Home Cultura ALLEGRIA, STUDIO, PIETÀ: ALBERTO, IL SALESIANO

ALLEGRIA, STUDIO, PIETÀ: ALBERTO, IL SALESIANO

La formazione di Marvelli tra oratorio salesiano e Azione cattolica (1)

Quando la famiglia Marvelli nel 1930 si stabilisce definitivamente a Rimini, i ragazzi iniziano a frequentare l’oratorio salesiano della parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice. In anni in cui l’educazione, a cominciare dai ballila, aveva come obiettivi credere obbedire, combattere, all’oratorio Alberto impara invece a vivere le tre dimensioni care a don Bosco: l’allegria, lo studio, la pietà, che saranno la sua guida specialmente quando diventerà a sua volta educatore.

La gioia sarà sempre un tratto caratteristico della personalità di Alberto: egli ne vede la radice nella energia che è propria della giovinezza, che è – o almeno dovrebbe essere – per definizione età in espansione gioiosa e libera. E nello stesso tempo la gioia è per lui, come per don Bosco, il risultato di una valutazione cristiana della vita, poiché dalla buona novella non può non scaturire un ottimismo fiducioso e positivo.

Essa è alimentata dalla vita di grazia, che è risposta a Dio che chiede di servirlo in ogni ambiente: “Per possedere la gioia cristiana dobbiamo servire Dio. Servire Dio nel nostro ambiente abituale, di famiglia, di lavoro, di scuola, di svago. Non crediate che per servire Dio occorra farsi sacerdoti o frati, e neppure occorre pregare sempre in chiesa. Noi serviamo Dio adempiendo scrupolosamente e volentieri il nostro dovere; lo serviamo anche quando ci divertiamo, purché questi divertimenti siano leciti e non siano contrari alla legge ed alla morale cristiana”.

Non per nulla uno dei suoi modelli è Domenico Savio, canonizzato nel 1933, il giovane allievo al quale don Bosco aveva insegnato che per diventare santi occorre vivere con gioia la vita di tutti i giorni. La gioia inoltre risponde a una precisa finalità educativa, perché bisogna amare ciò che piace ai giovani perché essi imparino a vedere l’amore anche in cose che possono piacere di meno: Allegria cosciente per trasformare l’allegria incosciente dei ragazzi. Amare ciò che amano i ragazzi, affinché i ragazzi amino ciò che noi amiamo.

È con questo atteggiamento positivo che Alberto inizia a stare insieme agli altri ragazzi, guardando al loro mondo con comprensione e simpatia, fiducioso nella forza del bene che è presente in ogni persona; che si impegna a creare per loro un ambiente fatto di relazioni autentiche, amorose e solidali, curando con passione le attività dell’oratorio e l’organizzazione del tempo libero: sport, passeggiate in bici, escursioni, teatro.

Vi sono due specie di divertimenti: divertimenti e svaghi ove noi siamo o possiamo essere attori; altri dove siamo per forza spettatori. Senza esitazione sono da scegliersi i primi, migliori sotto tutti gli aspetti. Passando alla pratica, preciso che i primi sono tutti gli sport all’aria libera, dalle passeggiate alle corse, dallo sciare al calcio, dalle ascese in montagna al nuoto; sport che, mentre producono un miglioramento fisico indiscutibile, se praticati con semplicità e slancio, possono anche affinare le virtù morali, perfezionare la nostra vita intima, aiutarci con vittorie terrene alle vittorie dello spirito, alla suprema vittoria dell’anima. Ogni vittoria nello sport attivo sia in coppia con una vittoria dell’anima. Come con l’allenamento si cerca di migliorare le nostre possibilità fisiche, così la nostra anima si spinga in una continua ascesa, in un volo verso la perfezione, verso il cielo”.

La serietà dello studio era il secondo “dovere” al quale don Bosco richiamava i suoi discepoli. Non uno studio fine a sé stesso o in vista di una affermazione personale, ma uno studio che si deve fare carità, cioè servizio per gli altri. Per questo non può coinvolgere solo l’intelligenza, ma anche la volontà e soprattutto il cuore.

Chi studia per conquistare la verità, per piegare il carattere nello sforzo, per meritare nel sacrificio, per toccare Iddio più da vicino, spende con somma prudenza ed al più alto interesse il talento di Dio. Questa è scienza per la vita: quella terrena e quella celeste. È bellissima carità studiare per la consolazione di chi ci ama, per dare la mano al compagno meno agile, per essere domani soldato più valido e più cosciente nella conquista delle anime a Dio. Qui la scienza si fa carità ed amore. Sale all’ordine perfetto ed immutabile, perché «la carità non passerà mai». Lavori il giovane studente a formarsi spiritualmente nel buono spirito…E da ultimo, a formarsi spiritualmente nella intelligenza per vedere sempre senza illusioni la verità, la verità universale e quella che traduce la sua situazione; a formarsi nella volontà per volere sempre quello che è il suo vero bene, che lo migliora e lo introduce nella vita premunito e robusto; a formarsi nel cuore per amare ciò che merita di essere amato, ciò che soddisfa le esigenze oggettive della natura umana, non ciò che l’avvilisce e la debilita”.

Per poter sperare di essere in grado di raggiungere mete alte occorre infine la pratica della pietàNon un sentimentalismo o un pietismo che si affida solo ad atteggiamenti esteriori, ma una vita di fede convinta, cosciente, fondata sulla preghiera e la partecipazione ai sacramenti.

Lo aiutano in particolare le due “ali” spirituali che gli dona la pedagogia dei salesiani: l’amore per la Vergine: “La Vergine immacolata è un capolavoro figliale, capolavoro di nascondimento, capolavoro di grazia, capolavoro di pienezza. Essa è piena di virtù e di santità e noi siamo vuoti. Essa è piena di grazia e di amore e noi siamo pieni di odio e di leggerezza. Quale esempio mirabile per noi la Vergine! Quale alta mira! Miriamo in alto: se noi guarderemo in alto, al cielo, non potremo respingere quella forza che ci attrae a Maria e che da Lei si effonde come dalla Madre della Grazia, perché Madre della Sorgente della Grazia”.

e la passione per l’Eucaristia:Altri strumenti sono la meditazione, che è chiamata dai santi «preghiera somma»; la devozione alla Vergine Immacolata, Madre misericordiosa e buona, che sempre ha aiutato i suoi fedeli, ed infine, l’Eucaristia, quest’ostia divina che è chiamata pane dei forti. A ragione l’ho ricordata in ultimo, sia perché è l’aiuto più alto e più sublime che il Signore ci possa dare, sia perché vi rimanga più impresso. Amiamo l’Eucarestia fino allo spasimo. Riceviamolo spesso questo sacramento d’amore e sarà l’inizio del viaggio verso una vera e completa purezza, verso una vera santità, perché l’Eucaristia è un sacramento che ci impegna a fondo e non può lasciarci indifferenti”.

Nei confronti dell’Eucaristia Alberto usa un linguaggio ricco di una straordinaria forza emotiva. Nelle pagine del Diario annota: “Ogni qualvolta mi accosto alla santa comunione, ogni qualvolta Gesù nella sua divinità ed umanità entra in me, a contatto con la mia anima, è un accendersi di santi propositi è come un fuoco che arde, il quale entri nel mio cuore, una fiamma che brucia e che consuma, ma che mi rende cosi felice […] e allora mi abbandono tutto ad un colloquio intimo con Gesù, la mia umanità scompare, potrei dire, lì vicino a Lui; tutti i dubbi, tutte le incertezze sono sparite, gli ostacoli appianati, i sacrifici resi gioiosi, le difficoltà gradite. Infine mi inoltro nel pensiero infinito di Dio, come un povero cieco desideroso di luce; sogno il paradiso, la gloria dei santi, lo splendore della visione dell’Eterno, la radiosa felicità dei beati che godono e vivono eternamente, perché hanno amato sulla terra Dio e il prossimo”.

Alla pedagogia dei salesiani Alberto rimase sempre legato: anche anni dopo, nel 1943 in una relazione tenuta in occasione di un Convegno aspiranti e nel 1946, in una lezione rivolta ad un gruppo di genitori, continuerà a proporre il metodo educativo di don Bosco, fiducioso che anche in mezzo alle macerie della guerra fosse possibile per un credente vivere la gioia.

(1 – continua)

Cinzia Montevecchi