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Acqua pubblica: il rubinetto della discordia

La Provincia di Rimini è ancora lontana dal decidere se “ripubblicizzare” l’acqua in accordo con la volontà popolare espressa nel Referendum del 2011 in cui ha prevalso il “sì” per l’abrogazione del Decreto sulla privatizzazione dell’oro potabile. Reggio-Emilia, Parma e Piacenza sono ad uno stadio più avanzato del processo. Napoli e Palermo bevono già acqua pubblica.
Si è tenuto pochi giorni fa l’incontro riminese di Atersir, l’Agenzia territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici e i rifiuti, che chiama a raccolta tutti i sindaci della Provincia. Gestione pubblica o bando di gara fra privati? Per ora è ancora fumata nera. Il mandato di Hera è scaduto nel 2012 e prorogato fino all’estate prossima. Il Comitato Acqua Bene Comune lamenta che si sia parlato solo dei costi e non dei benefici della ripubblicizzazione dell’acqua.

Sentimenti contrastanti tra i sindaci. C’è chi si preoccupa per i bilanci comunali, chi non vede l’ora di tornare a gestire i rubinetti. Domenica Spinelli, sindaco di Coriano, invoca lo studio di fattibilità: “Bisogna rispettare il risultato referendario. Siamo l’unico Comune ad avere le idee chiare su questo”. L’incontro coi colleghi non l’ha convinta: “Si è perso di vista l’obiettivo principale: la volontà dei cittadini. A prevalere è la paura. La relazione del coordinatore Stefano Giannini è solo un elenco di spese atto a dimostrare l’incapacità dei Comuni. E i benefici?”.
Come mai la Spinelli non ha “paura”? “Perché ci sono gli introiti derivanti dalle bollette. Nessuno ha detto che quelli si possono usare per gli investimenti. Non è stato specificato a quanto ammontano e quali investimenti occorre fare e in quale arco di tempo”. La cosa che più la infastidisce è che l’affidamento della gestione dell’acqua ad Hera è scaduto da due anni “e nel frattempo i Comuni non sono mai entrati nel merito della questione. Al nostro territorio contesto il non aver avviato uno studio di fattibilità. Doveva pensarci Giannini”. Spinelli auspica l’istituzione di società in-house “che non facciano utili, ma che utilizzino i soldi dei cittadini per gli investimenti”. Sarà così possibile abbassare le bollette? “Lo studio di fattibilità dovrà dirlo. Per ora bisogna marciare tutti nella stessa direzione, condividere l’onere delle società in-house, perché da sola Coriano non può permettersi di tornare all’acqua pubblica. La scelta deve essere provinciale. Ma se penso che all’incontro erano presenti solo 16 sindaci su 27…”.
In un insolito gemellaggio fra centro-destra e Rifondazione comunista, il sindaco manifesta la sua solidarietà per l’assessore all’ambiente del Comune di Rimini, Sara Visintin, che ha manifestato fuori dalla Provincia coi membri del Comitato per l’acqua pubblica (da ex portavoce).

Il sindaco rappresentante. Ha sostenuto il “sì” al referendum, ma ora il pragmatismo frena Stefano Giannini, sindaco di Misano e coordinatore provinciale Atersir.“Vogliamo davvero costringere i Comuni a non fare altri investimenti oltre agli acquedotti quando ci sono tanti settori che ne avrebbero bisogno?”, si domanda. “Da noi il cuore del servizio idrico (produzione e distribuzione primaria) è già pubblico. La diga di Ridracoli è stata realizzata a totale capitale pubblico. La società che gestisce l’acqua dalle fonti ai serbatoi comunali (Romagna Acque) è pubblica e il suo servizio è incedibile. Il pubblico ha fatto la sua parte. C’è un mito da sfatare: in Italia solo il 5% dell’acqua è privatizzata; il 60% è gestito dai comuni e l’altro 35% da società miste a capitale pubblico”. Piacenza e Reggio-Emilia stanno sperimentando “le difficoltà legate a questi tipi di investimenti e ora sono inchiodate”. La gestione pubblica costerebbe a Rimini 200milioni di euro in 10 anni più 113milioni di indennizzi per gli investimenti fatti, e non ancora ammortizzati, da Hera. Le bollette raccolgono 65milioni di euro. “Numeri già noti”, dice il sindaco rispondendo alle richieste di chiarimenti di Spinelli. “Commissionerò uno studio dettagliato, comune per comune”. Il tema, ancora prima che ideologico, per Giannini è finanziario: “L’Italia ha il più basso tasso di investimenti nel settore e sprechiamo oltre il 35% dell’acqua. Rimini è in ritardo su fognature e depuratori, e viviamo in un contesto eccezionale: la Romagna è poco piovosa (quanto Sicilia e Puglia) e nel contempo siamo il bacino turistico più ampio d’Europa, un territorio idro-esigente. Il mare è basso e richiede fogne eccellenti che verranno completate a breve dietro un investimento di centinaia di milioni di euro”. Ecco perché fa gola la gara europea fra privati “che possono accedere ai fondi più facilmente delle società a capitale pubblico”. Ai membri del Comitato Acqua Pubblica che chiedono un maggiore coinvolgimento, risponde: “Ho sempre partecipato ai loro incontri e li abbiamo invitati. Il coinvolgimento è massimo e di tempo per discutere ne abbiamo quanto ne vogliamo, ma bisogna parlare in modo pragmatico e non ideologico”. E chiarisce: “Il risultato del referendum non impone di passare alla gestione pubblica, ma aggiunge quest’ultima come alternativa alla privatizzazione”.

Anche Bellaria guarda con favore alla ripubblicizzazione, ma “è escluso che il Comune possa accollarsi la gestione – rivela l’assessore all’Ambiente Giovanni Giovanardi -. Ciò presuppone un indebitamento di 8milioni di euro verso Hera che non possiamo permetterci. Vanno fatti degli studi. Ancora non abbiamo i dati in mano per colpa nostra e di Aterisir: alla conferenza siamo arrivati a digiuno di valutazioni”. E se dai calcoli dovesse risultare un’operazione infattibile? “Allora dovremmo renderne conto ai cittadini. Dall’anno del referendum ad oggi le norme finanziarie sono molto cambiate. Secondo il Patto di stabilità i Comuni non possono accendere mutui, cosa che una società in-house potrebbe fare. Per questo valutiamo questa opzione. Forti della tariffazione, tali società potrebbero ottenere dalle banche un prestito”.

Mirco Paganelli