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Condiviviamo, il futuro è nel segno della famiglia

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Si chiamano Care Leavers. Sono tutti quei giovani che, avendo perso gli affetti familiari, sono cresciuti in percorsi di accoglienza come affido, comunità per minori o case-famiglia. Giovani che, però, al raggiungimento della maggiore età sono costretti a diventare improvvisamente adulti e totalmente autonomi, perché lo Stato non concede loro più forme di aiuto. Ma diventare adulti all’improvviso, a 18 anni, è estremamente complicato per chiunque, e lo è ancora di più per chi ha dovuto vivere la propria infanzia “fuori famiglia”. Per questo sono fondamentali tutte quelle realtà che si impegnano per garantire un sostegno e un futuro ai giovani Care Leavers. Realtà come l’associazione Agevolando, attiva da tanti anni a Rimini.

Ora, l’impegno di Agevolando si arricchisce di un altro importante progetto, realizzato grazie alla collaborazione della cooperativa riminese Il Millepiedi, altra storica realtà riminese da tempo impegnata nel sociale (e con il patrocinio del Comune, oltre al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e al supporto di Csv – Volontarimini).

Il progetto

condiviviamoNasce così CondiViviamo, progetto il cui obiettivo è quello di favorire percorsi di coabitazione tra famiglie e giovani in uscita da percorsi di accoglienza. In sostanza, CondiViviamo vuole mettere in contatto due mondi: quello dei giovani e quello delle famiglie, ma non è un percorso di affido o di adozione. È un progetto di co-abitazione, in cui persone provenienti da esperienze diverse decidono di vivere insieme per un po’, in una logica di reciprocità. I requisiti più importanti? La voglia di mettersi in gioco e quella di imparare dall’altro.

Nello specifico, dunque, il progetto intende promuovere coabitazioni tra singoli, coppie o famiglie, e giovani tra i 18 e i 26 anni in uscita da percorsi di accoglienza, in una logica di reciprocità e attraverso la metodologia dell’auto mutuo aiuto.

Il progetto prende avvio con una campagna che, raccontando le esperienze di coabitazione che già sono state realizzate in questi anni nella provincia di Rimini, mira a raggiungere nuove persone e famiglie disponibili per ospitare temporaneamente giovani tra i 18 e i 26 anni, italiani o di origine straniera, che al termine di un percorso di accoglienza faticano a trovare una sistemazione autonoma, anche a causa della difficile situazione economica e sociale.

“CondiViviamo ha l’obiettivo di far incontrare le persone, – spiega Elena Nati, Responsabile della cooperativa Il Millepiedi e “collante” tra queste diverse realtà – cittadini che hanno il desiderio di mettersi in gioco, a partire dalla relazione e dall’abitare insieme. Nella creazione del progetto ci siamo ispirati ed affidati a chi prima di noi si è buttato in questa avventura, associazioni e singoli cittadini, cui va il nostro ringraziamento per la loro disponibilità e generosità nel raccontarsi”.

L’auto mutuo aiuto

Il progetto trae ispirazione dall’esperienza dell’associazione Ama (Auto mutuo aiuto) a Trento e dal progetto “Vivo.con”, promosso dalla sede trentina di Agevolando proprio con Ama. “ Il progetto è stato possibile poiché vi erano le giuste basi per metterlo in atto. – racconta Zilma Lucia Velame, psicologa, psicoterapeuta e responsabile di Vivo.con – Il concetto di auto mutuo aiuto si basa sul principio di reciprocità nell’aiutarsi nelle relazioni umane. Questo può aiutare se stessi e anche l’altro, perché dall’altro si può sempre imparare. Volevamo portare questi princìpi nelle case delle persone. Lo chiamiamo, infatti, ‘auto mutuo aiuto abitativo’: volevamo creare nuove sinergie tra persone, tra cittadini che offrono la propria casa e cittadini che momentaneamente cercano casa. Condividere rende tutti più resilienti, i cittadini nella propria abitazione possono fare una nuova esperienza creando legami diversi dall’ordinario”.

“ Le coabitazioni sono tutte da considerarsi a tempo, un ponte verso la piena autonomia. – spiega Gloria Lisi, vice sindaco e assessore ai servizi sociali del Comune di Rimini – Non si tratta né di percorsi di affido né di adozione, ma di un periodo di vita da condividere insieme per preparare giovani, privi di una famiglia alle spalle su cui contare, all’indipendenza e, al tempo stesso, rispondere alle necessità delle persone che desiderano mettersi in gioco in questa avventura e arricchirsi, scoprendo un vero tesoro”.

La forza della relazione con l’altro

La forza e l’importanza di percorsi di sostegno di questo tipo emerge ancora di più dalle testimonianze dirette di chi è impegnato in prima persona. Come Mery Denicolò dell’associazione riminese Vite in Transito.

“Sono già due anni che ospito Abdu, ragazzo di 22 anni originario del Gambia che ho conosciuto tramite mia figlia dal progetto di accoglienza ‘Indovina chi viene a cena’. – racconta Mery – La sua presenza mi ha sempre riempito le giornate e fatto sentire meno sola. È naturale che, prima di ospitarlo, vi fossero delle titubanze, ma ha prevalso la voglia di mettersi in gioco: così, abbiano inziato a vivere insieme le nostre giornate con semplicità”.

Questa è la parola che racchiude il segreto per entrare in connessione con l’altro: “ Lentamente e senza pretese io e Abdu ci siamo legati giorno dopo giorno. – continua Mery Denicolò – È stato come avere un figlio già adulto a cui spieghi come usare la lavatrice e che a volte cucina per te. Anche durante il lockdown siamo stati in perfetta sintonia, abbiamo pulito tutta la casa e abbiamo cucinato insieme: gli ho fatto conoscere i piatti tipici della Romagna!

Abdu ha fatto sì che non passassi il lockdown da sola: lo considero il mio terzo figlio, mi ha riempito la vita e ha stimolato molto la mia sensibilità”.

“La conoscenza reciproca tra persone molto diverse aiuta ad ampliare i propri orizzonti. – è la testimonianza di Almas Khan, care leaver, giovane studentessa che ha vissuto una coabitazione in famiglia – Vivere in famiglia mi ha fatto vedere cosa sia la normalità di una routine che ruota attorno a un nucleo familiare: un qualcosa che io non ho mai avuto e mi è sempre mancato, e di cui ho capito la profonda importanza grazie a questa esperienza”.

Federica Tonini