Oltre cento sfratti al mese da gennaio ad agosto. Uno ogni 43 famiglie. Numeri che piazzano la provincia di Rimini al quarto posto in Italia per numero di esecuzioni giudiziarie in rapporto alla popolazione. E, quel che è peggio, il numero di sfratti è in aumento, rispetto allo scorso anno, del 27 per cento. Cgil, Cisl e Uil gridano all’emergenza. La crisi non ha fatto che peggiorare il dramma: da 753 richieste di sfratto, di cui 146 eseguite, nell’anno 2010, si è saliti a 1.212 richieste nel 2012, delle quali 523 eseguite. Dal 2007 l’incremento è stato quasi superiore al 50 per cento. Dall’altra parte, però, la provincia di Rimini conta 29mila alloggi sfitti, 16mila nel capoluogo.
La casa, più che un diritto, continua ad essere un sogno per chi non può permettersela e una tegola pesante per chi ce l’ha ma fatica a pagare l’affitto o il mutuo. A dimostrarlo anche i dati, sempre più preoccupanti, della Caritas Diocesana. Se il numero delle persone che si sono rivolte al servizio che nei primi nove mesi dell’anno, è il linea con l’anno scorso (2.060), sono aumentati, e molto, gli utenti che hanno chiesto un letto: 1.022 contro i 740 dei primi nove mesi del 2012. Va poi considerato il sostegno dell’associazione anti-usura Famiglie Insieme: da gennaio a settembre ha erogato prestiti a 365 famiglie per un valore complessivo di 325mila euro, il 40% per l’affitto, l’82% per le utenze domestiche. La fascia dell’emergenza riguarda, poi, sempre più famiglie proprietarie di un “nido”: alla Caritas di Rimini arriva il 70% in più rispetto a due-tre anni fa.
Quali risposte? Di fronte ad uno scenario dove lo Stato è sempre più assente e tutto è demandato a Regioni e Comuni, a loro volta con sempre meno risorse (basta pensare alla cancellazione del Fondo nazionale per gli affitti, che però potrebbe tornare col Decreto Lupi in discussione in Parlamento) due sono le emergenze. Una, più immediata, riguarda le famiglie che passano attraverso gli sportelli sociali dei Comuni; l’altra, più “nascosta”, comprende i nuclei che per i livelli di reddito non accedono agli aiuti pubblici e che devono scontrarsi con le logiche del libero mercato. Come spiega il direttore provinciale di Acer, Franco Carboni, “oggi in provincia 27mila famiglie non possono permettersi un alloggio di proprietà, 18mila nel capoluogo. Bisognerebbe attivare politiche attive, di sostegno per questi nuclei appartenenti alla fascia delle nuove povertà, il rischio è di allungare ulteriormente le liste d’attesa per gli alloggi popolari”.
“Occorre – concorda Andrea Buttafuoco del Sunia – ripensare le politiche abitative, fare squadra per reperire un maggior numero di alloggi per le persone in difficoltà, non andando a consumare nuovo territorio ma sfruttando le costruzioni a disposizione e riqualificando l’esistente. Vanno incentivate le ristrutturazioni, dai costi oggi proibitivi. Come? Il Comune potrebbe coprire il costo e il privato, in cambio, concedere l’alloggio per un tot di anni a canone calmierato”.
Opportunità al vento. Secondo Buttafuoco, andrebbero anche più sfruttate le opportunità che arrivano dall’Europa: “Ci sono fondi a disposizione, ma ci vuole il progetto. Dei progetti finanziati, al momento la regione ne conta solo tre, nessuno in provincia di Rimini”.
“Molti di questi fondi vanno nell’ottica della riqualificazione – replica l’assessore alle Politiche abitative del Comune di Rimini, Gloria Lisi -. Con l’assessore all’Ambiente stiamo cercando sinergie per aiutare i proprietari che non hanno risorse per mettere a posto i loro alloggi, così da rimetterli sul mercato”.
Un’altra opportunità persa è il canone concordato: un canone d’affitto più basso, concertato tra il Comune e le associazioni dei proprietari e degli inquilini, in cambio di agevolazioni fiscali (fino al 40%). Nel capoluogo come nel resto della provincia, non funziona. Neanche l’abbassamento dell’Imu, come spiega l’assessore Lisi, è bastato a convincere i proprietari.
“È un fatto di mentalità” spiega Daniela Montagnoli dell’associazione di proprietari Confabitare. “Molti alloggi, a Rimini, sono affittati solo d’estate e non hanno neppure il riscaldamento”. È anche vero però, prosegue Montagnoli, che con la crisi, “molti proprietari cominciano a rendersi conto che affittare per tutto l’anno a un canone inferiore di 100-200 euro a un inquilino di fiducia, può essere una scelta più intelligente che tenere l’alloggio sfitto”.
Garanzia pubblica: sì o no? La principale occasione persa, secondo Carboni, è però un’altra. Il vero problema, sottolinea il direttore di Acer Rimini, è che “sempre più famiglie non sono in grado di dare una garanzia sufficiente di solvibilità del canone, quindi automaticamente rischiano di rimanere fuori”. Quale soluzione? “Aumentare l’offerta pubblica di alloggi”. Due i modi: “Il primo: costruirne di nuovi (ad un costo medio di 120mila euro ad alloggio) o recuperare quelli che ci sono con la disponibilità dei privati”. Il secondo, “meno costoso che converrebbe sviluppare, è il reperimento di alloggi privati sul mercato con la garanzia pubblica. È quello che Acer ha tentato di fare in questi anni con la sua Agenzia di locazione, arrivando a un picco di 300 alloggi in tutta la provincia”. Ma oggi questa offerta si è abbassata notevolmente: a fine 2014 si prevede di scendere a 181. Manca un fondo di garanzia. “I Comuni hanno meno risorse da destinare anche perché sono molte le famiglie che non pagano o pagano poco. E noi, a nostra volta, non possiamo sostenere la morosità. Siamo pur sempre un’azienda che deve far tornare i conti”.
“È vero che le risorse sono venute meno – replica l’assessore Lisi – una volta c’era il Fondo per gli affitti. Dallo Stato arrivavano a Rimini 800mila euro e a questa cifra ne venivano aggiunti 400mila dal Comune. Lo Stato ha azzerato queste risorse ma il budget comunale non è venuto meno: 400mila euro a sostegno dei cittadini seguiti dallo Sportello sociale”. Perché non investire anche in questo Fondo di garanzia? “L’ente pubblico può fare da garante nel senso di sostenere la famiglia con un contributo, anche continuativo, per alcune tipologie di famiglie – prosegue Lisi -. Ma le fasce Acer sono di utenti molto in difficoltà, che fanno veramente fatica. Diventa difficile per un Comune deresponsabilizzare il singolo a pagare l’affitto. Non è un percorso educativo”.
Alessandra Leardini