Home Vita della chiesa CL e Rimini, una festa. L’intervista

CL e Rimini, una festa. L’intervista

Come un fiume carsico, quel primo piccolo nucleo ha inondato la città e la diocesi. Cinquant’anni dopo, Comunione e Liberazione festeggia mezzo secolo di presenza a Rimini, “sempre più certi del bisogno di riprendere coscienza dell’inizio”. E lo ha fatto organizzando l’incontro “Stupiti da Cristo, sfidati dalla storia” con don Julian Carròn. è stata la quarta volta che il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione viene a Rimini. In precedenza don Carron al Meeting ha tenuto l’incontro sul tema del 2005 “La libertà è il bene più grande che i cieli abbiano donato agli uomini”. Insieme ad Agnes, direttore di Avvenire, ha tenuto nello stesso anno, l’incontro: “Giovanni Paolo II, una presenza”. Nell’edizione 2009 del Meeting ha parlato di “Avvenimento e conoscenza in San Paolo”, mentre al Palasport Flaminio l’8 maggio 2006 era stato protagonista dell’incontro pubblico
sul Rischio Educativo. Giovedì il Palacongressi si è rivelato quasi insufficiente ad accogliere il popolo convenuto per festeggiare le nozze d’oro.

Manlio Gessaroli, medico, e responsabile della Fraternità di Comunione e Liberazione a Rimini. Questi 50 anni sono un intreccio di storie, fatti e personaggi. Quali sono le persone che hanno fatto la storia di CL a Rimini?
“Nella formulazione della domanda rintraccio la stoffa vera della storia del movimento a Rimini e cioè la vita di centinaia di persone afferrate da Cristo dentro questa forma del Carisma di don Giussani. La storia di tanti sì che hanno lasciato che il Mistero investisse la loro vita spendendosi nel posto di lavoro, rischiando le proprie ferie, il proprio tempo libero cercando di contribuire alla misteriosa iniziativa di Dio. Al di là dei luoghi comuni su Cl, la storia profonda del movimento, quella per cui tanta gente è disposta a mettere in discussione i capisaldi del vivere borghese e a rischiare la faccia (e non solo), è fatta di una novità quotidiana di fatti, rapporti, esperienze tali da rendere la via intensa, piena, come non lo era mai stata prima. Un avvenimento di vita e perciò una storia che è la sorgente anche dei grandi gesti che tutti conoscono”.

Un’esperienza in cammino, insomma.
“Nel movimento la vera autorità non è data dai galloni, ma da quanto l’esperienza vissuta è possibilità e aiuto al cammino di altri. È un po’ come in sala operatoria: i titoli non bastano, occorre saper operare e soprattutto saper fronteggiare l’imprevisto, la complicazione.
Quello che fa la differenza perciò è la consistenza umana sempre svelata dalla realtà. In questo Don Giancarlo Ugolini era davvero testimone e non è un caso che la sua persona abbia affascinato tanti cuori. È stato il fascino di una vita afferrata decisamente da Cristo, segnata da una febbre di vita e di passione per l’uomo e l’umano misteriosamente innescata da una ragazzina <+cors>(Emilia Guarnieri, presidente Fondazione Meeting ndr)<+testo_band> che incontrando alcuni ragazzi di Milano in vacanza a Rimini notò che tra quelli stava accadendo quello che anche lei stava cercando. La vera ragione, la vera novità del movimento sta nella quotidianità che cambia e questo talvolta è più eclatante nell’ultimo arrivato che nel primo”.

Perché festeggiare questo importante anniversario riminese invitando il presidente della Fraternità di Cl?
“Festeggiamo perché siamo felici che la Grazia dell’incontro continua e cresce. Dentro tutte le nostre debolezze umane, Lui ci è fedele. La storia di questi 50 anni è la storia di un Dio fedele e di un popolo fatto di uomini che riconoscendo questa evidenza, l’evidenza di essere continuamente fatti e generati, testimoniano la ragionevolezza di una fede che centra con tutta la vita.
Abbiamo invitato don Julian Carron perchéci e’ padre e cammina con noi sulla strada e ultimamente ci colpisce come la sua sequela a don Giussani lo fa vivere certo.

Cl è e resta un movimento ecclesiale. Quali sono stati e sono oggi i rapporti con la diocesi e le aggregazioni laicali?
“Comunione e Liberazione nasce a Rimini nel 1962, negli stessi giorni in cui inizia il Concilio Vaticano II. In quegli anni in Diocesi fiorivano, in un clima di vivace confronto, nuove esperienze, che, grazie alla paternità ed alla lungimiranza del Vescovo Emilio Biancheri, sono state valorizzate e considerate una risorsa. Agli inizi degli anni ‘70 lo stesso don Giussani fu invitato a tenere importanti relazioni nelle riunioni dei sacerdoti. Non sono mancate tuttavia difficoltà e incomprensioni. Come ha scritto don Carrón in unaLettera alla Fraternità di CL dopo il Sinodo dei Vescovi 2008, «La nascita del movimento può essere caratterizzata dalle stesse dinamiche che accadono quando l’irruzione dello Spirito nella storia suscita un carisma per il bene della Chiesa. Come ogni iniziativa dello Spirito, anche il nostro carisma fu accolto non senza incomprensioni e persino ostilità, perché non poteva essere in alcun modo ricondotto a schemi costituiti. Ma non sempre tutto il travaglio di quegli anni fu dovuto alla naturale resistenza che sempre incontra la novità dello Spirito. Fu dovuto anche alla nostra immaturità, che solo la forza educativa di don Giussani ci ha consentito di correggere e di superare. La pazienza della Chiesa nei nostri confronti è stata un segno della sua maternità».

Un rapporto filiale, dunque?
“Siamo grati all’educazione ricevuta da don Giussani, che ci ha comunicato un amore appassionato per la Chiesa e, con la sua paternità ci ha introdotti da subito ad una filiale obbedienza al Papa e ai Vescovi, in un tempo in cui anche all’interno della Chiesa non mancavano contestazioni dell’autorità. L’episcopato di mons. Giovanni Locatelli ha coinciso con gli anni del riconoscimento ecclesiale della Fraternità di CL da parte della Santa Sede. Fu lui ad accogliere Giovanni Paolo II al Meeting 1982 e ha più volte espresso, sia nei rapporti personali sia nelle occasioni pubbliche, la sua stima per il movimento e la coscienza che il carisma di don Giussani fosse un dono per tutta la Chiesa.
Mons. De Nicolò, che all’epoca in cui era a servizio della Santa Sede fu uno dei primi ad avere tra le mani la pratica per il riconoscimento giuridico della Fraternità, chiese al movimento un preciso riferimento all’istituzione ecclesiale, non privo di mortificazioni, ma non certo estraneo all’educazione ricevuta, per cui non abbiamo mai percepito in contraddizione la fedeltà al Vescovo con la sequela al carisma. Don Giussani lo scrisse al Papa nel 2004: «Non solo non ho mai inteso ’fondare’ niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta». È all’origine che ci scopriamo insieme a tutte le associazioni e ai movimenti ecclesiali presenti in Diocesi in una «pre-stima» sempre più intensa. Siamo grati al vescovo Francesco per la paternità con cui segue la nostra esperienza. Con mons. Lambiasi ci incontriamo periodicamente con i responsabili del movimento paragonando con lui i passi più significativi della nostra vicenda. La Via Crucis proposta da CL alla città e guidata dal Vescovo è uno dei gesti più significativi resi possibili dal rapporto con lui”.

Siamo nell’Anno della Fede voluto da Benedetto XVI. Una fede che non sia separata dalla vita, come spesso rimarcava Giovanni Paolo II. La continua disponibilità alla conversione richiesta dal carisma donato alla Chiesa e al mondo attraverso don Giussani, quanto e in che modo può ancora mettersi a servizio la comunità ecclesiale e quella civile riminese?
In questo momento di crisi dove tutto sembra sbriciolarsi, dividersi, sentiamo urgenti queste parole: è il tempo della persona! Cioè dell’io che prende coscienza di sé, del suo infinito desiderio e più considera nell’orizzonte l’azione misteriosa di Dio più diventa capace di concretezza vera, di giudicare i fatti senza lasciarsi soffocare, di aiutare e sostenere il bisogno degli uomini.
Siamo tutti chiamati a metterci in discussione ed è urgente un passo di conversione. Per ripartire oggi non bastano progetti a tavolino o strategie ma occorre una vera e propria conversione personale. La Chiesa non comincia con il “fare” nostro ma con il “fare” e il “parlare” di Dio (lettera di don Carron alla Fraternità di CL citando il Papa al Sinodo). Il nostro contributo e servizio non puo’ che inserirsi in questo dinamismo messo in moto da Dio attraverso il Suo Spirito. Siamo lieti di servire, seguendo e cedendo continuamente a quello che il Mistero fa accadere. Per questo siamo curiosi di incontrare e conoscere ogni realtà come dono necessario alla nostra conversione.
A nulla fuorché a Gesù il cristiano è attaccato: questo è il lavoro a cui ci sentiamo chiamati, ed è tutt’altro che astratto, è il punto più concreto, che apre la nostra ragione e ci permette di vivere con speranza dentro il positivismo razionalista che ci invade. Questo è il più grande servizio che si possa fare alla comunità civile: ricordare come ha recentemente detto il Papa che “l’uomo è creato per l’infinito e che tutto il finito è troppo poco” e che questa è una esperienza possibile perché l’infinito stesso si è fatto Compagnia misteriosa alla nostra vita. La sfida della storia è proprio questa: testimoniare questo sempre di più con i fatti e non con proclami talvolta disattesi e perciò fonte di scetticismo. E lo stupore nasce ogni volta di fronte alla Sua Presenza che opera innanzitutto attraverso il rifiorire dell’umano, oggi come 2000 anni fa.

Cosa vuol dire Cl nel tessuto civile e sociale?
“Rispondere a questa domanda per proclami urterebbe anche me perché sarebbe bello non dire una sola parola che non corrispondesse ad una esperienza reale, ad un fatto di vita. La mia esperienza è quella di una persona che dai tempi dell’adolescenza ad oggi è stata presa per i capelli tante volte e rimessa in piedi senza che mi fosse mai presentato il conto, fino all’emergenza al fondo di ogni esperienza del volto misterioso di Cristo che cercava il mio cuore. Negli anni l’attrattiva per Cristo è cresciuta e la mia vita ne è segnata. Questo ha voluto dire in me CL nel tessuto civile e sociale. E non ho la certezza di non cadere, di non sbagliare, di non tradire. Ho la certezza di una strada per il mio destino e della fedeltà del Signore alla mia vita e non è poco per alzarsi al mattino ed affrontare le circostanze che mi verranno date, sapendo che attraverso queste è Lui che mi viene a sfidare, a cercare a chiedermi di venire fuori, di esserci, anche quando hanno un volto apparentemente contraddittorio. Ecco a volte viene evidente che le forze che fanno la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo; succede quando ti sorprendi cambiato e ti stupisci intravvedendo che questo è possibile anche attraverso il nostro umano, e non aspetti più che qualcun altro sistemi le cose, semplicemente inizi con quello che c’è”.

Quali sono le opere “figlie” di questo mezzo secolo?
“Comunione e Liberazione è un movimento ecclesiale, che ha lo scopo di educare alla fede. Come ha detto di recente lo stesso Carrón alla recente assemblea della Compagnia delle Opere, «lo scopo del Movimento di CL è educativo». Educare «persone che facciano opere», ma «la responsabilità è affidata esclusivamente all’adulto e il Movimento non entra nella gestione dell’opera».

Perciò non esistono opere figlie, ma persone figlie e le opere più significative generate da persone del movimento a Rimini sono indubbiamente il Meeting per l’amicizia tra i popoli e la scuole della Fondazione «Karis Foundation». Entrambe hanno il loro valore nell’aspetto ecumenico ed educativo e questo è davvero un reale contributo alla speranza in un presente che può cambiare. Il fattore educativo infatti è l’unico punto concreto da cui partire oggi di fronte alla confusione generale, l’unico punto capace di rimettere in movimento la grande risorsa che è la persona quando non accetta la riduzione di sé a fascio di istinto e tornaconto, e riprende il respiro che le compete, segnato dal sigillo dell’infinito”.

Paolo Guiducci