Si è tenuta in Brasile la cosiddetta “COP 30” a cui hanno partecipato 190 Stati
Oltre il 25% del suolo cementificato in provincia di Rimini è a rischio idraulico elevato
Si è conclusa la settimana scorsa in Brasile, a Belém, la trentesima Conferenza tra le Parti, la cosiddetta COP 30, a cui hanno partecipato 190 Stati. Nell’accordo finale gli aderenti si sono impegnati, tra le altre cose, ad accelerare la transizione energetica e a triplicare i fondi destinati ai Paesi più in pericolo, tuttavia non è stata stabilita alcuna tabella di marcia per l’eliminazione dei combustibili fossili, cioè della causa principale delle emissioni inquinanti e del riscaldamento globale. Il cambiamento climatico continua a far pesare i propri effetti negativi con conseguenze disastrose in tutto il mondo, con inondazioni, allagamenti, aumento costante della temperatura. Questi effetti si ripercuotono direttamente anche nei luoghi in cui viviamo. I rapporti che i vari enti stilano ogni anno ci segnalano le varie emergenze climatiche ed ambientali.
Il Rapporto sul Benessere Economico e Sociale del 2025 (BES) redatto dall’Istat, prova a fare il punto sulla situazione dell’Italia e quindi anche sulla nostra regione e le nostre città, non solo sul clima e l’ambiente, ma anche sulla situazione economica e sociale.
Gli indicatori presi in considerazione sono 51. Rimini è la provincia che in regione presenta il maggior numero di indicatori in svantaggio (23), sebbene quelli in vantaggio (28) continuino a prevalere. Nell’ultimo anno l’Emilia-Romagna conferma un profilo favorevole rispetto alla media nazionale, nel campo del lavoro e conciliazione dei tempi di vita, con cinque indicatori su sei con livelli di benessere migliore. Un indicatore che rivela una condizione più sfavorevole è il tasso di infortuni mortali e con inabilità permanente, per il quale la regione si colloca al di sopra della media nazionale con un quadro provinciale disomogeneo e valori elevati a Forlì-Cesena, Rimini e Reggio Emilia.
Per quanto riguarda l’ambiente, la regione evidenzia risultati peggiori della media dell’Italia per l’impermeabilizzazione del suolo da copertura artificiale (8,91% contro il 7,16 dell’Italia). In particolare in cinque province, fra cui Rimini, si registra il risultato peggiore (12,55). Oltre il 25% del suolo cementificato in provincia di Rimini è a rischio idraulico elevato. Cioè si occupa suolo in aree in cui è statisticamente ragionevole attendersi fenomeni alluvionali nei prossimi venti o cinquant’anni al massimo, questo è quanto sostiene Ires Cgil. Tra l’altro oltre ai pericoli alluvionali c’è da considerare il rischio frane, ricordando che il 13% del suolo cementificato è in aree franose. Nel contesto provinciale di Rimini, la superficie complessiva delle aree soggette a pericolosità da frane è pari a 189,87 kmq, equivalente al 22% del territorio complessivo.
Per quanto riguarda il rischio idraulico a livello comunale, le aree con maggiore intensità di pericolo di alluvione risultano distribuite lungo la fascia costiera. Nel dettaglio, i comuni di Rimini, Bellaria Igea Marina e Riccione fanno parte della classe più alta di rischio.
Gli scenari di previsione per l’innalzamento del livello marino prevedono, per la costa Romagnola, un innalzamento del livello medio tra i 30 ed i 45 centimetri, nei prossimi 50 anni.
Per quanto riguarda il clima si nota che negli ultimi venti anni il numero delle notti tropicali (temperatura minima superiore a 20°C) è aumentato in tutta la regione, con picchi di 30/40 notti tropicali nelle aree urbane e nella costa romagnola.
Le temperature massime annue sono state superiori al valore climatico di riferimento su tutta la regione, con un valore di anomalia regionale di circa 2,3 gradi, con punte locali fino a più 4 gradi. Il mese di novembre nel 2020, solitamente il mese più piovoso, ha presentato il livello di precipitazioni più scarso degli ultimi 60 anni. Le piogge accumulate tra ottobre 2021 e febbraio 2022 sono stimate tra le più basse degli ultimi vent’anni.
Tutti questi dati significano una cosa sola: non è possibile proseguire con il sistema di produzione e di consumo che ci caratterizza da oltre due secoli. Serve un cambiamento radicale in cui al centro dell’attenzione sia posto l’ambiente e la qualità della vita. Invece, troppo spesso ci dimentichiamo degli allarmi e anche delle catastrofi che sono avvenute e continuiamo a far finta di niente senza cambiare nulla o quasi. I cambiamenti nel nostro modo di vivere sia pubblico che privato avvengono troppo lentamente, così soprattutto i ceti più svantaggiati pagano il prezzo più alto.
Alberto Rossini

