilmente aperta.
    L’assessore riminese alle Politiche del lavoro, Annamaria Fiori, ci parla di un protocollo del 2003 firmato dagli enti preposti alla vigilanza per far rispettare la sicurezza e far emergere il lavoro nero e di un ulteriore accordo tra azienda Ausl e Comune, che in questo ultimo anno ha prodotto ottimi risultati.
    “Come assessorato abbiamo il compito di raccogliere i dati e di fare analisi su quanto emerso. Il lavoro sul campo viene svolto dalla Polizia Municipale, su chiamata, quando viene richiesto da parte dell’Ispettorato del Lavoro o dall’Ausl, che riconoscono però a noi l’importanza di attivare verifiche e controlli, soprattutto anche per quanto riguarda il lavoro nero. La Polizia Municipale opera in special modo nei luoghi dove il Comune delega o appalta servizi, come le case di riposo, e i centri estivi, per verificare la regolarità conmtrattuale”.
    Nel 2007 sono stati 82 i controlli complessivi dell’Amministrazione, di cui 30 nei cantieri edili e nei pubblici esercizi, 9 ad opere pubbliche o appalti di competenze comunale, altri 17 presso case di riposo e centri estivi (rispetto alla regolarità del personale), oltre a 26 ditte individuali. Riscontrati 17 lavoratori in nero e due clandestini. Ma sugli 82 controlli sono state ben 98 le violazioni alla normativa in materia di lavoro a carattere penale e 40 a carattere amministrativo.
    “Quindi sono stati riscontrati più reati in un unico intervento. I verbali però vengono redatti dall’Ispettorato del lavoro o dall’Ausl, in quanto la Polizia Municipale non ha competenze specifiche, anche con il protocollo del 2003”.
    C’è però una nota dolente: il protocollo prevedeva un gruppo di agenti preparati in modo specifico, con l’occhio vigile e allenato su eventuali irregolarità e reati, ma i controlli sono tanti e non altrettanto gli “ispettori” che si devono dividere tra questo compito e gli altri servizi a cui sono normalmente destinati. Purtroppo la Polizia Municipale lamenta da tempo problemi di organico, ridotto ormai all’osso come sostengono alcuni addetti ai lavori.

    I sindacati
    A proposito di verifiche, i sindacati chiedono organi di vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza, più risorse per il controllo nei luoghi di lavoro e repressione dei comportamenti illegali.
    “Edilizia e costruzioni restano i settori dove si verificano più incidenti mortali. Sappiamo che gli infortuni colpiscono di più i lavoratori extracomunitari e precari, che svolgono mansioni rischiose e meno tutelate senza avere un’adeguata formazione e conoscenza dei pericoli a cui sono sottoposti, – conferma Graziano Urbinati della Cgil riminese – ma la mancanza di controlli e regimi di lavoro sempre più pressanti, finiscono per coinvolgere nel fenomeno della mancanza di sicurezza lavoratori di ogni ordine e grado: dal muratore all’impiegato di banca, agli insegnanti, agli operatori sanitari. E i dati forniti annualmente dall’Inail non coprono il lavoro sommerso, purtroppo molto diffuso in provincia. Non ci dicono neppure se ci sono delle mancate denunce (malattie, anziché infortuni). Inoltre può accadere che lavoratori sotto ricatto datoriale possano denunciare un malattia anziché un infortunio”.

    Strade assassine
    E poi c’è il problema della mobilità-viabilità, la frammentazione produttiva e dei servizi, il sistema delle forniture esterne alle imprese, la produzione “giusto in tempo” che determina un uso intensivo dei mezzi di trasporto e delle nostre strade.
    “La mancata razionalizzazione delle aree produttive e di adeguati servizi ai lavoratori, – continua Urbinati – come la mancanza delle mense interaziendali nelle aree produttive, è un’altra situazione che produce un alto numero di infortuni in itinere, cioè, casa-lavoro, spesso anche mortali”.
    Oltre il 12% quelli su strada. Un record a livello regionale di cui non vantarsi.

    Cinzia Sartini