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Dalla parte dei poveri


Salutiamo la 34a edizione della grande raccolta pro missioni con le parole espresse dal Papa nella Evangelii Gaudium sul valore della povertà e il significato della solidarietà. Tutte le risposte di questa finta “intervista” sono riprese letterali del testo

Sabato e domenica si alza di nuovo il sipario sul Campo Lavoro, da 34 anni impegnato a fianco dei poveri. Qual è la posizione della Chiesa e del Papa in tema di povertà?
Così come il comandamento “non uccide¬re” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’e¬conomia dell’esclusione e della iniquità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è iniquità.

Eppure molti sostengono che la crescita economica, favorita dal libero mercato, avrebbe anche la capacità di produrre effetti positivi in termini di equità sociale.
Si tratta di una opinione che non è mai stata confermata dai fatti e che esprime una fiducia grossolana nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter soste¬nere uno stile di vita che esclude gli altri si è sviluppata una globalizzazione dell’indiffe¬renza. Quasi senza accorgercene, diventiamo in¬capaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea.

Ma, secondo il Papa, quali sono le cause di questa situazione?
Una delle cause si trova nella relazione che abbiamo stabilito con il dena¬ro, poiché accettiamo pacificamente il suo predo¬mino: l’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trova¬to una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro. La crisi fi¬nanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine c’è la negazione del primato dell’essere uma¬no! La crescita in equità esige qualcosa di più della cre¬scita economica: richie¬de decisioni, programmi, meccanismi e processi orientati a una migliore distribu¬zione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei pove¬ri che superi il mero assistenzialismo.

Cosa dovrebbero fare i governanti per sconfiggere la povertà?
I piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovreb¬bero considerare solo come risposte provvisorie. Finché non si rinuncerà all’autonomia assolu¬ta dei mercati e della speculazione finanziaria non si risolveranno radicalmente i proble¬mi dei poveri La dignità di ogni persona umana e il bene comune sono questioni che dovrebbero struttu¬rare tutta la politica economica e invece quante parole sono diventate scomode! Dà fastidio che si parli di etica, di solidarietà mondiale, di distribuzione dei beni, di difendere i posti di lavoro, della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giu¬stizia.

I dati ci dicono che la forbice tra ricchi e poveri si sta ulteriormente allargando…
Mentre i guadagni di pochi crescono espo¬nenzialmente, quelli della maggioranza si collo¬cano sempre più distanti dal benessere di que¬sta minoranza felice. Dietro tale squilibrio si nascondo¬no il rifiuto di un’etica e di un Dio che si pongono al di fuori delle categorie del mercato, affermando il primato dell’uomo. Esorto i gover¬nanti dei vari Paesi a considerare le parole di un saggio dell’antichità: “Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli e privarli del¬la vita. I beni che possediamo non sono nostri, ma loro”.

Ma ammetterà che non è facile stare dalla parte dei poveri. Don Benzi, un nostro conterraneo in odore di santità, diceva provocatoriamente che “i poveri puzzano”…
L’ideale cristiano inviterà sempre a supe¬rare il sospetto, la sfiducia, la paura, gli atteggiamenti difensivi che il mondo attuale ci impone. Molti tentano di fug¬gire dagli altri verso un comodo privato, o verso il circolo ristretto dei più intimi e rinunciano al realismo della dimensione sociale del Vangelo. A volte sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dal¬le piaghe del Signore. Ma Gesù vuole che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Non si vive meglio fuggendo, nascondendosi, ne¬gandosi alla condivisione e rinchiudendosi nella comodità. Ciò non è altro che un lento suicidio.

Cosa direbbe a coloro che accusano i poveri di violenza e reclamano maggiore sicurezza?
Senza uguaglianza di opportuni¬tà, le diverse forme di aggressione tro¬veranno sempre un terreno fertile per esplodere. Quando la società abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politi¬ci, né forze dell’ordine che possano assicurare illimitatamente la tranquillità. Le rivendicazioni sociali non possono essere soffocate con il pretesto di costruire un’effimera pace per una minoranza felice che possa mantenere il proprio stile di vita mentre gli altri sopravvivono come possono. La dignità della persona umana e il bene comune stanno al di sopra della tranquillità di alcuni che non vogliono rinunciare ai loro privilegi.

Cosa significa, per il Santo Padre, la parola “solidarietà”?
La parola “solidarietà” si è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità. Richiede di creare una nuova men¬talità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni. La nostra risposta di amore non dovrebbe intendersi come una mera somma di piccoli gesti personali nei confronti di qualche individuo bisognoso: una sorta di “carità à la carte”, fatta di tante azioni tendenti solo a tranquil¬lizzare la propria coscienza. In realtà, La solidarietà si dovrebbe vivere come decisione di restituire al povero quello che gli corrispon¬de.

Viene in mente lo slogan del Campo Lavoro: “cambiare noi per cambiare il mondo”…
Una fede autentica, che non è mai comoda e individualista, implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di miglio¬re dopo il nostro passaggio sulla terra che è la nostra casa comune. Sebbene il giusto ordine della società e del¬lo Stato sia il compito principale della politica, la Chiesa non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia. Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica.

Puoi dirci in due parole come dovrebbe essere un mondo migliore?
Un mondo capace di ricordarsi che il pianeta appartiene a tutta l’umanità e che il solo fatto di essere nati in un luogo con minori risorse o minor sviluppo non giustifica che alcune perso¬ne vivano con minore dignità. Un mondo dove i più favoriti siano capaci di mettere i loro beni al servizio degli altri. Un mondo in grado di riconoscere la funzione sociale della proprietà e la destinazione universale dei beni come realtà anteriori alla proprietà privata. Perché il possesso priva¬to dei beni si giustifica per custodirli e accrescerli in modo che servano meglio al bene comune.

Qualcuno comincerà a tremare…
Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, ri¬spettarli e promuoverli. Il denaro deve servire e non governare! Se qualcuno si sente offeso dalle mie paro¬le, gli dico che le esprimo con affetto e con la mi¬gliore delle intenzioni, lontano da qualunque inte¬resse personale o ideologia politica. La mia parola non è quella di un nemico né di un oppositore. Mi interessa unicamente fare in modo che quelli che sono schiavi di una mentalità individualista, indifferente ed egoista, possano liberarsi da quel¬le indegne catene e raggiungano uno stile di vita e di pensiero più umano, più nobile, più fecondo, che dia dignità al loro passaggio su questa terra.

(“Evangelii Gaudium”, in italiano “La Gioia del Vangelo”, è la prima Esortazione apostolica di Papa Francesco promulgata il 24 novembre 2013. Un documento di oltre 220 pagine, diviso in 5 capitoli e 288 paragrafi che sviluppa il tema dell’annuncio del Vangelo nel mondo attuale. Tutte le risposte di questa “intervista” immaginaria sono riprese letterali del testo).

Alberto Coloccioni