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Dei delitti e delle pene

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Come molti sapranno, c’è la realtà e poi c’è la percezione della realtà. Non sempre le due coincidono. Anzi, quasi mai. Perché la prima si basa su fatti e dati certificati da enti accreditati (per esempio l’Istat), la seconda su sensazioni, sentito dire, clamore mediatico, chiacchiere da bar.

Alimentando, spesso, paure che non hanno fondamento. Un esempio è quello dell’immigrazione.

Per alcuni gli immigrati sono addirittura arrivati ad essere un terzo della popolazione italiana, quando in realtà sono meno del dieci per cento. A parte i casi di buona fede, ingigantire e deformare certe informazioni ha il solo scopo di suscitare nella popolazione reazioni scomposte e allarmistiche, che tra l’altro non aiutano la soluzione dei problemi. È il caso dei ripetuti decreti sicurezza di questo governo. Ne abbiamo così tante, di leggi, che spesso si contraddicono tra loro e diventa arduo persino l’interpretazione. Se per combattere i reati fosse sufficiente il numero delle leggi, saremmo già a posto. Ma non è così. Anzi, spesso si rischia l’effetto contrario: i tribunali vengono intasati da piccoli reati, mentre quelli che contano e creano vero allarme economico-sociale vanno in prescrizione. Volete sapere quanti sono i colletti bianchi (manager, amministratori delegati, presidenti, direttori, ecc.) in carcere, condannati per reati economico-finanziari? Poco più di quattrocento, che rappresentano lo zero virgola della popolazione carceraria. In Francia e Spagna, per gli stessi reati, sono il cinque per cento, in Germania l’undici per cento. Premesso che la sicurezza è un bene pubblico, perché quando usciamo per strada vorremmo poter tornare a casa senza danni, la realtà, però, è che complessivamente, in Italia, dal 2018 al 2022, il totale dei reati denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria sono scesi da 2,4 a 2,3 milioni. Persino i furti sono diminuiti: da 1,2 milioni a 963 mila. Compresi quelli con destrezza (i borseggi): da 152 a 129 mila.

Una tendenza che si riscontra anche in Romagna, dove il totale dei delitti, nello stesso periodo (20182022) sono scesi da 15 a 14 mila in provincia di Forlì-Cesena, da 17 a 15 mila a Ravenna e da 22 a 21 mila a Rimini. Stesso andamento discendente per i furti con destrezza: da 900 a 500 a Forlì-Cesena, da 1000 a 700 a Ravenna e da 2,6 mila a 1,8 mila a Rimini. I furti nelle abitazioni, altro reato che suscita particolare allarme, sono diminuiti da 1,7 a 1,1 mila a Forlì-Cesena, da 2,5 a 1,2 mila a Ravenna e da 1,4 a 1,1 mila a Rimini. Purtroppo ce ne sono altri che al contrario sono aumentati, tanto a livello nazionale come locale. È il caso delle violenze sessuali contro le donne, che in Italia sono passate da 4,9 mila del 2018 a 6,3 mila nel 2022. E le frodi informatiche da 189 a 274 mila, sempre a livello nazionale. Due reati dove anche la Romagna dà il suo contributo: le violenze sessuali a Forlì-Cesena sono salite da 41 a 61, a Ravenna da 25 a 65, mentre a Rimini diminuivano da 55 a 53. Maggiore crescita per le frodi informatiche: da 1,0 a 1,4 mila a Forlì-Cesena; da 1,1 a 1,6 mila a Ravenna e da 1,0 a 1,8 mila a Rimini (tutti i dati sono fonte Istat). Ma per queste non sono previsti decreti particolari di contrasto. E allora?