Approvato il nuovo Piano dellʼarenile. Ma il lido “fai da teˮ è aumentato solo di 400 metri!
Gli ultimi numeri disponibili per la Riviera di Rimini, del periodo gennaioagosto 2025, segnalano una leggera crescita degli arrivi (+ 0,9%), accompagnati però da un calo dei pernottamenti (-1,3%).
Le cause sono diverse e non tutte recenti: taglio del potere d’acquisto della classe media perché i salari, già bassi, non reggono il passo con l’inflazione, aumento dei prezzi di hotel e servizi turistici più del doppio della media di quelli al consumo (Istat), cambio di abitudini e forse anche una diversa domanda di servizi. Tra questi, per la componente balneare, rientrano sicuramente i servizi di spiaggia. Il comune di Rimini, che da solo fa quasi la metà dei pernottamenti provinciali, ha approvato, inizio agosto, il nuovo Piano dell’arenile, divenuto operativo a metà settembre con la pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Emilia-Romagna. Una ridefinizione necessaria, ma forse troppo conservativa. La rivendicazione dell’invarianza delle concessioni (324 tra stabilimenti, bar e altro), lascia già intuire che non cambierà molto. La conferma è nell’aumento veramente minimo delle spiagge libere. Perché l’enfasi nell’incremento percentuale (+37%) tradotto in metri lineari alla fine si riduce ad appena 400 metri in più (da 1,1 a 1,5 km lineare), che corrisponde ad un magro 10 per cento dell’intero litorale. In una regione, l’Emilia-Romagna, dove le concessioni occupano il 70 per cento del litorale. La regione Puglia ne prevede il 40 per cento, il comune di Lecce l’80 per cento circa e il Rapporto spiagge 2024 di Legambiente suggerisce almeno il 50 per cento.
Cosa questo voglia dire è presto illustrato.
All’ingresso dei bagni, zona porto di Rimini, si possono leggere cartelli, per metà scritti in cirillico, non proprio aggiornati data la scomparsa datata del turista russo, dove sono indicate due sole spiagge libere: la prima al bagno n° 1 e la successiva al n° 98 (attualmente tra il bagno 94 e 95 ed altre piccole a seguire), con una distanza l’una dall’altra di circa sei chilometri.
Mettetevi nei panni di un disabile, ma anche di un turista normodotato, magari una famiglia con bimbi, sotto il sole cocente delle ultime estati. Ve la sentireste di percorrere tanti chilometri per l’agognata spiaggia libera? Probabilmente no.
Quindi non vi resta che pagare, se volete accedere alla spiaggia. Certo,
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adesso ce n ne sarà qualche pezzetto in più, ma sempre una miseria. Veramente non si comprende la necessità di mantenere l’attuale occupazione della spiaggia quando, anche in pieno agosto, metà degli ombrelloni sono restati vuoti.
Servono più spiagge libere
Il ragionamento è riassunto molto bene da Guerrino, veterano bagnino della Fontanelle di Riccione, cui il quotidiano “La Repubblica” ha dedicato, questa estate, un articolo, che offre l’ombrellone gratis e lettino a 4 euro perché: “Se aumento i prezzi non vengono più o vanno alla spiaggia libera”.
In Spagna e Grecia, destinazioni concorrenti, perché non dobbiamo dimenticare che non siamo soli nel Mediterraneo, le spiagge, tutte dotate di servizi essenziali, sono prevalentemente libere e solo in minima parte date in gestione. Questo consente al bagnante di portarsi il proprio ombrellone o se vuole di affittarlo dai pochi concessionari autorizzati presenti in spiaggia. Non finisce qui. Questa estate sono circolati video di polacchi (quarto gruppo straniero a visitare la Riviera) nelle loro spiagge baltiche, non troppo dissimili dalle nostre, tutte completamente libere. Siccome l’aumento delle temperature sta già rendendo tante spiagge nordiche, un tempo fredde, balneabili, la concorrenza, anche per via dei cambiamenti climatici, non farà che crescere e non tenerne conto è poco lungimirante. Solo una questione di costi?
Per certe cifre probabile, ma è anche una questione di libertà di scelta. Di poter, visto che l’arenile è un bene pubblico, cioè appartiene a tutti, usufruire della spiaggia dove e come si vuole. Questa estate, in pieno agosto, nel litorale veneto, 144 chilometri di costa di cui due terzi dati in concessione, mentre gli ombrelloni e i lettini degli stabilimenti restavano accatastati, le spiagge libere erano state letteralmente prese d’assalto dai turisti. L’irrigimentazione, la sostanziale uniformità, anche estetica, e l’obbligo di acquistare taluni servizi sottrae al bagnante qualsiasi libertà di scegliere. Un Piano che non modifica ma lascia sostanzialmente immutata l’organizzazione della spiaggia indebolisce, di fatto, la capacità competitiva del prodotto balneare a tutto vantaggio dei concorrenti. Con danno non per una categoria, ma per tutto il turismo.
Cosa bisognerebbe fare?
Ribaltare la logica di mantenimento dello status quo che fa da sfondo al Piano proposto. Si può cambiare trovando un giusto equilibrio tra gli interessi in campo alternando, ogni paio di chilometri, un gruppo di concessioni con spiagge libere, che dovrebbero arrivare ad occupare non meno di un terzo (cioè almeno 5 chilometri), meglio se di più, del litorale disponibile. Infine c’è un ulteriore fattore che non è stato considerato. Stando agli scenari dell’Ipcc (Panel intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) tutte le aree costiere italiane saranno interessate, nel periodo 2021-2050, ad un aumento medio di temperatura compreso tra 1,9 e 2,3 °C. Questo vuol dire che le aree balneari dovranno prevedere aree di mitigazione e raffrescamento del tessuto urbano e costiero, piantando alberi e prevedendo spazi verdi, perché stare sotto un ombrellone con certe temperature sarà una sfida sempre più impegnativa, soprattutto per la popolazione più fragile, come anziani e bimbi/e (nel 2024, secondo Institute for Global Health, tra giugno e settembre, i morti per il caldo sono stati 62.775 in tutta Europa e 19.038 solo in Italia). Il Parco del Mare di Rimini meritoriamente ha piantato alberi, dove c’era solo asfalto, ma non basta. In conclusione, spiagge libere e conseguenze del cambiamento climatico in atto, sono due aspetti che non possono essere trascurati. Non affrontarli in una prospettiva di futuro vuol dire rassegnarsi a perdere competitività. Dopo è inutile lamentarsi se il turista balneare sceglie altre mete.

