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Adolescenti on-life e un rapporto non virtuale

Il tema è di grande attualità e interesse per educatori e insegnanti, genitori e counselor. In realtà, per la società intera. Di adolescenti, on line, e mondo reale e virtuale se n’è parlato grazie al Centro per le Famiglie del Comune di Rimini che ha promosso l’incontro: “Adolescenti on-life! Crescere nella società di internet e del narcisismo” ospitando Matteo Lancini, autore del libro Adolescenti navigati: come sostenere la crescita dei nativi digitali (Erikson). Psicologo-psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro, ha risposto ad alcune domande relative alla questione affrontata a Rimini.

Dottor Lancini, che cosa si intende con l’espressione on-life?

“Adolescenti on-life è una efficacissima espressione dello studioso Luciano Floridi che ha concretizzato un dato sempre più evidente: la distinzione tra reale e virtuale non esiste ma, anzi, le due esperienze si intrecciano, così come è più labile la differenza tra pubblico e privato, viviamo tutti sempre più on-life.

Mi piace parlare di internet come di un ambiente in cui si fanno esperienze. Ben prima di questa emergenza sanitaria si erano ridotti gli spazi di gioco e socializzazione delle nuove generazioni. I giovani hanno quindi cercato nuovi spazi: dai cortili ai giochi virtuali. L’adolescenza è un processo creativo, di costruzione dell’identità, e anche gli strumenti virtuali permettono di esprimerla. Ma non solo: non si tratta più di esperienze in solitaria, ma possono diventare – come nel caso di Martina Socrate un vero e proprio lavoro. Non possiamo più permetterci di guardare con snobismo a questo fenomeno”.

Due anni di scuola e didattica online hanno fatto emergere molte domande sul rapporto tra adulti, adolescenti e tecnologie. Che cosa abbiamo appreso?

“Il lockdown ha fatto esplodere i tanti paradossi del mondo adulto. Abbiamo cercato per anni di allontanare gli adolescenti dagli schermi e da internet e poi li abbiamo costretti a stare davanti a computer e tablet per ore senza una riflessione o una forma di protezione. Non possiamo accusare internet di essere causa di disconnessione dalla realtà, quando invece siamo stati noi adulti a spingere i ragazzi a disconnettersi dal reale.

Anche sul fenomeno dei ritirati sociali bisognerebbe fare chiarezza. Chi vive questa condizione spesso non riesce neanche ad accedere ad internet, quindi è sbagliato incolpare le tecnologie per la situazione che vivono questi giovani. C’è una difficoltà degli adulti ad essere forti e responsabili, ci scopriamo fragili nel nostro compito educativo. Io non credo molto neppure nelle forme di parent control, penso che bisognerebbe molto più lavorare sull’assunzione di responsabilità e su un’educazione digitale che andrebbe svolta anche a scuola”.

Esistono strategie educative autorevoli ed efficaci per rispondere alle esigenze evolutive dei nativi digitali?

“Preadolescenti e adolescenti vanno compresi nella fase più delicata della loro crescita. Al contempo, l’aumento vertiginoso delle relazioni virtuali hanno modificato profondamente il profilo degli adolescenti contemporanei, lasciando gli adulti quasi sempre sgomenti e impreparati a gestire la sfida della crescita di figli o studenti.

Occorre dunque trovare soluzioni alle difficoltà più comuni e insegnando, ad esempio, a capire chi è, e come interagire con, un nativo digitale. Ma anche rivedere le funzioni paterne e materne nell’era di internet; gestire i rapporti scolastici con insegnanti e dirigenti; riconoscere i fenomeni del ritiro sociale e della sovraesposizione virtuale; affrontare e ridurre la dipendenza da internet.

Trovare insomma il giusto equilibrio tra l’esigenza di controllo e il bisogno di fiducia”.