Nelle dinamiche familiari contemporanee, le modalità educative delle madri hanno subito trasformazioni profonde: da un lato una società che ci impone di essere sempre brillanti e perfetti, dall’altro i social, che propongono modelli di vita lontanissimi dalla quotidianità reale.
Questa miscela (altamente pericolosa) ha plasmato una nuova figura di “madre moderna”, diversa dalle generazioni precedenti soprattutto nelle scelte alimentari e nella gestione della salute psicofisica dei figli.
Un termine che sta emergendo con forza nel dibattito sociale è quello di almond mom: una madre che, pur animata da buone intenzioni, finisce per trasmettere messaggi talvolta tossici riguardo nutrizione e immagine corporea ai propri figli. Origini e significato si intrecciano in un racconto che attraversa stili di vita, preferenze alimentari e la crescente attenzione a salute e benessere. E riguarda anche l’Italia. Rimini compresa.
Cosa sono le Almond Mom?
Il termine fonda le radici su un trend nato negli Stati Uniti e diventato poi virale su TikTok: una madre proponeva alla figlia qualche mandorla (in inglese ‘almond’) come “snack salutare” consigliandole di masticare “bene bene”. Nulla di strano, se non fosse che dietro quel gesto si nasconde un approccio più ampio e problematico: il controllo ossessivo sul cibo e sul corpo. Le almond mom, infatti, sono madri che “spingono” in modo esasperato sulla forma fisica, sacrificando l’equilibrio di una dieta completa e incoraggiando allenamenti estenuanti. Il risultato? Figli che crescono con comportamenti alimentari restrittivi e spesso poco salutari.
Rischi e disturbi alimentari
Crescere in un ambiente dominato dall’ideale dell’almond mom può avere conseguenze devastanti: i disturbi alimentari, dall’anoressia alla bulimia, sono infatti in aumento tra i giovani.
In Italia (e anche a Rimini) negli ultimi anni si è diffusa la cultura della dieta restrittiva e del fitness ossessivo, alimentata dall’idea di perfezione che i social continuano a promuovere. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i disturbi alimentari tra gli adolescenti italiani sono aumentati del 30%: una cifra allarmante che conferma quanto la “cultura della magrezza” incida negativamente su salute mentale e fisica delle nuove generazioni.
Crescere con una almond mom
“Se c’è una cosa che ricordo perfettamente della mia infanzia è che qualsiasi cosa mangiassi doveva prima avere l’approvazione di mia madre. – racconta Sofia, 27 anni, di Santarcangelo – Non mi sono mai chiesta se fosse normale o meno: ero solo una bambina. Ma ricordo bene la sensazione dei crampi allo stomaco per la fame in alcuni momenti della giornata”.
Poi arrivò la normalizzazione di tutto. “Mamma era ossessionata dalla ‘bellezza in ogni singolo dettaglio in ogni sua sfumatura’, come la chiamava lei. La sua e la mia. A soli sei anni mi iscrisse a danza classica, per me l’alimentazione era quella che mi aveva insegnato lei. E anche la linea di pensiero che adottava la maestra di danza non era tanto diversa: sottolineava solo, ad ogni lezione, di non presentarsi mai ‘appesantite’. Così interiorizzai tutto questo”.
Un ricordo ancora doloroso è quello delle merende al parco: “Mentre le altre bambine per merenda prendevano un gelato, mia madre non me lo comprava mai; alle mie proteste rispondeva sempre: ‘Lo faccio per te, un giorno capirai’. Ma io non capivo, vedeva una ragazza in sovrappeso e mi diceva che non avrei mai dovuto diventare come lei: facevo danza e le ballerine dovevano essere eteree e filiformi”.
E l’adolescenza non migliorò le cose.
“Anzi, con i social iniziai a seguire modelle che parlavano solo di diete impossibili ed esercizi massacranti e iniziavo a notare che anche le mie coetanee cominciavano a seguire regimi sempre più simili ai miei in età adolescenziale. Questo mi confermava che non ero la sola a vivere così”. Nessuno le fece mai aprire gli occhi. “Né a casa né a scuola. Anzi, insegnanti e professori mi facevano i complimenti perché durante la ricreazione mangiavo solo frutta o yogurt”. La svolta arrivò d’estate, con i primi lavori da babysitter: “Portavo le bimbe che mi erano state affidate al parco e spesso i genitori mi lasciavano qualche soldo per la merenda. Indovinate cosa sceglievo? Il gelato. Lo compravo per loro… e per me. Quei pomeriggi erano il mio piccolo spazio di libertà da una dieta ferrea imposta da mia madre”.
E ovviamente la questione cibo migliorò con l’inizio dell’Università, lontana da casa: “Un aspetto che più mi piacque di quegli anni è che, essendomi io iscritta alla facoltà di Giurisprudenza a Bologna, andai a vivere in affitto nel capoluogo emiliano; il che per me significava una cosa: piena autonomia di scelta, soprattutto nelle mie abitudini alimentari. Niente regole, aperitivi tutte le volte che mi andava e pranzo con i colleghi universitari. In quel periodo feci ‘pace’ con il cibo e scoprii il valore della bontà della gastronomia italiana; forse è grazie a quella ‘rinascita’ se, ora come ora, adoro cucinare e poi mangiare quello che cucino”.
Oggi Sofia ha un messaggio per chi cresce con un’almond mom: “Da un lato sarete grate a vostra madre per avervi tenuto lontane dalle merendine e da tutto il cosiddetto ‘cibo spazzatura’, dall’altra faccia della medaglia rischiate conseguenze psicologiche e fisiche importanti: io ne sono la prova. Il rapporto con il cibo non è mai stato semplice, un odio-amore che porto ancora con me. Ma sono uscita più forte: ora so che non voglio più ‘fare la guerra’ al cibo”.
E conclude: “Informatevi sempre. Confrontatevi con nutrizionisti ed esperti. I disturbi alimentari possono presentarsi in qualsiasi momento. Soprattutto in adolescenza, che è una fase delicata: chiedere aiuto non è debolezza, ma forza e coraggio”.
Il punto
Educare i figli a un’alimentazione sana è un atto prezioso, ma il confine tra attenzione e ossessione è sottile. Quando il cibo diventa solo calcolo di calorie e il corpo si riduce a un progetto da controllare e modellare, il messaggio che passa alle nuove generazioni è chiaro: non sei mai abbastanza.
Federica Tonini

