Home Attualita ANZIANI: ALCOL E GIOCO, LE DROGHE DELLA SOLITUDINE

ANZIANI: ALCOL E GIOCO, LE DROGHE DELLA SOLITUDINE

“Una normalità allarmante” dicono sociologi e psicologi, di cui si parla poco, sottostimata e spesso ignorata dall’opinione pubblica, con gravi ricadute sulle situazioni personali e familiari.  Non è raro vedere persone anziane che, al bar o dal tabaccaio, tentano la fortuna cimentandosi nei giochi d’azzardo più comuni, il Gratta e Vinci, la Lotteria istantanea o il Superenalotto. A volte a disagio, a volte come giustificandosi. Talvolta ammettendo di non recuperare mai le cifre spese. A fine mese il denaro sborsato è consistente, sottratto spesso a magre pensioni.

Il gioco d’azzardo non è però il solo “consumo” ad alto rischio per l’anziano. Anche l’uso tardivo di alcol, che insorge in tarda età, costituisce l’altra potenziale dipendenza cui vanno soggetti gli individui. L’Istituto Superiore di Sanità stima che un anziano su cinque sia a rischio per patologie e problemi correlati all’alcol; mentre nel 2019 il gioco d’azzardo ha bruciato 111 miliardi, quasi la stessa entità della spesa per il Servizio Sanitario Nazionale. È una realtà di cui si parla poco, sottostimata e spesso ignorata dall’opinione pubblica. Per gli anziani, sono comportamenti difficili da governare, che hanno ricadute sul loro benessere generale e su quello delle loro famiglie. Per i Servizi socio-sanitari, sono situazioni molto complesse da gestire. Per loro è una sfida da raccogliere: serve trovare strategie per prevenire e uscire da queste dipendenze.

È quanto emerge da una indagine condotta dall’Ordine degli Assistenti Sociali Lombardia (coordinata da Beatrice Longoni). I risultati sono stati presentati nel corso di un webinar e di un seminario, organizzati in collaborazione con il CISF (reperibili a questi link, https://www.youtube.com/ watch? v= l8J3wvZVMKQ e https:// www. ordineaslombardia.it/anziani-e-giocodazzardo/).

Ne parliamo con i due promotori di tali iniziative: Francesco Belletti, direttore del Centro Internazionale Studi Famiglia (CISF) e Beatrice Longoni, coordinatrice dell’indagine Gioco d’azzardo e alcol in età anziana: pensieri ed esperienze degli assistenti sociali lombardi.

 

Perché proprio gli anziani sono così facilmente esposti al rischio di questi “consumi” spesso fuori controllo?

Francesco Belletti: “Sono dipendenze spesso tardive; emergono per la prima volta in età anziana, spesso dopo il pensionamento, che innesca sovente una condizione dicrescenteisolamento. Ècosì che l’emarginazione, le ridotte disponibilità economiche spingono l’anziano a cercare false soluzioni; dei palliativi, quali l’alcol e il gioco d’azzardo, in cui rifugiarsi per sfuggire alle proprie fragilità. Sono consuetudini sociali generalmente accettate e non considerate devianti. Un bicchiere di vino fa buon sangue, si dice ancora. A sua volta il gioco d’azzardo è stato recentemente sdoganato a livello sociale, diventando un consumo di massa, con grande pervasività a tutti i livelli sociali”.

Beatrice Longoni: “I giocatori e i bevitori “tardivi” (che cominciano ad avere comportamenti problematici dopo i 65 anni) rappresentano un fenomeno che gli assistenti sociali conoscono bene: la solitudine è il fattore di rischio più alto per questi comportamenti. Dopo una vita assolutamente “regolare”, la fine del lavoro, una vedovanza, i figli lontani rendono gli anziani estremamente vulnerabili. Nel caso dell’alcol, ad esempio, è necessario tenere conto che la soglia di tolleranza diventa più labile con l’avanzare degli anni, e il “basso rischio” resta circoscritto al consumo di un solo calice di vino al giorno. È un’indicazione cui non si dà credito; che suscita incredulità e diffidenza. Il gioco d’azzardo, a sua volta, alimenta il sogno di facili guadagni, specie nelle persone anziane che si confrontano con più limitate risorse economiche. Sono persone che nella vita non erano mai entrate in un casinò o in una sala scommesse, ma che ora si calano nel gioco d’azzardo, che dà loro una carica di adrenalina. Progressivamente, si ritrovano a consumare l’intera liquidazione o i risparmi di una vita tra macchinette e Gratta-e-Vinci; trascinando in questo anche la famiglia, che spesso deve far fronte ai loro debiti. Purtroppo, l’accettazione sociale legata al bere e al gioco, insieme alla fatica che si fa a riconoscere quando inizia l’eccesso, e alla vergogna sociale delle famiglie nell’ammettere che esiste un problema, fa sì che il fenomeno arrivi a deflagrare quando ormai i problemi (economici, di salute, di relazione familiare e sociale) hanno già fatto terra bruciata intorno”.

Quali sono i segnali d’allarme?

Beatrice Longoni: “In una situazione di abuso di alcol, rileviamo di norma una progressiva trascuratezza nella cura della propria persona e della casa; la presenza di bottiglie; l’addome gonfio; le mani arrossate; i problemi di deambulazione; la richiesta agli operatori domiciliari di comprare bevande alcoliche. Nel gioco d’azzardo, il denaro della pensione che finisce rapidamente e non basta per arrivare a fine mese; il nervosismo, talvolta l’aggressività, quando si tenta di affrontare la questione”.

Con quali conseguenze?

Beatrice Longoni: “Il consumo di alcol è correlato a molteplici problemi di salute su cui perdura a tutt’oggi una grande disinformazione. Procura danni, oltre al fegato, al sistema immunitario e al cervello. Accelera il decadimento cognitivo. Aumenta il rischio di cancro all’apparato digerente e, per le donne, al seno. Incide sulla massa ossea e sull’equilibrio. Contrariamente a quanto si pensi, turba profondamente il sonno. Interferisce con i farmaci di cui gli anziani sono grandi consumatori. Incrementa l’ansia, la solitudine, la depressione, che si voleva sanare proprio con il ricorso all’alcol. Deteriora le relazioni di coppia e familiari. Si parla pochissimo di questi effetti, così come si è taciuto sull’opportunità di astenersi dal consumo di alcol immediatamente prima e dopo la vaccinazione contro il Covid, indicazione fornita da paesi europei come la Germania. La dipendenza dal gioco d’azzardo procura non solo un impoverimento economico a livello personale e spesso famigliare, aggravato dal ricorso alle finanziarie e ai prestiti d’usura; ma anche un impoverimento umano, relazionale, sociale”.

Cosa fare per accompagnare l’anziano e la sua famiglia a ritrovare la propria condizione di autonomia e dignità?

Francesco Belletti: “È fondamentale la presa in carico precoce: i segnali di questi comportamenti vanno intercettati al più presto, prima che l’alcol diventi dipendenza e i conti correnti siano svuotati nelle slot machines dei bar o in Gratta e Vinci. Ma per agire in tal senso serve una interdipendenza tra Servizi sociosanitari (servizi per anziani, SERT, medici di base e ospedali, gruppi di auto-mutuo aiuto) e le altre reti più informali (la famiglia, gli amici, il vicinato, gli abitanti del quartiere) che devono essere adeguatamente stimolate e sensibilizzate a recepire i segnali di rischio. L’anziano va mantenuto integrato nel vivo delle relazioni intergenerazionali. In altre parole dobbiamo promuovere un welfare di comunità, vale a dire si deve agire in modo che la protezione dell’anziano fragile si attivi all’interno della comunità in cui vive attraverso una presa in carico integrata sia da parte dei servizi formali sia di quelli informali. Attraverso questo aiuto “incrociato” si vuole consentire alla persona anziana, soggetta a queste dipendenze, di ritrovare la propria libertà e dignità”.

A monte, come farsi portatori anche di prevenzione?

Beatrice Longoni: “È necessario intervenire all’origine. Va cambiato il modello di presa in carico dell’anziano, rafforzando l’alleanza tra le varie realtà di cui si è parlato prima. Va aggiornata l’idea di anziano, sensibilizzando e informando sui tanti fattori di protezione e resilienza che lo aiutano a contenere il fisiologico declino fisico. Sul territorio, è importante valorizzare tutti i momenti di aggregazione degli anziani e l’impiego positivo del loro tempo, sostenendo i luoghi aggregativi “sani” (ad esempio centri aggregativi per anziani, sedi associative dedicate, Università della terza età) alternativi a quelli a rischio; mantenere alta l’attenzione, a livello comunitario, rispetto alle situazioni a rischio che possono essere intercettate precocemente”.

Lucia Carli