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Accogliere: un verbo mai a numero chiuso

Un clochard africano di 54 anni, Fall Baye Thierno, morto di freddo in stazione, a Rimini. La tragedia dei clandestini in mare. I tanti rifugiati accolti nel riminese, quelli che all’Hotel Royal di Cattolica ad esempio chiedono verità e giustizia senza integrazioni a basso costo e scorciatoie. Le schiere dei senza tetto, anche stranieri, che cercano rifugio tra le pieghe della provincia.

Far finta di nulla di fronte all’emergenza che coinvolge anche gli stranieri, non si può. È disumano. Questa drammatica quotidianità mette alla prova l’accoglienza dei riminesi non solo verso i turisti ma nei confronti di tutte le persone, anche immigrate. È ancora proverbiale l’accoglienza dei riminesi? A chiederselo in maniera esplicita, è stato il Vescovo di Rimini. Ha scelto la Messa dei Popoli, il momento pubblico privilegiato nel quale gli immigrati cattolici manifestano la propria fede ciascuno nella propria cultura, mons. Francesco Lambiasi per invitare a promuovere con fatti e con parole, una vera cultura dell’accoglienza a Rimini. Un’accoglienza che dice no al numero chiuso.
È giusto e molto bello celebrare la Messa dei popoli nel giorno in cui i Magi che non appartenevano al popolo eletto, venivano da lontano ma a differenza dei membri di Israele, hanno riconosciuto Dio in quel piccolo Bambino. Hanno trovato il Tesoro: – riflette mons. Lambiasi – in quel bambino hanno scoperto la stella della loro vita e hanno provato una grandissima gioia.

Ma questa Messa non sarebbe vera, rilancia il Vescovo di Rimini – se non dedicassimo almeno dei brevi pensieri ai nostri fratelli e sorelle immigrati. “Purtroppo, nei loro confronti, la tendenza diffusa nella società italiana ed europea non è per l’accoglienza, ma per la difesa e per il rifiuto”. Parlando ai vescovi italiani il Papa ha detto che “la scialuppa che si deve calare è l’abbraccio accogliente ai migranti: fuggono dall’intolleranza, dalla persecuzione, dalla mancanza di futuro. Nessuno volga lo sguardo altrove”. “Come non condividere questo forte richiamo?! – si chiede dunque mons. Lambiasi – Anche la nostra Chiesa riminese è chiamata a promuovere soprattutto con i fatti una cultura e un costume di accoglienza e condivisione, per dire no all’esclusione, ma anche no alla semplice assistenza”.
A volte si invoca il buon senso: non possiamo accogliere tutti, fissiamo dei tetti e chi risulta in soprannumero torni a casa. Il vescovo Francesco ribalta la prospettiva. “Noi cristiani invochiamo il vangelo: «Ero straniero e voi mi avete (o non) mi avete accolto»”. E rigetta la cultura dello scarto e del rifiuto, non solo perché non è cristiana ma semplicemente perché non è umana. “Qualche volta mi viene da pensare che i nostri padri nella fede forse non avevano questi problemi: beati loro! E invece sentite cosa scriveva sant’Ambrogio, qualche decennio dopo il nostro san Gaudenzo: «Quelli che escludono i forestieri dalla città non meritano certo approvazione. Noi non sopportiamo che i cani siano digiuni mentre noi mangiamo, e poi scacciamo gli uomini?»”.

Tommaso Cevoli