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A chi va il mio voto

Man mano che vengono pubblicate le liste dei candidati alle prossime elezioni amministrative a Rimini, è ogni giorno più evidente una significativa presenza di cattolici praticanti e appartenenti a diverse comunità parrocchiali e associazioni. Li troviamo, come già accade da molti anni, dalla ne della Democrazia Cristina (e anche prima), in tutti gli schieramenti, nei partiti come nelle liste civiche.

È naturale, e non scandalizza, il gioco di tirare un po’ per la giacchetta ognuno verso la propria parte, anche per amicizie e conoscenze personali, e così accade anche per il Ponte, le parrocchie e la Chiesa riminese tutta, che sollecita una presenza signi cativa di cattolici nella politica, ma nella libertà di scelte, tipiche del mondo laico.

L’augurio è che questa importante presenza di volti significativi sia uno dei primi frutti dell’invito esplicito di Papa Francesco fortemente espresso al capitolo 5 della Fratelli Tutti, interamente dedicato alla “Migliore politica”, capitoletto che tutti quelli che si sono resi disponibili ad essere eletti dovrebbero leggere se non addirittura mandare a memoria.

Mi basterà citare il paragrafo 180, per capire che, al di là dei diversi schieramenti, c’è una dimensione comune che sarà bene sempre ricercare: quella dell’amore politico: “Riconoscere ogni essere umano come un fratello o una sorella e ricercare un’amicizia sociale esige la decisione e la capacità di trovare i percorsi e caci che ne assicurino la reale possibilità. Qualunque impegno in tale direzione diventa un esercizio alto della carità. Infatti, un individuo può aiutare una persona bisognosa ma, quando si unisce ad altri per dare vita a processi sociali di fraternità e di giustizia per tutti, entra nel «campo della più vasta carità, della carità politica». Ancora una volta invito a rivalutare la politica, che «è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune»”.

La politica è stata spesso ridotta alla sua forma più abietta e associata a ben altro che a carità e amore. Eppure Papa Francesco ci sfida a rivendicare la nobiltà dell’atto politico: assumerci la responsabilità del benessere di tutti. Solo insieme guariremo questo mondo ferito, solo convertendoci ad una cultura della cura, della responsabilità, dell’ascolto, usciremo più forti da questa lunga crisi, diventata ormai segno di un più profondo disagio, a cui ci sta conducendo un individualismo esasperato.

Papa Francesco però ci invita a continuare a sperare, perché “la speranza è audace” e a lasciarci aprire al mondo che ci circonda, perché è nella ricchezza della diversità e nella moltitudine di voci e idee che costruiremo la pace. Per questo non abbiamo paura delle di erenze, se l’intento di tutti è la ricerca del bene comune.