Continuano a morire. Nuove stragi di cristiani fanno decine di vittime, in Africa, da ovest ad est. Si ripete lo stesso rituale fanatico e terroristico, l’assassinio di massa dei fedeli inermi e gioiosi che celebrano la messa.
Il XXI secolo continua ad essere, come il XX, un’epoca di martirio per i cristiani. C’è tutta una fascia sub-sahariana che ribolle, appunto dalla Nigeria alla Somalia ed al Kenia, mentre nei Paesi arabi della “primavera” il giudizio è ancora sospeso. E gli episodi di violenza e di morte percorrono anche l’Asia, dal Pakistan alla stessa India.
Le reazioni ufficiali sono misurate: ne aveva parlato il Papa al Corpo diplomatico, all’inizio di quest’anno, dopo le stragi di Natale. Il segretario di Stato, di fronte ai morti di Kano, in Nigeria, e di Nairobi, in Kenia, ha affermato che “i cristiani, nelle trincee del mondo, nei Paesi africani, in Medio Oriente, sono un fattore di equilibrio e di riconciliazione, non di conflittualità. E quindi appare strano che ci sia un’intolleranza, un’aggressività così forte contro coloro che danno un contributo di riconciliazione, di pace, di giustizia e di solidarietà”.
Questo è il punto e una sorta di paradosso: accusati dalla propaganda jihadista di essere “crociati”, i cristiani sono di fatto i più inermi nel “conflitto di civiltà e di religioni” che una pervicace propaganda cerca di attizzare e prospetta con violenza, contro l’evidenza delle cose. Il paradosso è sottolineato dal fatto che ci sono governi e stati che programmaticamente non applicano il principio della libertà religiosa, che, come sappiamo, è la base e il fondamento di ogni libertà, e i governi occidentali, in nome di questi stessi principi, sono restii a levare la propria voce a tutela. Così la sensazione è che i cristiani, in diverse regioni, restano abbandonati a loro stessi, ad una violenza che strumentalizza la religione per fini di identità e di affermazione politico-ideologica. Si tratta di una situazione intollerabile non tanto da un punto di vista confessionale, ma da quello della garanzia e della tutela della libertà.
La questione delle stragi dei cristiani è ormai un’emergenza di politica internazionale e come tale deve essere messa in agenda. Sollevarla non collide con il pluralismo e la laicità delle istituzioni dei Paesi occidentali, ma diventa un atto di giustizia.
Resta la realtà della testimonianza inerme e inconsapevole di tanti cristiani che pagano con la vita una verità che è bene ribadire: nel mondo, oggi, il cristianesimo è un presidio di libertà, una garanzia di pluralismo, una riserva di umanità, un pungolo al progresso. È comunque certo che le ragioni della libertà e della verità non si possono mai conculcare del tutto e che la violenza non può prevalere. (SIR)