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Costa Concordia e Paese un sogno infranto

L’elegante Costa Concordia inclinata così sul fianco, immersa a metà nell’acqua, la chiglia squarciata dal tremendo impatto, è una figura drammatica e inquietante. Evoca il brusco risveglio da un bellissimo sogno. Nella mente di tanti è divenuta metafora della situazione italiana, di un consumismo senza limiti dal quale siamo stati affascinati. La bellissima forma della Costa Concordia, diventata un mostro conturbante, segna la fine di questa illusione e vi possiamo scorgere anche la brutta piega che ha preso il nostro Paese e tutta l’Europa. L’interminabile crisi economica in cui siamo piombati, non è stata una fatalità. L’hanno causata quegli operatori finanziari che hanno inseguito il miraggio di una ricchezza immediata e inesauribile attraverso i giochi finanziari. È stata un’idea di sviluppo che non teneva sufficientemente conto dei limiti delle risorse a nostra disposizione e dei danni inferti alla natura. È stato il comportamento dei popoli più sviluppati tecnicamente che per accelerare la produzione di ricchezza hanno smantellato tante regole restrittive e approfittando della spinta della globalizzazione che andava abbattendo tante barriere, hanno sfruttato la situazione creando paurosi squilibri. È stato l’affidamento cieco a un mercato sfrenato, nella convinzione che fosse il motore infallibile di una crescita incessante e di una perfetta distribuzione della ricchezza che eliminava la preoccupazione della giustizia. È stato il comportamento di ciascuno di noi, singoli individui, che abbiamo pensato di essere dispensati dal seguire stili di vita più sobri, sollecitati da una pubblicità ingannevole, e dispensati dal fare scelte dettate dall’amore gratuito, concentrati solo sull’interesse personale.
Ora stiamo ricorrendo ai ripari. Ma non è facile. Il governo Monti, ad esempio, sta constatando la difficoltà di trovare il giusto equilibrio tra rigore ed equità. È facile dire: bisogna tagliare, perché siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità, ma poi è difficile individuare coloro che sono stati i veri dissipatori. Si rischia di colpire ancora una volta chi è meno difeso. È doveroso sbloccare la società, rompere le maglie di una burocrazia asfissiante e demolire le barriere di corporazioni chiuse nei loro privilegi, senza, però, cadere in un gioco di “liberi tutti”, che può creare più gravami sulle spalle dei deboli e più distanza tra chi sa correre più speditamente e chi ne è per vari motivi impedito.
Ad ogni modo una cosa è certa. I ristoranti non sono più pieni e sugli aerei si trova posto. E già avere coscienza di questo è un bel passo avanti. (GM)