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Tasse giuste, tasse inique…

L’etica come matrice imprescindibile da economia e politica. Questo il principio dominante emerso dalla tavola rotonda “Tasse giuste, tasse inique” organizzata da API Rimini (Associazione Piccole e medie Imprese) e da Guaraldi editore.
L’incontro ha preso spunto da due nuovi testi editi proprio da Guaraldi: L’obiezione fiscale, nel diritto positivo e nel diritto naturale di Giammxaria L. Ricciotti e L’evasione fiscale. Reato Penale, Peccato contro la Giustizia, Male necessario per sostenere l’Impresa? di Marco Cicchetti, Luigi Lorenzetti e Stefano Zamagni.
Quest’occasione non è una mera presentazione di libri (detesto le presentazioni di libri, sono espressione narcisistica degli scrittori!), ma un innesco”. Così ha esordito Mario Guaraldi nell’introdurre la discussione: “Il compito della cultura è quello di rifuggire da un uso strumentale. La cultura deve essere l’espressione e lo spunto dell’opinione pubblica” aggiunge.
Dopo l’esordio dell’editore, è stata la volta del presidente di API Rimini Massimo Colombo che ha espresso il sentire della categoria: “Non è la percentuale dell’aliquota che ci spaventa, ma l’indeterminatezza, la mancanza di certezze sulla tassazione e il peso burocratico sempre più pesante”.
Compito del Prof. Attilio Gardini, docente di Statistica ed Econometria all’Università di Bologna, è stato invece quello di spiegare la differenza tra obiezione fiscale ed evasione fiscale. “C’è un’accezione diversa nelle due espressioni” ha commentato Gardini. “L’obiezione può diventare uno strumento per il cittadino per difendersi da uno Stato iniquo, mentre l’evasione è semplicemente un furto ai danni della comunità”.
Il docente ha dato anche una sua lettura della situazione attuale: “Il problema scatenante in Italia è dato dalla cosiddetta «elefantiasi istituzionale». Oltre 9mila enti e centinaia di migliaia di dipendenti fanno del sistema Italia un paese a grande rischio di iniquità: la lotta all’evasione è possibile solo se accompagnata da un’appurata revisione dei costi e della politica”.
Ma perché in Italia si evade di più? Questo il quesito posto da Giorgio Tonelli, moderatore dell’incontro, all’economista riminese Stefano Zamagni. “Esistono al giorno d’oggi due filoni interpretativi del fenomeno – spiega Zamagni –: il primo è quello che va per la maggiore in Europa, quello che vede gli Italiani come un popolo di «pervertiti» per così dire, figli di un Paese dell’arrangiarsi e del truffare. È triste, ma purtroppo è anche molto difficile cambiare questa opinione solo a parole, o peggio portando avanti scuse. È scusando questi atteggiamenti che li si ammette”.
Zamagni va alla radice del problema: “La verità è che in Italia storicamente ha prevalso il capitale sociale di tipo bonding, quello cioè a breve raggio, basato su famiglia e reti di fiducia annesse. Questo a scapito del capitale sociale bridging, tipico delle comunità ampie”. Il ruolo della cultura come fondamento dell’economia e della politica, dunque. “L’Italia – prosegue il professore – è stata rovinata da Beccaria e dall’utilitarismo, dalla visione antropologica dell’uomo come cattivo a priori. A fare le spese di questa fama e del potere egemone che ebbero la città di Milano e i suoi esponenti economici e culturali, è stato il Paese intero”.
L’argomento sta molto a cuore a Zamagni che spiega: “L’Italia ha dimenticato uno dei suoi maggiori «profeti» in patria, Giacinto Dragonetti, che nel 1776 scrisse Delle virtù e dei premi, opera tradotta in sette lingue tra le quali il russo. Dragonetti teorizzava un paradigma totalmente opposto a quello in vigore: oggi è il cittadino a dover dimostrare allo Stato di non essere in torto, esiste quindi una presunzione di colpa insita nel sistema. Dragonetti invece basava il suo sistema ideale sulla virtù e sul premio e i suoi assunti sono presenti ora in molti paesi, fuorché nel suo, l’Italia”.
In chiusura, dalla platea si sono aggiunti numerosi interventi tra i quali la testimonianza di un rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII che ha portato la sua esperienza personale di obiettore fiscale: sulla base di alcuni calcoli ha desunto la quota di tasse che finanziano spese militari e spese mediche per l’aborto e non le paga, devolvendo la somma in beneficienza. Come lui anche altri. Un gesto coerente ma coraggioso dato che l’Italia non ammette questo tipo di diritto ed Equitalia ben lo sa.

Melania Rinaldini