Home Editoriale Capaci di umanità

Capaci di umanità

Quasi fosse una data che papa Francesco avesse scelto apposta, la domenica dopo la storica visita-pellegrinaggio penitenziale a Lampedusa, il vangelo ci ha proposto il brano del Buon Samaritano. Giusto per chiarire, per chi ancora non l’avesse capito, che il gesto compiuto dal Papa ha radice nel Vangelo e che solo a quello risponde. Il messaggio di Bergoglio è sempre quello: vivere il Vangelo è possibile e ridona alla nostra umanità un cuore di carne, è l’umanità di Cristo, che richiede una forte e decisa risposta personale. Parole di fuoco quelle di Gesù, parole di fuoco quelle di papa Francesco: “Dov’è tuo fratello?”
Vediamo – dice papa Francesco – il nostro fratello mezzo morto per strada e forse pensiamo ‘poverino’, ma poi tiriamo dritto per la nostra strada”. Ogni anno muoiono nel mondo (dato Unicef) 3 milioni di bambini, fra i 0 e 5 anni, per fame, 10 milioni per malattie conseguenti la fame, le violenze, la guerra, l’abbandono… Sono numeri che conosciamo e che ci scorrono davanti agli occhi distratti, quasi fossero titoli di coda di un film già visto. Eppure sono bambini veri, di carne, che piangono e sorridono come nostro figlio o nostro nipote… È la globalizzazione dell’indifferenza, che il Papa denuncia come malattia mortale dei nostri tempi. Di fronte ai 17.000 morti in quel tratto di mare che va dal NordAfrica alla Spagna, all’Italia, a Malta “chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle, per le persone che erano sulle barche, per le giovani mamme che portavano i loro bambini? L’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere”, cioè di essere umani. “La cultura del benessere ci ha resi insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma che sono futili e non portano a nulla…
Nessuno potrà più dire, afferma papa Francesco, “Non sono io, io non c’entro, saranno gli altri, non certo io…
Che fare? Dall’incontro col bisogno il samaritano cambia i suoi impegni e si fa prossimo del suo nemico: si ferma, lo fa salire sulla cavalcatura, perde del tempo e del denaro. Ama concretamente, fino al punto da cambiare in suoi progetti per fare spazio alle esigenze dell’altro sofferente.
È difficile, molto difficile, perché richiede un cambiamento a volte totale, una vera conversione a u. Ma il Papa è convinto e noi con lui, che tutto ciò sarà utile a noi come al fratello nel bisogno, perché ci ridona il bene più grande che abbiamo, la nostra umanità, la capacità di piangere e di sorridere, la com-passione, un significato al nostro correre, spesso invano.

Giovanni Tonelli