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Da 115 anni a fianco dei più fragili

SAN GIUSEPPE. È uno degli enti cittadini più antichi. Fedele alle origini, al passo coi tempi

Un secolo e un quarto di servizio, con lo sguardo sempre rivolto al futuro e il cuore saldo nelle radici. A Rimini, dire “San Giuseppe” significa molto più che nominare una Fondazione: è evocare una storia viva, intrecciata ai bisogni più delicati della comunità, segnata da una fedeltà costante ai piccoli, ai fragili, agli ultimi.

Sono 115 gli anni di impegno, un cammino lungo e generoso che, fin dalle sue origini, ha saputo declinare l’accoglienza con lungimiranza, cura e attenzione. Fondata da suor Isabella Soleri, instancabile donna di fede e azione, la Fondazione è uno degli enti di assistenza più antichi della città e ancora oggi continua ad essere una delle sue realtà più dinamiche e incisive nel campo del sociale.

In principio l’ospedalino

Dall’“ospedalino dei bambini”, attivo dal 1925 fino agli anni Ottanta del secolo scorso, alle comunità educative per minori privi di riferimenti familiari, fino al centro diurno per persone con disabilità, la Fondazione ha saputo evolvere nel tempo senza mai tradire la propria vocazione originaria: stare accanto a chi è più vulnerabile, con un’attenzione particolare ai giovani.

Il CdA saluta dopo cinque anni

Ne è testimonianza anche il Consiglio di Amministrazione uscente che, con l’approvazione del bilancio 2024, ha chiuso un quinquennio intenso e ricco di progetti. Un CdA espressione del radicamento nel territorio, composto da membri indicati dalla Diocesi di Rimini, dal Comune, dalla Fondazione Carim e dalla famiglia della stessa suor Isabella. Tutti accomunati da un forte senso di responsabilità e dal desiderio di proseguire nell’opera educativa e sociale iniziata oltre un secolo fa.

Paola Benzi, presidente della Fondazione, mette in luce un nodo cruciale: “ Le fragilità dei minori che ci vengono affidati non scompaiono con il raggiungimento della maggiore età, quando invece termina il periodo in cui vivono nelle nostre Comunità, sia che il loro ingresso avvenga per sopperire alla mancanza di reti parentali, sia per problematiche cliniche e comportamentali. Il prossimo CdA dovrà affrontare proprio questo: offrire loro opportunità di transizione sempre più mirate in grado di renderli autonomi e capaci di costruirsi una vita piena a dignitosa”.

A tracciare il bilancio dell’esperienza appena conclusa anche Pierino Venturelli, che ha parlato di “ un momento di lavoro bello, creativo. I bisogni dei giovani sono cambiati e la Fondazione ha cercato di adattarsi, ascoltando le nuove sfide”. Un’evoluzione che non ha perso il contatto con la propria missione, ma anzi l’ha resa ancora più attuale.

Mai da soli, sempre in rete

Il lavoro di rete è stato uno degli aspetti più significativi del quinquennio, come sottolinea Pietro Borghini: “ Abbiamo collaborato sempre più strettamente con l’Amministrazione comunale, ma anche con altri enti del Terzo Settore. – dice il membro del CdA uscente –

Questo per rispondere in modo più articolato e concreto alle necessità emergenti, in particolare dei giovani e dei minori”.

Un impegno che si è tradotto in un ampliamento delle attività, come evidenziato da Daniele Dell’Omo: “Tra i percorsi più importanti c’è il progetto sul «dopo di noi», che tocca una delle questioni più delicate per le famiglie con figli disabili. La Fondazione è oggi uno dei soggetti più attivi in questo ambito”.

Lo testimonia anche il convegno, organizzato di recente sul tema, e il libro pubblicato per rispondere alle principali preoccupazioni di genitori di persone con disabilità nel garantire il futuro del proprio figlio.

E se lo spirito della fondatrice è ancora così presente, lo si deve anche al legame vivo con la sua famiglia. Alessandra Carissimo Sigismondi, discendente diretta di suor Isabella, guarda con fiducia al futuro: “Tutta la nostra famiglia continuerà a partecipare alle attività sociali promosse dalla Fondazione. Sono certa che suor Isabella sarebbe felice di quanto è stato fatto e di ciò che ancora si farà”.

Il futuro, dunque, è già in cammino. Ed è un futuro che parla ancora una volta di accoglienza, cura e dignità. Come da 115 anni a questa parte.