È impossibile nella missione non avvertire lo “scandalo” della divisione tra le chiese. La Chiesa Ortodossa Albanese anche a Berat sta rinascendo, con la riapertura della cattedrale. La città è antica sede metropolitana e con l’attuale vescovo Ignati si sono riaperte molte chiese nei villaggi con le relative celebrazioni e feste e soprattutto si è ricostituito il clero con sacerdoti e diaconi. Dallo scorso novembre si sono fatti molti passi nuovi nel comune cammino. I missionari si sono incontrati spesso con i preti e i diaconi della città. Partecipando alle liturgia della chiesa ortodossa, abbiamo avuto la possibilità di condividere con loro la preghiera e anche la passione missionaria. Dietro ai missionari, anche i giovani si sono appassionati all’incontro e si stanno creando rapporti di amicizia con i giovani ortodossi della città.
A Natale il comune di Berat ci ha poi dato un’occasione preziosa: nel programma dei festeggiamenti in piazza, ci ha proposto di organizzare un concerto giovanile comune. Canti di diverse tradizioni, con un unico annuncio. Molti si sono sorpresi. Sia per il coro che per il presepe, che non fa parte della tradizione ortodossa, allestito in piazza, accanto al grande albero di natale. Per realizzare questo le due comunità cattolica e ortodossa si sono attivate insieme. E una mattina, in piazza, don Giuseppe e fr. Paolo insieme a papo Kristaq con sua moglie e il giovane diacono Joan hanno dato inizio al montaggio di capanna e statue.
Insieme ai religiosi un gruppo di giovani, delle due chiese, che si affaccendavano con cacciaviti e seghetti. Quando a fine mattina fr. Paolo e Joan sono rimasti soli, a lavoro terminato, si sono raccontati con stupore come la strana compagnia di improvvisati allestitori non è passata affatto inosservata. Avvicinando i due, molti passanti hanno espresso la sorpresa: “ma chi lo fa questo presepe? I cattolici o gli ortodossi? Perché ora fate il presepe insieme?”. E ancora “Mi hanno sempre detto che il cristianesimo non è una vera fede, perché è diviso! Ma qui non si capisce niente!”. E di nuovo “la mia famiglia è stata sempre ortodossa. Sono contento che la città veda finalmente che i cristiani sono uno! Continuate così!”. Ogni domanda era occasione di un annuncio del mistero dell’Incarnazione, che ci unisce. Per Pasqua, di nuovo, abbiamo sperimentato la consolazione della comunione.
I diversi calendari non ci hanno permesso di celebrare negli stessi giorni, ma in questo modo possiamo partecipare reciprocamente alla celebrazioni gli uni degli altri. Il primo passo, per ragioni liturgiche, tocca ai bizantini, cadendo la loro Pasqua otto giorni più tardi. Così il mattino della risurrezione abbiamo avuto la sorpresa di avere non un rappresentante, ma tutti i tre sacerdoti ortodossi in visita alla comunità. Insieme a loro: la moglie di Joan (il diacono era impegnato con il Vescovo), un anziano della chiesa e a diversi giovani. Dopo la liturgia i missionari hanno improvvisato per gli ospiti graditissimi un’accoglienza all’albanese. Fra gli auguri e i saluti, ci hanno colpito le parole dell’anziano ortodosso che accompagnava i sacerdoti “prendo anche io la parola – ha detto – per esprimere la meraviglia. Abbiamo visto in questa chiesa persone di ogni età. Erano in tanti e cantavano alla Risurrezione di Cristo con vera fede. Sappiamo che tutti provengono da altre tradizioni religiose, non cristiane. Quello che abbiamo visto ci è di consolazione mentre con tanta fatica cerchiamo di riedificare la nostra Chiesa, tanto devastata dagli anni di regime ateo. Quello che voi fate è opera di Dio e auguro che sia un esempio di zelo per i nostri giovani, perché la nostra bella fede cristiana si diffonda nella nostra città”.
Non c’è più divisione quando si annuncia “la nostra bella fede”. Così anche noi ci siamo recati alla Pasqua Ortodossa, una settimana più tardi: prima di tutto alla solenne processione dell’Epitaffio, il Venerdì Santo, e poi alla veglia Pasquale. Sentivamo che la nostra Pasqua non era ancora piena, finche anche loro non hanno celebrato. E la gioia si è moltiplicata, ed è stata davvero di tutto il popolo: il Metropolita annunciava in albanese e in greco, senza sosta, “il Signore è risorto!”. Tutti i cristiani della città, ortodossi e cattolici, riuniti in piazza da quella notte santa, gridavano ad una voce “È veramente risorto!”.
Nella foto l’ Eucarestia di Pentecoste, nel cortile del Centro di Uznova