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Certezza della pena, certezza del recupero

L’assessore di Zelig il cui motto era “i fatti mi cosano”, invece di preoccuparsi per il turismo del suo immaginifico comune, scende in campo per chiedere l’approvazione della riforma delle carceri. E lo fa con la consueta, travolgente simpatia, accompagnata da parole profonde e da uno sguardo umano.
Intervenuto a Bologna ad un seminario sulla riforma organizzato dagli studenti della Facoltà di Giurisprudenza, dal titolo “Dall’amore nessuno fugge”, dedicato alla esperienza delle carceri Apac in Brasile, il comico riccionese Paolo Cevoli ha catturato la platea dei ragazzi. “Anch’io, come voi, qualche anno fa mi sono laureato, ma questo tema del carcere mi ha sempre colpito”.
Non a caso Cevoli ha rilanciato apparendo in un video realizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII che in Italia gestisce sei Comunità Educanti con i Carcerati (CEC), strutture per l’accoglienza di carcerati che scontano la pena.

Cevoli, da Roncofritto alle carceri. Non è che stavolta ha fatto il passo più lungo della gamba?
“La situazione carceraria in Italia non è delle migliori. Approvare la riforma del nuovo ordinamento penitenziario significa fare un passo in avanti. Significa che le nuove realtà, come le Case del Perdono di Montescudo, diventino strutture accreditate nelle quali i carcerati possano scontare la pena detentiva.
La possibilità di redimersi dev’essere garantita a tutti. L’uomo, infatti, non è il suo peccato, o più precisamente come diceva don Oreste Benzi, l’uomo non è il suo errore. Insomma, l’uomo non è la cazzata che ha fatto: nella vita c’è sempre la possibilità di cambiare, di redimersi, di migliorare.
Vorrei che tutti quelli che possono fare qualcosa per questa situazione, la facessero”.

Da dove nasce questa tua prospettiva?
“Incontrando Giorgio Pieri, il responsabile delle Case del Perdono riminesi, ho
incontrato da vicino queste realtà, e mi si è aperto un mondo.
Dato che la mia caratteristica è la confusione mentale, ho subito desiderato diventare vostro amico.
Scherzi a parte, mi ha colpito una frase di Papa Francesco, pronunciata incontrando dei carcerati: «Io potrei essere uno di voi, essere qui in galera come voi». I romagnoli sono sempre <+cors>border line<+testo_band>, e il passo da sburone a coglione è breve. Proprio come finire in galera”.

Invece sei approdato alle Case del Perdono…
“Qui incontri persone. Storie. Volti.
Ricordo la discussione tra Pieri e un recuperando che raccontava la sua storia. Nel corso della sua esperienza aveva interpretato tutto il Codice penale. Nella Casa Madre del Perdono vige la regola delle 10 sigarette al giorno e il meccanismo dell’infame, che si sviluppa però al contrario di quanto avviene in carcere. Se tu non mi aiuti a ritrovare me stesso sei un infame. Questo ragazzo aveva venduto il suo turno di pulizia gabinetti per tre sigarette. E non si capacitava del rammarico di Pieri. «Ne ha combinate di tutti i colori, e tu ti focalizzi su una sciocchezza come tre sigarette».
La risposta di Pieri è da segnare con il circolino rosso. «Non è per le sigarette: se infrangi la regola vai contro te stesso».
Ancora una volta, è da sbandierare lo slogan di don Oreste: una persona può sbagliare tutto nella vita ma non può essere definito dall’errore che ha commesso.
Un ragazzo di 24 anni, il cui curriculum da delinquente si è infoltito da quand’era ragazzino per poi laurearsi, frequentare master e specialistica in malavita, mi ha detto: «Nella Casa Madre del Perdono ho trovato una possibilità per me stesso».
Il carcere quando non è inutile, è dannoso. Le esperienze alternative di Comunità Educante rappresentano una compagnia e un’amicizia e la possibilità di un percorso verso la rinascita”.

Non tutti sono concordi. C’è da valutare anche l’entità del reato e il timore che si tratti di una scorciatoia…
“Durante la sua visita a Bologna, Papa Francesco ha raccontato agli universitari il parallelo tra Ulisse e Orfeo di fronte alle sirene così belle e così brave che con il loro canto ammaliante suscitavano negli uomini un’attrattiva tale da condurli alla morte.
Di fronte alle seducenti Sirene, Ulisse e Orfeo si comportano in maniera differente.
Per superare indenne le seducenti figure mitiche, Ulisse adotta un metodo coercitivo: si fa legare all’albero maestro della nave e tappi di cera alle orecchie dei marinai.
Il capo degli Argonauti Orfeo, invece, per passare incolumi e proseguire il viaggio verso Scilla e Cariddi inizia a cantare un canto più bello di quello delle Sirene. La melodia di Orfeo era così deliziosa che i marinai la preferirono a quella delle ammalianti, pericolose Sirene. Giorgio Pieri e le sue Case del Perdono sono una sorta di Orfeo: il problema della pena non si risolve con il carcere ma abbracciando qualcosa di positivo. Questa esperienza di recupero è un canto orfico”.

Il tema è così serio, Cevoli, che Le ha fatto accantonare per una volta la leggerezza che solitamente la contraddistingue?
“Prima o poi lancerò la campagna «Adotta un galeotto». Mantenere queste persone nelle Case del Perdono costa 30 euro al giorno. E allora fai anche tu come Giuda, dona i tuoi 30 denari”.

A cura di Paolo Guiducci