Alcol e minori: cocktail micidiale

    Succede soprattutto il sabato sera. Dopo i libri e la “vasca” in città, l’uscita è alle porte. Verso le 22 si parte con i motorini verso la discoteca. Proprio qui, l’alcol entra in circolo. Appena un paio di drink e lo sballo arriva. In questa sequenza ordinaria e con pochi colpi di scena si consumano i fine settimana di centinaia di minorenni riminesi che sempre più decidono di far uso di alcolici, sempre e solo per un motivo: “farsi notare”, confidano loro stessi.
    Nonostante i divieti assoluti di vendere alcol ai minori di 16 anni (Art. 689 C.P.), i gestori dei locali fanno gli indiani e sono gli stessi giovanissimi a dichiararlo: “Non è mai successo che qualcuno mi chiedesse l’età o la carta d’identità, nemmeno a tutti gli altri del mio gruppo”, confida Marco di 15 anni. Tra i più frequentati della zona spiccano il Paradiso, La Mecca in inverno e Coconut, Rockisland d’estate. Vere e proprie macchine del divertimento a disposizione dei giovanissimi, ma è proprio qui che il discusso limite dell’alcol ai 16enni si trasforma in un ricordo. “Di solito il limite di vendita degli alcolici scatta solo alle 2, ma d’estate si continua fino a tarda notte – racconta Andrea di 14 anni – è possibile bere una birra o un qualsiasi altro drink senza problemi e nessun tipo di controllo”.
    Un fenomeno, quello dell’alcolismo tra i giovani dai 14 a 17 anni, che sta sempre più prendendo piede, affermando modalità estranee alle abitudini mediterranee, ovvero si consuma alcol lontano dai pasti, in un breve periodo di tempo e in grandi quantità. “Di solito si beve il sabato sera ma chi esagera lo fa sempre per farsi notare degli amici o dalle ragazze. Anche le nostre amiche non scherzano, magari provano qualcosa di più leggero, ma ugualmente bevono”.
    Le abitudini alcoliche spaziano tra cocktail alla frutta con vodka, drink a base di vodka e rum, birra, shortini cubani, quest’ultimi i preferiti dalle ragazze. Anche nella vecchia pescheria, tra le cantinette, il divieto di vendere alcol ai minorenni è facoltativo; nonostante alcuni gestori appongano le note tabelle alcolemiche, nessuno si tira indietro.

    Qualcosina Party feste in collina
    Lo stesso succede nelle feste a consumazione illimitata, note come Qualcosina Party o Festa in Collina: una volta pagato il biglietto d’ingresso la corsa all’alcol inizia. Minorenni esclusi?
    “L’ingresso è vietato ai minori di 18 anni e per questo chi è all’entrata può chiedere la carta d’identità. Qualcuno però scappa sempre”, ammette uno dei responsabili. Se nella Festa in Collina con 15 euro si entra e si hanno due consumazioni libere, al Qualcosina Party con 10/15 euro si conquista un tour etilico tra drink di vario genere. In questo meccanismo pericoloso ci si chiede di chi sia davvero la responsabilità: dei gestori dei locali, dell’Amministrazione o degli educatori?
    A Milano, ad esempio, l’estate scorsa la situazione è stata presa di petto: il divieto del provvedimento varato a luglio riguarda la vendita, la somministrazione, il consumo, la detenzione e anche la cessione gratuita di alcol. Per gli adolescenti la multa è di 450 euro (che diventerà di 500 euro se non sarà pagata entro i primi cinque giorni). Rimini non arriva a tanto, ma tenta di imitare a modo suo. Chi si è mosso silenzioso ma efficace è stato il centro I Malatesta; solo appena un anno fa è stata affissa la cartellonistica che prevede il divieto di vendita dell’alcol ai minorenni, come del resto in tutti i punti Coop.
    “L’obiettivo è disincentivare l’acquisto di alcol da parte di giovanissimi in modo serio, evitando di essere poliziotti ma solerti nei confronti di chi si presenta alla cassa”, chiarisce Marco Gallerani direttore del centro. La regola di fondo è la stessa anche per Confcommercio.
    “Non mettere la testa sotto la sabbia è la prima cosa da fare – spiega Richard Di Angelo, presidente di Confcommercio – da parte dei commercianti c’è una presa di coscienza, si cerca di far rispettare la norma”.
    Sì, ma come?
    “Chi gestisce locali in cui si vendono alcolici ha anche un minimo di esperienza e sa riconoscere chi vuole fare il furbo. Poi tra i ragazzi si sparge subito la voce dei locali in cui si può bere e dove no. Da parte nostra c’è presa di posizione, in quanto non si tratta solo di business ma anche di una funzione sociale svolta da tutti gli esercenti”.

    Sta di fatto che i giovanissimi ammettono candidamente l’uso di alcol, ma nessun adulto ammette falle enormi nella gestione del problema.
    Basterebbe la legge (Art. 689 C.P. Somministrazione di bevande alcoliche a minori o a infermi di mente) ma la sua applicazione non è ferrea e lascia spazio a pugni duri come quello milanese della scorsa estate.

    La soluzione alternativa
    A Rimini Richard Di Angelo azzarda una soluzione alternativa.
    “Un modo migliore per gestire il tutto, ipoteticamente, ci sarebbe. Basterebbe vendere alcol solo nei locali deputati al consumo con licenze speciali. Ovvero, dopo le 23, bisognerebbe vietare la vendita in tutti i locali, se non in quelli che hanno una licenza specifica. Ultimo, non per importanza, educare i giovani a una cultura del bere più responsabile”.
    Secondo questa nuova visione non mancherebbe il controllo più attento dei gestori e il costo del drink sarebbe un deterrente per chi ha deciso di ubriacarsi.

    Marzia Caserio