Home Attualita Darsena, gli affari non vanno proprio… a gonfie vele

Darsena, gli affari non vanno proprio… a gonfie vele

Gli affari del porto turistico di Rimini, è proprio il caso di dirlo, non vanno a gonfie vele. Rispetto alle passate estati più floride, sono dimezzati i passaggi giornalieri di imbarcazioni e si è considerevolmente ridimensionato il volume degli affitti di posti barca. Lo stallo della riviera non è altro che un riflesso di ciò che sta avvenendo su scala nazionale e che investe tutto il comparto nautico, dalla cantieristica ai servizi portuali.

2012, anno del tracollo. Il 2012 è stato per tutta l’Italia l’anno del tracollo: il mercato dei diportisti (coloro che usano la barca per svago o per sport) è calato del 56% rispetto ai valori del 2009. Gli affitti di ormeggi annuali sono calati di un quarto e quelli giornalieri di un terzo. Una perdita stimata dall’Osservatorio nautico nazionale di circa 10mila posti di lavoro, ma c’è chi parla del doppio, considerando quanti erano un tempo coinvolti in tutta la filiera.
“La situazione è nera – decreta Giovanni Sorci, direttore del Marina di Rimini (la società che gestisce la darsena) – il comparto nautico è in crisi profonda. I cantieri navali di tutto il litorale nord, da Ancona a Trieste hanno chiuso perché non si vendono più barche in Italia, ma solo all’estero”.
Dal 2008 ad oggi, gli affitti degli ormeggi si sono inabissati: da 500 transiti estivi si sono ridotti a poco più di 200, con un volume d’affari calato di più di 100mila euro all’anno negli ultimi quattro anni, passando da 3milioni di euro a 2milioni e mezzo. Le vendite dei servizi portuali si sono addirittura azzerate. “Anche i colleghi dei Marina (porti turistici, ndr) limitrofi non hanno più richieste – prosegue Sorci – i possessori di barche grandi, superiori ai 20 metri, sono scappati tutti in Croazia, Slovenia e Grecia”.

Tutta colpa delle tasse. <+testo_band>La causa scatenante di tale migrazione marittima? <+cors>“La tassazione sulle barche e i controlli fiscali, un vero terrorismo nautico”.
Alla fine del 2011, con l’acuirsi della crisi economica, il governo passato stabilì una tassa di stazionamento per gli yacht naviganti in acque italiane, poi abbassata e corretta in tassa di possesso, “ma quando ormai era troppo tardi, perché le navi erano già tutte scappate all’estero. E i gestori di quei porti si sono fatti furbi, proponendo vantaggiosi contratti d’affitto biennale per tenerseli stretti”. Ecco perché oggi, passeggiando per i pontili del porto di Rimini o degli altri porti della riviera, lo specchio d’acqua riflette più l’azzurro del cielo che il bianco delle vele o degli scafi.
“Abbiamo 100 posti barca per il transito che non riempiremo mai. 220 ormeggi sono, invece, venduti principalmente a gente del posto, molti del club nautico. C’è anche chi viene dall’interno, come Bologna, Modena, Parma, Reggio-Emilia, Perugia…”.
Uno dei motivi principali per cui molti dall’entroterra hanno scelto Rimini è l’interesse per le tipicità della terraferma, infatti vengono soprattutto per soddisfare i piaceri gastronomici, in particolare quelli legati al pesce. I pontili più affollati sono quelli delle piccole barche (fino 10 metri). Crescendo di dimensione diminuisce la presenza. Le regole del redditometro hanno spaventato questi possessori di beni di lusso e tra di loro c’è chi si chiede come si possa fare di tutta l’erba un fascio.
“Esistono camper molto più costosi di certe imbarcazioni, ma questi non sono soggetti alle stesse regole e controlli fiscali. Da noi c’è poca cultura del mare, per cui si sono tenuti la barca solo i veri appassionati, gli altri l’hanno venduta”.
Questo l’umore fra i naviganti.

Mirco Paganelli