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Dal pugno chiuso alla mano aperta

Ancora oggi il suo territorio è vastissimo, ma fino alla guerra lo era molto di più e arrivava al mare. La popolazione è rimasta di piccoli numeri, circa 600 persone. Casalecchio, a metà strada fra la via di Coriano e San Lorenzino, in questi anni, anche per la vicinanza dell’aeroporto, è rimasta abbastanza incontaminata dalla cementificazione e si presenta ancora bella con la sua campagna. “Ancora per poco. – ci interrompe preoccupato il parroco don Gabriele Gaggia – Proprio nella zona di Tomba nuova, prima del cavalcavia dell’autostrada, sta sorgendo un complesso massiccio di edilizia popolare, dove saranno ospitate almeno 500 persone. E così dopo l’esperienza criticatissima del Villaggio San Martino abbiamo ripreso a costruire zone dormitorio, con tutti i problemi che ciò comporta”.

Praticamente la parrocchia raddoppia…
“Certo, nel numero delle persone e dei problemi. Questo perché il tutto nasce come corpo estraneo e ci vorrà molto tempo prima di avere una comunità omogenea, ammesso che ciò possa accadere”.

Don Gabriele, 73 anni ben portati, originario di Piandimeleto, conosce bene la zona. È parroco a Santa Maria di Casalecchio dal 1978.
“Un tempo questa parrocchia si sarebbe chiamata ‘Comunità contadina’. Oggi i residenti sono sempre meno legati alla terra e sempre più impegnati in attività diverse, impiegati, operai, piccoli imprenditori”.

Sei parroco a Casalecchio da 32 anni. Com’è cambiata la parrocchia?
“All’inizio i rapporti con i parrocchiani e le presenze in chiesa erano del tutto insoddisfacenti. Erano momenti eredi di tempi ancor più difficili. Per alcuni il prete era la massima autorità, per altri il peggior nemico politico. La chiesa era frequentata da poche persone. Basti ricordare che 100 ostie erano sufficienti per due mesi! Ho improntato la mia azione pastorale ad un comportamento amichevole e familiare, per far capire che la chiesa ed il sacrato sono luoghi ove ogni persona, vecchio o bambino, è bene accetta”.

La gente come partecipa oggi alla vita della parrocchia?
“Credo di poter dire che in questa comunità la fede è viva e che i simboli religiosi e la presenza del sacerdote sono accolti favorevolmente. La partecipazione alla vita religiosa non supera però il 20%. Abbiamo mantenuto tutte le devozioni tradizionali, anche se la presenza a questi riti è un po’ scarsa. Siamo restati fedeli ad un antico principio: ‘Non togliere nulla prima di averlo sostituito”.
Ci sono però anche momenti di intensa partecipazione, come nelle feste (anche noi ne abbiamo una piccola, ma molto viva) o in quelli di dolore. Per esempio, la morte di una persona è ancora vissuta come fatto di comunità e tutti partecipano. In una situazione del genere non si pone neppure il problema che il parroco possa o no accompagnare il defunto al cimitero”.

Ma qual è precisamente la tua idea di parrocchia?
“La parrocchia si giustifica se viene annunziata la Parola di Dio e se si celebrano i Sacramenti. Tutte le altre attività, se pur lodevoli, saranno sempre secondarie. L’annuncio del messaggio evangelico occupa una parte importante del mio tempo e delle mie preoccupazioni”.

Rispetto alle scelte che ormai oggi si fanno ovunque, tu insisti sul fatto che la catechesi è un compito specifico del parroco.
“Certo. Fra i miei impegni prioritari ha la massima importanza e attenzione l’iniziazione del piccoli. Ai fanciulli e ai ragazzi sono io personalmente che faccio settimanalmente catechismo, per aiutarli ad avere una visione cristiana della vita. Certo questo tempo sarebbe molto più fruttuoso se l’azione pastorale del parroco fosse sostenuta più attivamente dalle famiglie, che sembrano spesso più interessate al rito che al contenuto”.

È un ritornello che si sente spesso …
“Perché tutto ciò rientra ormai in un comportamento consolidato. Il fatto religioso viene vissuto sempre più in modo individuale, privato e sempre meno in maniera comunitaria. Per questo insisto sul fatto che il cuore della nostra azione non è la parrocchia come realtà fisica, aggregativa, ma piuttosto una sempre maggiore attenzione alla formazione di cristiani capaci di essere se stessi in ambienti diversi”.

Frequenta la parrocchia anche un bel numero di tuoi amici personali…
“Si tratta di legami che si sono creati nel tempo. Li ho coinvolti spesso anche nelle attività della comunità. Un gruppo di amici pescatori collabora con la nostra festa parrocchiale. Nello Pari, medico, ma anche ottimo pittore, mi ha dipinto la chiesa…”

A proposito di chiesa, è ben visibile il lavoro di restauro interno ed esterno fatto…
“È iniziato nel 1996 e non è ancora finito, ma ne siamo fieri, anche perché gran parte dei lavori sono stati fatti completamente da noi, da me e dai miei parrocchiani, ritagliando tempo ed energie, con cazzuola, badile, cemento e calli alle mani. È davvero la nostra chiesa”.

Se vi capita di passare a Casalecchio e fermarvi di fronte a quella bella chiesetta e un cane vi viene incontro abbaiando, non abbiate paura. Abbaia, ma non morde. È il cane del prete.

Giovanni Tonelli

Nella foto, la chiesa di Casalecchio recentemente restaurata. Sotto: l’interno con i dipinti di Nello Pari (foto Maneglia)