Coppole e colletti bianchi

    Le duecento e ventotto pagine della “Relazione Forgione” per conto della Commissione Antimafia, a conclusione del suo mandato per lo scioglimento anticipato delle Camere, delineano un quadro della presenza ’ndranghetista, nei territori di origine e al di fuori di essi, assolutamente allarmante.
    La ’ndrangheta come noto, tra le storiche organizzazioni mafiose, é quella che ha saputo meglio coniugare la struttura fortemente familiare o familista che dir si voglia, propria della sua storia (che le ha permesso di essere difficilmente infiltrabile dall’azione di contrasto dello Stato), con la moderna capitalizzazione degli utili delle attività criminali.

    Il cuore in Calabria
    gi affari al Nord

    Per intenderci, la ’ndrangheta pur avendo un cuore antico nella Calabria e, in accordo con le altre tradizionali organizzazioni mafiose, la Camorra e Cosa Nostra, nel resto del Mezzogiorno, ha i suoi forzieri e i suoi investimenti nel resto dell’Italia e all’estero. E ciò si spiega a partire dall’attività altamente raffinata di diversificazione dei profitti che la ’ndrangheta ha scientemente elaborato, come un’autentica holding, da almeno vent’anni a questa parte, avendo compreso che ripulire il denaro frutto di attività criminose, non solo è possibile, ma offre opportunità di guadagno esponenziali agendo sui sistemi “sensibili” dell’economia legale: dalle banche agli appalti pubblici, agli investimenti nel settore immobiliare, ad altro ancora a seconda delle convenienze. Tutti quei settori dell’economia e della finanza dove più facile e immediato, attraverso prestanomi e complicità di funzionari corrotti o imprenditori che non vedono e non sentono, investire con rischi calcolati.
    Per fare tutto questo non occorre “occupare” un territorio, è sufficiente far girare in fretta il denaro, tanto più quando questo é cospicuo e in contanti. Con l’effetto, a breve e medio termine, di corrompere il mercato legale e avviare forme patologiche di disordine economico.

    Le mafie
    in Emilia-Romagna

    Così è accaduto in numerosi e documentati casi al nord d’Italia, come viene segnalato puntualmente nella Relazione della commissione Antimafia. Così é accaduto anche nella nostra regione interessata in forma importante dal fenomeno, purtroppo non da oggi.
    Il capitolo della “relazione Forgione” sull’Emilia-Romagna, è un’allarmante conferma, aggiornata, di un fenomeno che ha origine da noi alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, già descritto in un volume dal titolo Mafia, Camorra e ’Ndrangheta in Emilia- Romagna pubblicato da un coraggioso editore riminese, Panozzo, e firmato dal maggior studioso di ’ndrangheta in Italia, Enzo Ciconte, non per caso, da tre legislature Consulente della stessa.
    La pervasività mafiosa è stata da allora monitorata sistematicamente anche dall’Osservatorio Regionale dell’Emilia Romagna. È del 2004 un “Quaderno di Città Sicure”(n.29) edito dell’Osservatorio intitolato esplicitamente Criminalità Organizzata e disordine economico in Emilia Romagna.

    Gli affari di un
    boss in zona

    Ed è in fine di pochi giorni fa la notizia (Il Sole- 24Ore, mercoledì 20 febbraio 2008), che il boss ’ndranghetista Pasquale Condello di Reggio Calabria, arrestato dopo 18 anni di latitanza, avrebbe investito, tramite un prestanome, ingenti capitali di origine illecita nella provincia di Cesena-Forlì, tramite conti correnti, società immobiliari, gestioni patrimoniali, acquisto di terreni e imprese di commercializzazione di veicoli. Con fatturati dell’ordine di svariati milioni di euro. Forse tutto lecito, tutto in piena legalità, tutto alla luce del sole, tutto in regola insomma. Peccato che il denaro per movimentare un mercato di queste dimensione fosse appunto di origine criminale.
    Ed è ragionevole pensare che nei prossimi giorni si abbiano altre rivelazioni sulla presenza di capitali mafiosi nella nostra economia, presenza, è il caso di ripeterlo, non certo priva di influenza nel determinare distorsioni nelle regole del mercato.

    Istituzioni
    un po’reticenti

    Stupisce, purtroppo, a proposito di una realtà che ha in sé il veleno che corrompe il sistema economico e civile là dove è lasciata agire indisturbata, una certa reticenza (con rare eccezioni) delle Istituzioni e della politica locali.
    Sottovalutazione, disinteresse, timore (infondato) di incrinare l’immagine di un territorio che si vuole sempre e comunque tutto sons et lumières?
    Probabilmente tutte queste cose insieme.
    Resta il fatto che oggi solo il mondo della scuola e un paio di associazioni culturali fra Rimini e a Santarcangelo hanno messo in campo serie iniziative di informazione nel merito.
    Mi piace qui ricordare quelle promosse autonomamente, da alcuni dirigenti scolastici, insegnanti e studenti particolarmente sensibili. Per tutte, quelle avviate da docenti del Liceo Scientifico Serpieri e del Liceo G.Cesare di Rimini insieme alle loro classi, un anno fa se non ricordo male: un approfondimento sulla “mafia al giorno d’oggi”, condotto attraverso la lettura e il commento comparato di libri, giornali, riviste, audiovisi, ecc. Un’autentica lezione di educazione civica.

    Ennio Grassi