Nel 1865 Il compito odierno del dottor Enrico Bilancioni (1808-1888), secondo A. Piromalli, denuncia “la pesantezza delle esazioni fiscali e l’altissimo numero di analfabeti esistenti in Italia”, 17 milioni sui 22 (77,2%) di cittadini registrati al censimento del 1861. Gli abitanti dell’Emilia sono 2 milioni (9%), con una media di analfabeti dell’81%, maggiore nelle nostre zone a Sud (A. Berselli).
Pure il padre di Enrico, Domenico, originario di San Clemente, è medico: lavora come primario all’ospedale di Rimini. Nella carica gli subentra il figlio, un fervente sostenitore dell’indipendenza e della libertà della patria.
Nel 1831 Bilancioni si è prodigato alla Celle nelle cure ai molti feriti tra i duemila volontari scontratisi con l’esercito austriaco il 25 marzo. Nel 1848, poco dopo l’uccisione (20.9) di un figlio del notaio Giacomo Borghesi, “fu aggredito da ignoto sicario in mezzo a due suoi teneri figlioletti, mentre con essi conducevasi a casa” (C. Tonini). Quasi difeso dai due fanciulli, Domenico ed Eleonora, egli resta lievemente ferito.
Nel 1848 è nominato nello stato maggiore della Guardia Civica istituita (5.7.1847) da Pio IX, e considerata dai patrioti come garanzia di libertà. Nel 1859 è nella Commissione municipale che assume i poteri di Giunta e Consiglio comunale dopo la fine del potere temporale (21.6), contro cui si è battuto in nome della “evangelica legge di libertà e fratellanza”. Poi è deputato all’Assemblea della Romagna. Nel 1860 partecipa all’impresa giornalistica della “Favilla” di cui escono soltanto 17 numeri tra 11 febbraio e 14 aprile: è il primo periodico cittadino “in senso assoluto con notizie politiche, economiche e statistiche” (G. C. Mengozzi). Lo dirige il medico bolognese Vincenzo Serra (1814-1898) che lavora a Rimini come secondo chirurgo dal 1850, con la collaborazione di un altro medico, Alessandro Niccolini (1825-1892), che il 16 aprile 1859 è stato arrestato per motivi politici. Nel 1880-1881 collabora a La Parola, rivista rivolta al clero e diretta da don Giovanni Trebbi (P. G. Grassi).
Suo fratello Pietro (1808-1877), vissuto e morto a Ravenna, è avvocato e studioso di letteratura umanistica, compilatore di una Raccolta di rimatori antichi, apprezzata da Carducci e conservata all’Archiginnasio di Bologna. Suo figlio Domenico (1841-1884), medico e fervente mazziniano, è tra i 28 repubblicani arrestati il 2 agosto 1874 a Rimini, sul colle di Covignano, a villa Ruffi. (13. Continua)